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Giovedì 23 ottobre 2025 - Numero 397

‘La casa di Lice’: così la cucina di casa di Cristian ed Eleonora arriva… nelle case di tutti, grazie al passaparola

Aperto solo due giorni a settimana, senza insegna, senza fronzoli, solo un foglio al fine di informare i clienti su cosa potranno trovare nei banconi del negozio il mattino successivo
Cristian ed Eleonora protagonisti dell'avventura di 'La casa di Lice'
Cristian ed Eleonora protagonisti dell'avventura di 'La casa di Lice'
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di DANILO SANGUINETI

In una città che ha spostato in un angolo della memoria collettiva il suo passato fatto anche di orti e giardini c’è una porzione di nostalgia cosparsa di pietanze fatte come una volta, con i prodotti di una volta, soprattutto con la sapienza e l’amore di una volta. Piccolo spazio gustosità: al posto delle bollicine, foglioline di vegetali edibili, base per creazioni culinarie che non temono confronti. Rivendita a chilometro zero di un’azienda creata e portata avanti da due Under 40 (i titolari hanno appena varcato la soglia dei 35) che hanno dato una rinfrescata a un localino in cima a via Fiume (numero civico 24), ad un passo dal casello autostradale, una contrapposizione icastica di come sia cambiata Chiavari in “solo” mezzo secolo. Forse il genio, marinaro, e ortolano, del posto resiste anche grazie a quelle aziende a conduzione familiare che “La casa di Lice”rappresenta, meglio incarna. 

Aperto solo due giorni a settimana, senza insegna, senza fronzoli, solo un foglio al fine di informare i clienti su cosa potranno trovare nei banconi del negozio il mattino successivo. Una strategia di marketing estremamente parca quanto sorprendentemente efficace. Un menù creato da una stampante non certo di ultimo modello, diffuso materialmente e immaterialmente, appeso alla serranda e allo stesso tempo reso noto anche su un oggi molto partecipato gruppo WhatsApp dove si possono fare comande, avere informazioni sulle prossime preparazioni e tanto altro. Uno stile minimalista che susciterebbe l’orrore di qualsiasi advertising manager che si rispetti, eppure uno stile che funziona. 

Cristian Sisimbrio ed Eleonora Gnecco hanno aperto “Casa di Lice” nel luglio 2024. Hanno appena scapicollato il termine del primo anno e possono definirsi “più che soddisfatti”. Senza tema di smentita perché basta varcare ogni martedì o venerdì dalle 8,30 alle 11,30 la soglia della loro “area commerciale” per dover destreggiarsi in un flusso quasi ininterrotto di clienti. Pochi i curiosi che entrano e non acquistano, parecchi i fidelizzati che raccolgono quanto prenotano e scappano, parecchi quelli che razziano tutto quanto resta sui banconi. Cristian ed Eleonora sono degli avanguardisti. Nel senso originale, positivo, del termine. “Perché “La Casa di Lice” è la prima IAD aperta a Chiavari”. No, non è una cellula di qualche agenzia di servizi informativi. IAD sta per “Impresa Alimentare Domestica: un’attività di produzione e vendita di alimenti svolta all’interno di un’abitazione privata, senza necessità di cambiare la destinazione d’uso dell’immobile. La merce prodotta non può essere consumata in loco, ma deve essere venduta esclusivamente fuori dall’abitazione, come avviene per dolci, conserve, prodotti di catering e bevande analcoliche.

Una corsia preferenziale, una via intelligente per consentire, ai produttori agricoli di vendere quanto producono senza passare da intermediari o affidarsi a grandi catene di distribuzione. Niente taglieggiamenti per chi sforna materiale edibile a chilometro zero e lo commercializza per proprio conto. E poi c’è il plus di poter anche creare piatti e ricette, spesso andando a vivificare la tradizione gastronomica totale. 

Le IAD sono soggette al Regolamento europeo n. 852/2004 sull’igiene dei prodotti alimentari, in particolare all’allegato II che disciplina l’uso di ambienti domestici per la preparazione di cibi destinati alla vendita. Tanto che è richiesta una formazione alimentare e HACCP per chi manipola i cibi e per i responsabili interni. Poi serve poco altro: si apre una partita Iva, iscrizione alla gestione commercianti INPS, registrazione presso il SUAP del Comune e comunicazione all’ASL territoriale. I costi di avvio sono generalmente inferiori a quelli di un negozio tradizionale. Le modalità di commercializzazione includono: vendita diretta dalla casa al consumatore, E-commerce o piattaforme specializzate, mercati locali, fiere e negozi di gastronomia con offerta di prodotti dolciari e conserve. Abbastanza facile sulla carta, meno semplice da attuarsi se non hai dalla tua un cuoco con esperienza e una addetta al bancone che sorride lavorando e che ingentilisce il tutto con la sua sola presenza. 

