di ANTONIO GOZZI
In questo 2025 che volge al termine, la città di Genova ha celebrato il ‘suo’ diciannovesimo secolo, l’Ottocento, con una serie rilevante di manifestazioni. A ben maggior ragione possiamo celebrare lo stesso secolo noi chiavaresi, per i quali questo periodo storico ha rivestito grande importanza ed ha contribuito massimamente a fare della nostra città ciò che essa è oggi. L’Ottocento è a buon diritto il nostro ‘secolo d’oro’.
La storia è strana e piena di contraddizioni. L’onda di modernità e progresso portata dai francesi nei nostri territori nasce nel 1797 con una specie di annessione della Repubblica di Genova nell’orbita francese e con l’istituzione della Repubblica ligure, una delle cosiddette ‘repubbliche sorelle’ o ‘repubbliche giacobine’. Un atto di espansionismo e di imperialismo, si direbbe oggi. Il referendum del 1805 che sancì anche formalmente il predominio francese non fu certamente uno dei più democratici, visto che con la regola elettorale si stabilì di considerare come voti favorevoli quelli degli assenti o degli astenuti.
Eppure da quell’atto di imperio, da quelle mire espansioniste di Bonaparte, si avviò per Chiavari e per il Tigullio un periodo di enormi progressi.
Il 2 giugno del 1805 Napoleone firmò il decreto che conferiva a Chiavari la nomina a capoluogo del “Département des Apennins”. Il dipartimento fu costituito dalle due giurisdizioni liguri dell’Entella e del golfo di Venere, alle quali fu unito il circondario di Bardi distaccato dal granducato di Parma e Piacenza.
La decisione, che fu presa direttamente da Napoleone, fu dallo stesso motivata col fatto che Chiavari era la città più comoda, la più conveniente e la più amica dei francesi fra tutte le città della riviera. E chissà che nel formarsi di quella opinione e in quella decisione non abbia pesato anche l’influenza del marchese Stefano Rivarola, padre fondatore della Società Economica, che nel periodo napoleonico fu anche ambasciatore a Parigi e che aveva manifestato negli anni precedenti all’influenza francese affinità culturali con i movimenti d’oltralpe.
Il rango di capoluogo comportò l’arrivo di molte famiglie di funzionari francesi e dei loro stipendi; ciò creò un grande movimento economico rappresentato dai consumi di questa nuova borghesia amministrativa, che iniziò a risanare vecchie abitazioni, a costruirne di nuove, a cambiare il modo di vestire introducendo la moda francese, a incrementare letture e spettacoli, a propagare la cultura della modernità e dell’illuminismo, a togliere dall’isolamento la comunità chiavarese e del Tigullio.
Alcuni fatti emblematici: proprio in quegli anni nacque la tipografia di San Giovanni che visse per quasi duecento anni e che molti di noi ancora ricordano (Umberto V. Cavassa la celebra come luogo di incontro dei risorgimentali ne “I giorni di Casimiro”); nel 1805 si insediò in via Ravaschieri il primo ufficio postale; nel 1809 si contano in città ben 23 botteghe di parrucchieri per signora e 14 barbieri, nel 1811 nasce il primo giornale chiavarese, ‘Il Giornale degli Appennini’.
Ma le cose più importanti che i francesi fecero sono rappresentate dalle opere pubbliche, dalla costruzione degli uffici amministrativi e giudiziari, dall’aver rotto i vincoli delle corporazioni di tutti i tipi che ingessavano la Repubblica di Genova impedendone la crescita economica, e che avevano per tanto tempo compresso anche l’economia del Tigullio sotto il tallone delle corporazioni della Superba.
Il Palazzo del Municipio, il Tribunale alla Cittadella, la concezione urbanistica moderna della città con larghi viali, l’apertura al mercato nazionale e internazionale per i tessuti delle migliaia di telai del Tigullio fino ad allora impossibilitati a essere autonomi e obbligati a vendere tutto il prodotto alla corporazione genovese, sono tutte conquiste di quel periodo anche se realizzate nel corso dei decenni successivi, e rappresentano un formidabile salto verso la modernità.
La Società Economica avvia in quegli anni la sua intensa e benemerita attività di lancio di iniziative formative e scolastiche: la Biblioteca, l’Asilo d’Infanzia, poi nel 1820 presso la propria sede lancia due scuole, una di disegno e una di ornato; più tardi proseguendo la sua attività in campo formativo apre una scuola di geometria e chimica applicata alle arti. Anche il primo stabilimento di educazione femminile in Chiavari si deve alla Società Economica che avviò l’Ospizio di Carità e Lavoro, il quale arrivò ad ospitare tra le 60 e le 70 orfanelle, e a provvedere alla loro educazione elementare e alla formazione professionale in attività domestiche.
