Pubblichiamo la presentazione del libro ‘L’Albero della Cuccagna’, nuovo libro edito dalla casa editrice Internòs e scritto da Giorgio ‘Getto’ Viarengo.
di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *
In tante occasioni mi sono interrogato sul significato del termine tradizione, parola che può essere accostata a molti profili culturali, in questo caso all’ambito dell’alimentazione e alla cucina. Quante volte abbiamo sentito indicare la ricerca o la riproposta di una possibile ricetta della tradizione, di un tale luogo, ristorante o trattoria capaci d’offrire la vera cucina ligure.
Non ho dubbi, nell’asserire che in tantissime occasioni, ho potuto degustare preparazioni nobilissime, ottime, con piatti capaci di rispecchiare totalmente la nostra terra e le sue ricette tradizionali. Il processo di riproposta è molto difficile e complesso, in particolare per la quasi totale distruzione del luogo dove le materie prime venivano coltivate, il paesaggio, e la difficoltà di reperire ciò che è necessario per preparare una ricetta tradizionale.
Ecco il primo punto: la tradizione, in questo caso quella culinaria, era in diretto rapporto tra paesaggio degli orti, della campagna, delle colline e delle montagne circostanti, con la cucina, intesa come luogo d’elaborazione delle materie prime. In questi casi, se si desidera davvero esplorare la storia secolare di questi rapporti, è necessaria una posizione estremista, mi spiegherò meglio: senza le ridicole mediazioni folcloristiche e le riproposizioni dei neo chef.
Allora cercherò di ricercare, senza mediazioni, cosa racconta la storia del paesaggio, cosa si può ritrovare negli scritti delle prime istituzioni che si occuparono d’agricoltura, gli atti dei notai: ne ritroviamo del Trecento, che affidavano a conduttori terre per essere coltivate in modi opportuni. Poi la ricerca etnografica e l’esplorazione delle nostre vallate, i dati dell’archeologia che ha esaminato usi delle ceramiche, del fuoco e dei suoli. Ecco, la tradizione è in tutti questi dati. Quando tutto, o perlomeno, l’indispensabile è stato disponibile per lo studio e la ricostruzione storica ha raggiunto un buon livello, ho iniziato a pensare come raccontare questa pagina del nostro essere Liguri, di come si caratterizzava il nostro rapporto con questa terra.
Ho pensato all’immagine dell’Albero della Cuccagna, un vero mito per le nostre popolazioni più arcaiche e antiche, quelli che zappavano per poter mangiare, sognando un mondo con meno fatica e buone cose per cibarsi. Ecco cosa rappresentava l’Albero della Cuccagna, allora ho pensato ad un percorso che coinvolgesse diverse discipline, tornando a visitare le colline, gli orti e le nostre vallate più profonde, nel ritrovare cose buone che potessero tornare ad essere appese a quell’Albero magnifico. Se avrete piacere potremo realizzare insieme questo progetto, un’esperienza tra storia, attenzione per il paesaggio e l’ambiente, un atto che prevede di piantare un albero metaforico in ogni casa o comunità: l’Albero della Cuccagna.
Sembra un gioco da bambini e non ci sarebbe nulla di male, ma con questa lettura si potrà attraversare anni di storia del nostro territorio, dove in millenni di presenza umana si è costruito un paesaggio complesso e unico.
In questo passare del tempo molto è cambiato, le città sono cresciute cancellando orti e terrazzamenti collinari, si sono abbandonati pascoli e antiche viabilità, col risultato d’avere reso fragilissimo il territorio in cui viviamo.
La secolare cultura contadina quasi non esiste più, sono ormai pochi coloro che resistono a questa sfida, una lotta difficile, dove la fatica, sempre troppa, spesso non è giustamente ripagata.
L’Albero della Cuccagna è una lente d’ingrandimento per ricercare sul territorio quanto resta di quel mondo, un mondo che serviva soprattutto per vivere, dove i prodotti della terra assicuravano alle comunità il fabbisogno e le cucine trasformavano le materie prime in alimenti, in cibo capace d’esprimere la tradizione.
Ecco! L’Albero della Cuccagna è anche un sogno, quello di ridare un senso al quel paesaggio e ai suoi prodotti, portati nelle lucide e luminose cucine in formica e acciaio inox dei nostri giorni, ma con l’attenzione di non rinunciare alla nostra cultura e ai nostri gusti anche quando ci sediamo a tavola. Questo volume riporta diversi capitoli e richiede una precisazione assoluta: non è un libro di ricette, ma ripropone come le preparazioni, i piatti, dialogavano con le produzioni, gli orti, le colline e il mare circostante.
Racconterò come si è evoluta la cucina, come si è modificato nel tempo il percorso di preparazione del pane, il simbolo assoluto dell’essenzialità del cibo, come i testi, gli arcaici tegami di ceramica producevano e cuocevano i testaieu. Come giungeva nelle cucine il sale e quanta strada percorreva, tra il nostro mare e luoghi distantissimi oltre gli Appennini. Rifletteremo sugli odori, oggi così combattuti, quando invece evocavano fortunate cotture in padelle o pignatte, rattristandoci se un condominio richiama all’ordine i residenti sulla cottura di stoccafisso o cavoli, col terrore sollevato da inquilini intolleranti a tali “miasmi”. Un volume per cercare di realizzare un progetto che cerco di praticare da tempo, una cucina che rispecchi il nostro territorio, chiedendoci da dove provengono i prodotti, il come cucinarli e il come poter goderne del grande valore storico e culturale: quello di appenderli all’Albero della Cuccagna. Qui una certezza: il cucinare per chi si stima è uno dei migliori progetti possibili.
(* storico e cultore di tradizioni locali)