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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

La Cesteria Rivara: le bellissime creazioni di Marika e Mirko che continuano ad affascinare

Un mix tra vendita al dettaglio di una produzione estera e lo smercio di creazioni proprie. Si nota l’integrazione tra artigianato e design
La Cesteria Rivara si trova a Chiavari di fronte allo stadio dell'Entella
La Cesteria Rivara si trova a Chiavari di fronte allo stadio dell'Entella
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di DANILO SANGUINETI

“Calati juncu ca passa la china”. Per i non siciliani significa “Piegati giunco, finché non passa la piena”. Estratto di sapienza popolare sempre valido, sottolinea che chi è flessibile ma ben attaccato alle proprie radici, tipo la pianta palustre in questione, possiede la resilienza necessaria per reggere alle peggiori intemperie. Cosa che per esempio le “creature” di alto fusto spesso non possono fare.

Un’arte antica insegna a raccogliere, lavorare, utilizzare questa naturale, abbondante e rinnovabile, materia prima per costruire suppellettili, tra essi anche mobili importanti, leggerissime e allo stesso tempo solide abbastanza da poter essere utilizzate nelle case di ognuno, come nei giardini, per non parlare dell’arredamento per natanti di vario genere. 

Se ne dubitate potete chiedere a Marika Rivara, titolare assieme al fratello Mirko del negozio “Cesteria Rivara” che troverete in via Aldo Gastaldi 3 a Chiavari. Davanti allo stadio di calcio dell’Entella per capirci. “Non siamo sempre stati qui ma abbiamo sempre fatto questo – puntualizza Marika. Dalla fondazione, anno 1957. Siamo “venuti su” da Parma ed abbiamo aperto poco lontano da dove ci troviamo, in corso Dante, angolo con via San Francesco. Undici anni fa ci siamo trasferiti qui. Una questione di budget: forse un posto un po’ più appartato, con meno “passaggio” rispetto a prima, però con la esiziale differenza che qui siamo nel nostro, non paghiamo affitti proibitivi”. 

L’offerta della Cesteria Rivara è un mix tra vendita al dettaglio di una produzione estera e lo smercio di creazioni proprie. Si nota l’integrazione tra artigianato e design, la valorizzazione del sapere manuale che espande l’impatto estetico, funzionale e sociale delle proposte commerciali. Oggi l’artigianato integrato al design spazia dalle lampade smart in vimini intrecciato ai mobili hi‐tech in legno riciclato, dalle borse modulari in rafia a sedute stampate in 3D e rifinite a mano. 

“Noi proponiamo oggetti di importazione proveniente sia dall’Oriente – Filippine, Indonesia, Cina -dove c’è abbondanza di materie prime per il settore. E poi qualcosa dall’Europa, Romania e Lituania. In Romania per esempio c’è il pregiato vimini rosso. Accanto ad essi vendiamo quanto fa mio fratello Mirko nel laboratorio che è qui, accanto ai locali di vendita e all’area espositiva”. 

Mirko è specializzato in lavori con il midollino. Urge una spiegazione per chi non è addentro ai segreti dell’arte dell’intreccio: per realizzare cesti e poltrone si utilizzano diversi materiali naturali, scelti per la loro flessibilità, resistenza e bellezza artigianale. Abbiamo il vimini, ottenuto dai rami giovani del Salix viminalis (salice da vimini), è uno dei materiali più tradizionali per cesti e arredi intrecciati. È leggero, resistente e facile da lavorare. Segue il rattan, una fibra naturale ricavata da una palma tropicale, simile al vimini ma più flessibile. È molto usato per poltrone e mobili da giardino. Da esso si ricava il midollino, la parte interna della fibra, più sottile e liscia, ideale per intrecci più fitti e raffinati.

Seguono nomi che spesso sentiamo senza ben capire di che cosa si tratti. La canna, usata soprattutto per cesti rustici, è resistente e abbondante in molte zone d’Italia; la paglia di Vienna, ottenuta dalla canna d’India, è usata per sedute e schienali di sedie e poltrone, famosa per il suo intreccio a nido d’ape. E infine il notissimo bambù: impiegato per strutture leggere e resistenti, spesso combinato con altri materiali intrecciati. Meno comuni, ma presenti in certe creazioni il corniolo e l’olivo, che hanno una robustezza e una bellezza senza pari.

Marika spiega, Mirko parla con le sue creazioni. E cosa si inventa? “Una volta andava moltissimo il mobile, soprattutto qui, terra di seconde case, di abitazioni per le vacanze dove i mobili dovevano avere stile ma anche usabilità e portabilità. Oggi prevale il minuto, il particolare e si va sul cesto o sulle suppellettili “a mano”. Anche se alcuni classici non conoscono tramonto. “Le sedie, i cestelli per le bici. Certo bisogna fare attenzione, alcuni dei nostri oggetti possono essere lasciati all’aria aperta, altri vanno protetti e tenuti al coperto. In questa epoca del “cotto e mangiato” paiono oggetti poco pratici. Un peccato e uno spreco: pensate un mobile con questi materiali, oltre a essere leggero e resistente al tempo stesso, si smaltisce con estrema facilita, non va portato in discarica o fatte raccolte particolari, stiamo parlando di legni che quindi si possono bruciare senza problemi”. 

Sarebbe discorso lungo, meglio restare all’ombra dei fiori sistemati graziosamente nei vasi intrecciati. Oppure riassumere il discorso con poche frasi, quelle che sono poste all’ingresso del laboratorio di Mirko: “Chi lavora con le mani è un operaio. chi lavora con le mani e la testa è un artigiano, chi lavora con le mani la testa e il cuore è un’artista”. 

La sorella chiude con una nota di speranza. “I nostri lavori incontrano un certo favore nel settore dell’arredamento da barca. Su certi scafi, sopra l’acqua, nel vortice del salino, l’arredamento in vimini e simili ha ancora il suo perché. E sono molto contenta della risposta che abbiamo nelle fiere e nelle expo, in zona soprattutto, alle quali, praticamente con cadenza mensile, partecipiamo. Gli stranieri, i turisti in genere, apprezzano”. 

Persone speciali alla Cesteria Rivara, che operano con il cesello, di fino, non solo sulla materia; dato che sanno dialogare con chi li va a trovare.

C’è ancora luce per la cesteria, arte antica. Ma antica sul serio, dato che si risale alla Rivoluzione Neolitica, al passaggio dall’era dei cacciatori-raccoglitori a quella degli agricoltori, uno dei momenti più rivoluzionari della storia umana.

Una leggenda della provincia cinese di Sichuan, antica quanto il plurimillenario percorso di quella grande civiltà, racconta delle otto dee che discesero dal cielo in terra per far cadere sul suolo le preziose foglie di giada, foglie che al contatto con il terreno diventarono germogli di bambù. Il bambù infatti è il simbolo di purezza e protezione dagli spiriti maligni. Ancora oggi molti templi taoisti utilizzano rami della pianta cara ai Panda come amuleti contro la sfortuna. E poiché tutto si tiene, anche Brecht nel suo dramma “L’anima buona del Sezuan ” racconta di Shen Te, cui gli dei affidano monete d’argento per un atto di carità. Lei apre una piccola bottega ma, schiacciata dagli interessi economici, inventa un alter ego maschile, Shui Ta, per sopravvivere. Bontà contro logiche economiche. Se passate da via Gastaldi entrate in un negozio dove il cuore ha ragioni che…il portafoglio… non conosce.

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