Eleonora Gnecco è anche altro: ha creato lei il marchio della ditta che campeggia dietro il bancone, una ceramica non banale, dallo stile semplice e allo stesso tempo che rimane impresso. “Il nome lo abbiamo preso da mia nonna. Mia mamma, Maria qui tempo fa fa vendeva i prodotti del nostro orto a San Terenziano, piccolissima frazione sospesa tra Leivi e Chiavari. Credeva nella qualità di quanto offrono i nostri terreni, in questo seguendo l’insegnamento dei genitori, Pino e Lice, appunto. Io e Cristian abbiamo deciso di continuare la tradizione della mia famiglia aggiornandola”. 

L’incontro con il cuoco Cristian causa la scintilla che da il fuoco alle polveri. “A San Terenziano accanto alla casa di famiglia abbiamo tirato su un laboratorio indipendente”. Aggiunge Cristian: “L’ho ristrutturato come fosse una cucina da ristorante. Io nei ristoranti ho passato gran parte della mia gioventù. Mi sono diplomato alla scuola alberghiera nel 2007, ho fatto anche un triennio di specializzazione e poi ho lavorato in parecchi locali. Avevo voglia di mettermi in proprio. Abbiamo deciso di tentare questa strada. Nel luglio 2024 abbiamo aperto ed è andata subito bene. Ci sono volute più o meno due settimane per farci conoscere. Non avendo in pratica fatto campagna pubblicitaria. Abbiamo puntato solo sulla qualità dell’offerta e su…noi stessi. Un mese dopo avevamo già un plotone di “fidelizzati” che ci seguivano su WhatsApp, che ordinavano e che mi consentivano di calendarizzare le proposte”. Fattore indispensabile perché Cristian è un “One chef band”. Il metodo di lavoro è di quelli indigesti, soprattutto pensando ad alcune generazioni di sdraiati”. “Lunedì dalle 5 di mattina alle 11 di sera cucino nel mio laboratorio quanto ho scritto nel menu pubblicato nei giorni precedenti. Decido in base alla stagione, a quanto ho raccolto e quanto è fattibile. E un po’ seguo il mio estro. Martedì alle 3 mi alzo, rifinisco i piatti, li porto al negozio. Alle 8,30 si parte”.

Il tutto complicato dalla sua scrupolosa attenzione anche ai minimi particolari. “Sto attento alla qualità e non scendo a patti. Per esempio questa estate non sta dandomi il clima necessario per le piantine di basilico come le intendo io. E quindi lesino sul pesto fino a quando non ci saranno le condizioni per produrlo con tutti i crismi della tradizione. In alcune, per fortuna poche, occasioni, ho dovuto gettare via degli interi stock di alimenti perché non ero riuscito a cucinarli nei modi e nei tempi previsti. Questa può sembrare pignoleria, per me è deontologia professionale”. 

Sarà per questo che in queste settimane non fa tempo a pubblicare un suo menu (a proposito se siete interessati iscrivetevi al gruppo che ha il cellulare 349 8062636 come riferimento) che viene subissato di ordinazioni. “In teoria al martedì e al venerdì pomeriggio dovremmo aprire di nuovo per smerciare il rimanente. Beh in tredici mesi lo abbiamo fatto solo due volte”.

“La Casa di Lice” non chiude mai, da gennaio a dicembre. “Non abbiamo notato grandi differenze nell’alternarsi delle stagioni. Sì è vero che in estate si aggiunge qualche turista ma il grosso della clientela è di gente del posto. Il passaparola ha funzionato alla grande: nel quartiere più che clienti abbiamo degli amici che vengono a trovarci con regolarità. Da qualche tempo arrivano anche da fuori zona, evidentemente abbiamo avuto tante “recensioni” positive. Cosa facciamo? Di tutto, primi, secondi e contorni, non dimentichiamo il pesce. Mi ritengo un cuoco con una certa esperienza in grado di fare molte cose. Ma non sono ancora uno chef. Credo ci vogliano almeno trent’anni di esperienza. E diventi chef quando non sbagli più, quando ti accorgi che sai. Quando lo diventerò, lo saprò”. Se Cristian è la parte speculativa e concettuale, Eleonora è il lato pragmatico. Poche parole, tanta luce sul suo volto. “Facciamo il possibile per essere disponibili, credo molto nel rapporto diretto. Siamo in due in uno spazio limitato, ci deve essere intesa ma devi sempre accogliere il cliente con un sorriso”. 

Una coppia troppo giusta, che sprigiona cordialità e che risulta così accogliente da lasciare a bocca aperta i turisti e pure “i locali”, rovinati dalla martellante diceria messa in giro dai cabarettisti nostrani. A “La Casa di Lice” la torta di riso non solo non è finita, è pure squisita!

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