di ALBERTO BRUZZONE
Fare giornalismo di qualità e, al tempo stesso, riuscire a parlare alle nuove generazioni. È il compito, decisamente non semplice, delle nuove generazioni di comunicatori, che hanno certamente l’abilità di sapersi destreggiare tra i nuovi strumenti: social network (in particolare Instagram e TikTok), podcast, piattaforme.
La carta stampata appartiene sempre più al passato, la televisione la sta seguendo, persino Facebook, ormai, è ‘roba’ da vecchi, e allora come fare a portare l’informazione tra le generazioni del domani? Tra le promesse del giornalismo moderno, capace di dare una risposta a queste domande, c’è Beatrice Petrella, romana, ventotto anni, recente vincitrice con il suo podcast ‘Oltre’ del prestigioso Premio Roberto Morrione per il giornalismo investigativo.
Prossima a pubblicare un libro e con tantissimi altri progetti all’orizzonte, Beatrice Petrella fa il punto con ‘Piazza Levante’ su dove sta andando il mondo dell’informazione, dopo esser stata ospite a Chiavari, nei mesi scorsi, nell’ambito dello Zueni Festival organizzato dalla Società Economica.

‘Oltre’ è un viaggio nell’universo ‘incel’ italiano, ovvero i ‘celibi involontari’: “Sarà disponibile a partire dal prossimo 11 novembre su Rai Play Sound, mentre il 19 novembre, per i tipi di Piemme, uscirà il mio libro ‘Still Online. Connessi oltre la morte: la nostra eredità digitale’. Questo lavoro prende spunto dal mio precedente podcast e rappresenta un approfondimento sul futuro della tecnologia dopo di noi”.
La giornalista romana, che si è laureata alla Luiss Guido Carli di Roma e poi ha continuato a studiare anche all’estero, indaga il fenomeno del ‘dopo di noi’ tra tech, diritto e immaginazione, provando a rispondere a domande su cui anche la giurisprudenza ha iniziato a interrogarsi da poco: cosa succede online quando il corpo non c’è più? Quale sarà il destino dei nostri dati, password, immagini e alter ego virtuali? Diventeremo tutti degli ologrammi? Ma soprattutto, siamo sicuri di volerlo?
“Faccio la professione di giornalista da free lance e l’ho sempre svolta solo e soltanto così. Da una parte ci sono i limiti di dover stare su mille fronti, in maniera anche piuttosto frenetica, ma dall’altra c’è sempre la libertà di poter scegliere quello che si vuole fare. Così ho scelto i temi dei miei podcast, così come di tutti gli altri argomenti di cui ho trattato”.
Inizio di carriera nel 2009, su un tema pesante come la libertà di stampa: “La situazione in Italia è peggiorata negli ultimi anni e stiamo andando sempre peggio. Siamo finiti sotto persino a Malta, dove una giornalista, Daphne Caruana Galizia, è stata uccisa nel 2017. Si continua a non capire che la libertà di stampa è alla base di ogni democrazia. E il problema è molto più ampio di questo o quel politico che non hanno in simpatia i giornalisti. Perché qui è entrata in crisi la relazione tra il pubblico e la stampa e questo rapporto è assolutamente da recuperare”.
Beatrice Petrella sa perfettamente, come ogni giornalista, quanto sia difficile parlare ai giovani, suscitare il loro interesse: “È complicato farlo, ed è ancor più complicato farlo in maniera seria e responsabile. Io penso che tutto si basi, anche in questo caso, sulla fiducia. I social network, di per sé, non sono strumenti negativi: pure lì si possono instaurare rapporti di fiducia con questo o quel comunicatore. Noi operatori dobbiamo sempre essere consapevoli della responsabilità che abbiamo, nel momento in cui abbiamo i nostri follower. E questo vale sia per i contenuti brevi che per gli approfondimenti. Un approfondimento, se fatto bene, ha un suo seguito. Provo a dimostrarlo quotidianamente con quello che faccio”.

