di ROBERTO PETTINAROLI
Ho letto l’editoriale di ‘Piazza Levante’ su sinistra radicale, difesa dell’imperialismo di Putin e posizione dell’Anpi. E ho deciso di intervenire non come vicepresidente dell’Anpi di Chiavari, ma a titolo personale.
Dico subito che sono d’accordo con l’analisi tracciata da Antonio Gozzi sulle responsabilità di quello che sta avvenendo. E questa volta (a differenza del primo editoriale sul tema) anche sui toni che ha usato.
Siamo sicuramente di fronte a un’aggressione neocolonialista da parte di una nazione che intende, da un lato, riaffermare la propria influenza di potenza globale e, dall’altro, spostare ad est il baricentro dei nuovi equilibri planetari, relegando l’Unione europea (e, con essa, il suo mercato) a un ruolo marginale.
Anche per questo ritengo che difendere e sostenere l’Ucraina non sia soltanto doveroso per chiunque si riconosca nei valori della pace, della democrazia, del diritto internazionale, della convivenza civile tra popoli e Stati; è anche necessario, se si vuole immaginare un futuro per l’Europa e per l’idea stessa di civiltà che in questi 77 anni trascorsi dalla fine del secondo conflitto mondiale si è tentato, non senza fatica e qualche caduta, di costruire.
L’aggressione di uno Stato nei confronti di un altro non può mai avere alcuna giustificazione. E nel condannarla non si può essere ambigui, negando all’aggredito il diritto di difendersi e di autodeterminarsi. In questo quadro, credo sia necessario sostenere anche militarmente il popolo che sta lottando per la propria libertà e per il proprio futuro, anche se è ovviamente prioritario operare, di pari passo, il massimo sforzo possibile per giungere a una soluzione diplomatica del conflitto. Anche in questo senso credo che mettere in condizione l’Ucraina di tenere testa militarmente alla Russia sia una precondizione imprescindibile per giungere più velocemente a un accordo di pace.
Anch’io ho trovato e trovo incomprensibili e inaccettabili le posizioni di chi, in taluni settori della sinistra, sostanzialmente nega all’Ucraina il diritto all’autodifesa e contesta l’invio di armi da parte del nostro Paese.
Così come ho ritenuto e ritengo profondamente sbagliate le posizioni espresse (soprattutto all’inizio del conflitto, poi il tiro è stato corretto) dal presidente nazionale dell’Anpi Pagliarulo: dal riconoscimento delle “legittime preoccupazioni della Russia” accerchiata dalla Nato, alla richiesta di una commissione d’inchiesta internazionale per stabilire le responsabilità sui fatti di Bucha (stupri su donne e bambini ed esecuzioni di massa sui civili). Credo che le responsabilità dei militari russi siano state già abbondantemente documentate da decine di giornalisti, fotoreporter e videomaker indipendenti, molti dei quali purtroppo hanno perso la vita proprio nel tentativo di portarle alla luce e di fare seriamente il loro mestiere. Ad essi dovrebbe andare il nostro pensiero riconoscente.
Trovo indecenti le chiacchiere e i balbettamenti da salotto su una tragedia così grande. E del tutto incomprensibile una posizione contraria al sostegno armato all’Ucraina, quando arriva da chi dovrebbe ricordare che la guerra di Liberazione in Italia, vero atto fondativo della Repubblica, fu possibile solo grazie al sostegno militare che i nostri partigiani ricevettero sui monti dagli angloamericani (potenze colonialiste e imperialiste per definizione, soprattutto allora). Senza dimenticare, inoltre, che la presenza nel teatro di guerra degli Alleati fu decisiva per le sorti del conflitto. E che il pur importantissimo contributo dato dalla Resistenza alla vittoria sul nazifascismo, da solo, non sarebbe stato sufficiente a sconfiggere Hitler e Mussolini.
I riflessi antiamericani (e anti occidentali) che tradiscono certe posizioni mi paiono assolutamente evidenti. Sono il portato di una posizione ideologica che non è la mia: personalmente (per usare le parole pronunciate da Enrico Berlinguer negli anni Ottanta) mi sono sempre sentito più al sicuro sotto l’ombrello della Nato piuttosto che sotto quello del Patto di Varsavia. E sono grato al destino che mi ha fatto nascere in questa parte di mondo. Certo, c’è stato il Vietnam, ci sono state le dittature in America Latina sostenute dagli Usa e dalla Cia. Ma la differenza (tutt’altro che irrilevante) è che contro queste cose il mondo libero occidentale ha sempre potuto organizzare proteste e manifestazioni. Dall’altra parte, no: come ci conferma anche la cronaca degli ultimi mesi, con gli arresti di massa e la repressione sistematica operata da Mosca.
Questo non mi impedisce di vedere il cinismo con cui gli Stati Uniti massimizzano i vantaggi strategici ed economici che la guerra certamente gli offre. Così come (e questo è uno dei tanti effetti collaterali del conflitto) non si può non provare angoscia di fronte al patteggiamento raggiunto con la Turchia di Erdogan, nelle cui mani è stato sostanzialmente abbandonato, in cambio della caduta del veto sull’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, il destino del popolo curdo.
Detto tutto questo, credo che gli Stati Uniti, il mondo occidentale e soprattutto l’Europa abbiano grandi responsabilità nel non aver saputo cercare e trovare (anche attraverso un’interlocuzione con la Russia) accordi strategici che garantissero un nuovo ordine mondiale e nuovi equilibri geopolitici in grado di preservare la sicurezza globale del pianeta. Mi riferisco ai grandi temi sui cambiamenti climatici, lo sfruttamento delle risorse, gli approvvigionamenti energetici: che sono poi la causa primaria delle mire espansionistiche di Russia, Cina, Stati Uniti, India e di tutti i principali attori mondiali. Neppure dei rapporti di buon vicinato abbiamo saputo avere cura: è almeno dal 2014 (invasione russa della Crimea) che avremmo dovuto aprire gli occhi.
Questo per dire che i problemi sono molto complessi e non si può darne una lettura manichea: il bene tutto da una parte, il male tutto dall’altra.
Ma sul fatto specifico in discussione, l’aggressione di un Paese nei confronti di un altro, non ci possono essere tentennamenti, né alcuna ambiguità.