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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

La caduta del prezzo dell’energia. Fattori reali e speculazione. I tempi diversi di industria e finanza

L’enorme liquidità disponibile a livello mondiale, alla continua ricerca di nuove asset class, ha individuato anche nelle commodities energetiche (gas, energia elettrica, certificati di CO2) oggetti interessanti
Una centrale a gas: materia prima che è tornata ai prezzi di prima della crisi
Una centrale a gas: materia prima che è tornata ai prezzi di prima della crisi
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di ANTONIO GOZZI

Il prezzo dell’energia, dopo i livelli altissimi raggiunti tra il 2022 e i primi mesi del 2023 a causa dell’invasione russa dell’Ucraina e della conseguente interruzione dei flussi di gas verso l’Europa, negli ultimi tempi ha fatto registrare un progressivo ritorno a livelli più contenuti. Nelle ultime settimane in particolare vi è stata una vera e propria caduta dei prezzi del gas e dell’energia elettrica che stanno praticamente ritornando a livelli pre-crisi.

Vi sono certamente ragioni fondamentali di questa tendenza. Come al solito il prezzo delle commodities dipende dalle dinamiche della domanda e dell’offerta.

Sul lato della domanda di energia vi è stata, negli ultimi mesi, una significativa contrazione dovuta al forte rallentamento dell’economia europea che in taluni Paesi, vedi Germania, si è trasformato in vera e propria recessione, con la conseguente riduzione delle produzioni industriali. Inoltre l’inverno è stato anche questo anno sostanzialmente mite e ciò ha condotto ad un contenimento dei consumi di gas naturale e energia elettrica per il riscaldamento.

Sul lato dell’offerta assistiamo, nel bacino del Mediterraneo in particolare, ad un significativo aumento dovuto all’incremento di produzione di gas trainato dagli alti prezzi degli ultimi anni e dai conseguenti investimenti da parte dei principali Paesi produttori (AlgeriaLibiaEgittoQatar). Vi è poi sempre l’offerta di LNG (gas naturale liquefatto) proveniente dagli USA, che a seconda dei livelli di prezzo prende la strada dell’Europa o va in Asia.

Sul fronte dell’energia elettrica la Francia ha concluso la sua prima campagna di manutenzione straordinaria delle centrali nucleari e ciò ha consentito di aumentare l’offerta anche in termini di export. Inoltre è entrata in esercizio, un po’ in tutt’Europa, una nuova capacità di generazione rinnovabile con un particolare balzo dell’eolico del Mare del Nord. Infine, la maggiore piovosità di quest’anno rispetto a quelli precedenti ha sostenuto la crescita delle produzioni idroelettriche.

Il combinato disposto della riduzione della domanda e dell’incremento dell’offerta ha quindi riportato i prezzi dell’energia ai livelli pre-crisi, smentendo i profeti di sventura che avevano pronosticato un aumento dei prezzi strutturale.

La situazione che si è creata mostra ancora una volta l’importanza del gas come fonte energetica a basso costo della transizione. Di questa materia prima è impossibile fare a meno nei prossimi venti anni e bisogna quindi lavorare molto sulle tecnologie (carbon capture) che consentono di usarlo decarbonizzato. Per l’Italia, che è il Paese europeo più infrastrutturato per le importazioni di gas, con i suoi cinque tubi e i suoi cinque rigassificatori, questo sforzo è strategico. 

Ciò che colpisce nelle vicende energetiche degli ultimi tre anni è l’ampiezza dell’oscillazione dei prezzi. Si sono raggiunti livelli mai visti nel pieno della crisi (3,5 euro a mc per il gas contro i 0,25 di oggi, 600 a MWh per l’energia elettrica contro i 70 di oggi) cui è seguita una repentina discesa dei prezzi. Anche la velocità della caduta colpisce.

La sensazione che si ha è che questa ampiezza e velocità di oscillazione dei prezzi, sia verso alto che verso il basso, non possa essere determinata solo dai fondamentali della domanda e dell’offerta.

Ciò che sta avvenendo, anche nel mercato del gas e dell’energia elettrica, è che su tendenze dell’economia reale si innestino flussi di speculazione finanziaria: al rialzo ieri, al ribasso oggi.

L’enorme liquidità disponibile a livello mondiale, alla continua ricerca di nuove asset class, ha individuato anche nelle commodities energetiche (gas, energia elettrica, certificati di CO2) oggetti interessanti.

Era già successo molti anni fa con il petrolio, il cui prezzo è ormai determinato dai futures, e cioè dai contratti di carta che vengono negoziati autonomamente e completamente sganciati da un sottostante fisico, e con i noli delle grandi navi porta rinfuse (panamax e capesize) per i quali a fronte di un nolo fisico ne esistono migliaia di ‘carta’ che vengono autonomamente scambiati sul mercato come se fossero un titolo in borsa.

Il paradosso di queste situazioni è che i contratti ‘futures’, nati come strumenti di copertura e di riduzione del rischio di prezzo e di mercato per le operazioni a termine, sono diventati  fattori che aumentano la volatilità e quindi il rischio.

Non ci si può permettere di ignorarli e farne a meno perché l’andamento dei mercati è fortissimamente influenzato da questi strumenti, ma al contempo spesso essi diventano tossici perché i meccanismi che li regolano sui mercati internazionali coprono sì il rischio economico del prezzo a termine ma in situazioni di forti oscillazioni dei prezzi possono strangolare finanziariamente chi ne fa uso (margin call).

L’industria ha bisogno di stabilità e di bassa volatilità per poter programmare gli investimenti a lungo termine, ma la finanza purtroppo spesso è fattore di perturbazione non controllabile.

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