Fondamentalmente il territorio del Chiavarese si affrancava in quegli anni dalla tutela rapace e grifagna della Superba, e sotto il dominio certamente autoritario ma non ingeneroso dell’impero francese si formava una classe dirigente capace di prendersi la responsabilità della cura e dello sviluppo della popolazione.
Scrive Carlo Garibaldi, storico locale, in una prolusione sulla provincia di Chiavari pubblicata in occasione del Congresso Agrario del 1853: “….aggregati all’Impero Francese sotto il nome di Dipartimento degli Appennini, quel governo conoscendone i bisogni non solo rifondea quanto ritraeva dalle pubbliche gravezze ( tasse n.d.r. ), ma anzi vi versava altro denaro per i grandiosi lavori intrapresi di ponti, strade, fortificazioni, palazzi…”.
Anche il famoso “seggiun” della piana dell’Entella è una delle grandi opere pubbliche di quel periodo, un’opera di difesa idreogeologica imponente per l’epoca e volta alla difesa dalle inondazioni della piana e della città di Lavagna.
L’età aurea purtroppo dura poco. Al cadere di Napoleone nel 1814 anche per Chiavari e il Tigullio si profila una dura restaurazione. Scrive ancora Garibaldi: “… uniti al Piemonte, improvvisi rovesci commerciali, e diverso sistema di governo mutarono la sorte nostra. Cessata intieramente l’azione governativa in tutte le opere di pubblica utilità, il denaro nostro serviva a impinguare le casse dello stato, il commercio non protetto, i miglioramenti o vietati o impediti assolutamente, o resi nulli da un cieco sistema di diffidenza..”; e ancora: “…ma il danno maggiore fu l’avere abbandonato questi paesi alle individuali lor forze senza mai riversarvi la benché minima somma di quanto entrava nel pubblico Tesoro. Sebbene la provincia di Chiavari abbia sempre contribuito annualmente per meglio che un milione alle entrate dello Stato non vide mai farsi spese dello stesso o opera alcuna; e se esistono strade queste fur fatte a spese totali della Provincia e dei Comuni… Per cui se non fosse stata la naturale attività degli abitanti, e quell’irresistibile movimento che spinge l’umanità sulla via del progresso, saremmo caduti nella più deprecabile condizione”.
Genova matrigna di nuovo drenava la maggior parte delle risorse destinate dai Savoia alla Liguria, e sulle ali della regione non arrivava niente.
Ma il seme dell’emancipazione, della considerazione di sé, della formazione, del gusto per la cultura, del progresso era ormai lanciato, ed il resto del secolo vide i chiavaresi protagonisti della loro storia culturale, politica, amministrativa. Lo possiamo riscontrare ovunque, nella piacevole ed esaustiva raccolta di articoli di ‘Getto’ Viarengo, già usciti nei mesi scorsi su ‘Piazza Levante’ e presentata venerdì presso la Sala Ghio Schiffini della Società Economica; lo possiamo riscontrare nei più svariati ambiti, dai dibattiti urbanistici sul destino della città all’attività di scienziati illustri, ad un ambiente politico vivace ed animato che può essere ritrovato nelle pagine de ‘I giorni di Casimiro’ come nelle discussioni sui monumenti agli eroi del Risorgimento, che tanti legami anche familiari ebbero con la città . E poi ancora la vitalità dell’associazionismo, il fiorire di testate giornalistiche, i lunghissimi anni di tentativi, infine coronati da successo, per avere la sede diocesana.
In questi giorni anche la Società Economica presenta una sua rassegna dedicata proprio al Secolo d’oro dei chiavaresi. E ne ha ben donde, dal momento che l’ombra del sodalizio di questi ottimati illuminati compare in filigrana in tutte le vicende principali di questa epoca di crescita, di sviluppo e di orgoglio cittadino.
È opportuno che i chiavaresi abbiano sempre presente la loro storia e ciò che i loro avi hanno saputo fare per la città, e che non dimentichino le loro responsabilità per gli anni a venire. Libri come questo di Getto Viarengo, rassegne come quella promossa in questi mesi dalla Società Economica possono essere d’aiuto.
Venerdì 21 novembre 2025, ore 18,30, Sala Ghio Schiffini
Presentazione del libro ‘Chiavari nell’Ottocento’ di Giorgio ‘Getto’ Viarengo (Internòs edizioni, 2025). Una conversazione con Antonio Gozzi.
Sabato 22 novembre 2025, ore 17,30, Sala Ghio Schiffini
Apertura ufficiale della rassegna “Chiavari e l’Ottocento” (fino a maggio 2026). Una serie di incontri, conferenze, chiacchierate, mostre, visite guidate alla scoperta del Secolo d’oro della città a cura della Società Economica di Chiavari.