di ALBERTO BRUZZONE
Secondo i dati più recenti diffusi dalla sezione genovese di Confindustria, solamente per quanto riguarda la Liguria ci sono quasi novemila posizioni lavorative aperte, senza che ci siano persone in grado di poterle ricoprire.
Nello specifico, si cercano, per il momento senza trovarle, 1.600 persone in professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, 3.360 in professioni tecniche, 2.040 artigiani e operai specializzati, 1.740 conduttori di impianti e operai. È il tema della domanda e dell’offerta che non s’incontrano, un tema quanto mai di stretta attualità e che il nostro editore Antonio Gozzi ha toccato nell’editoriale dello scorso numero (nella foto in alto, una scena del celeberrimo film ‘Tempi Moderni’ con Charlie Chaplin).
C’è la stretta necessità d’invertire questa tendenza, c’è il serio, concreto e reale bisogno di riempire quel gap, in un’Italia che scalpita per ripartire anche dopo il difficile periodo della pandemia e che si trova in una congiuntura molto favorevole grazie all’enorme disponibilità di fondi rappresentata dal Pnrr, ovvero il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza.
Secondo Gozzi, “le imprese industriali, specie al nord, non trovano operai, tecnici specializzati, ingegneri. Mancano profili di tutti i tipi: analisti e tecnici informatici, manutentori elettrici e meccanici, fonditori, saldatori, carpentieri, artigiani del legno. Ci sono decine di migliaia di posizioni scoperte, e ciò rappresenta un tragico paradosso in un Paese come l’Italia nel quale la disoccupazione giovanile continua a restare molto alta”.
Se domanda e offerta di lavoro non riescono a incontrarsi, è anche colpa del “non efficiente assetto italiano, specie se si fa il confronto con altri Paesi, della formazione professionale”. Per tutto questo scenario, però, la soluzione in prospettiva c’è, ed è rappresentata dai cosiddetti Its (gli Istituti Tecnici Superiori), un sistema fortemente voluto da Confindustria che garantisce percorsi formativi post-diploma finalizzati alla professionalizzazione specialistica organizzati insieme alle aziende, che oltre allo stage devono garantire l’assunzione del personale formato sulla base delle esigenze espresse.
“L’assurdo è che fino ad ora in molti casi, pur essendoci una fortissima richiesta delle aziende, i corsi restano semivuoti o non si fanno per carenza di iscrizioni – è ancora il parere di Gozzi – E qui ritorniamo, come ci spiega il nostro amico Guido Torrielli, presidente dell’associazione nazionale degli Its, a un tema culturale di atteggiamento di famiglie e giovani che non percepiscono il valore di questo tipo di istruzione nel mondo che cambia e continuano a fare scelte formative sbagliate”.
Proprio con Guido Torrielli, ingegnere genovese per lungo tempo ai vertici di Ausind (la società di Confindustria Genova che si occupa di corsi e di formazione), e adesso presidente dell’Associazione Its Italy per il periodo 2021-2023, ‘Piazza Levante’ ha parlato, per fare il punto della situazione e capire se ci sono delle strategie finalizzate a colmare la lacuna tra domanda e offerta di lavoro.
Anche in questo caso, le speranze sono riposte per gran parte nel Pnrr: “Le figure che si cercano – sottolinea Torrielli – sono essenzialmente quelle che derivano dall’istruzione terziaria tecnologica che è stata individuata da una recente legge in fase di promulgazione al Senato che stiamo monitorando. Io rappresento 116 istituti tecnici superiori che formano cinquemila giovani all’anno. Il Pnrr, che dovrebbe garantire 1,5 miliardi al sistema degli Its, porterà a venticinquemila giovani all’anno entro il 2026”.
Due quindi sono i concetti chiave, secondo Torrielli: da una parte un numero complessivo di iscritti quintuplicato rispetto all’attuale, dall’altra tutti i fondi che consentiranno al sistema degli Its di cambiare pelle e di cambiare passo. “Buona parte del miliardo e mezzo di euro – prosegue Torrielli – sarà investito sull’orientamento, che dovrà davvero raggiungere tutte le famiglie, nel momento in cui ragazze e ragazzi frequentano le scuole superiori. Parliamo di almeno seicento milioni. Una quota parte analoga, quindi, servirà per aumentare il numero dei corsi, senza per forza aumentare, proporzionalmente, il numero degli Its. Voglio dire che vanno bene gli Its che ci sono, semplicemente devono crescere al loro interno con una migliore offerta formativa. Quindi, prevediamo almeno 75 milioni di euro per attività di comunicazione e promozione, perché il mondo degli Its è ancora troppo poco conosciuto e spesso viene confuso ancora con le scuole superiori, mentre noi a tutti gli effetti rappresentiamo un sistema formativo d’eccellenza, al pari delle università”.
Secondo Torrielli, sarà proprio il Pnrr a farci fare la svolta, “ma bisognerà essere bravi a spendere bene i soldi e a investirli in progetti concreti. Questa è la grande occasione per gli Its, ma se non si sarà in grado di investire le risorse, allora poi sarà difficile far mantenere la posizione a questo sistema”.
Ma quali sono i settori più ‘caldi’? Secondo Guido Torrielli, “occorre concentrarsi non solo sulla tecnologia, ma anche sull’energia e sulla transizione ecologica. Fondamentale, poi, il tema della cyber security, sempre più centrale nelle aziende. Abbiamo bisogno di intercettare maggiormente la presenza femminile, e lo possiamo fare solamente con un’offerta di corsi adeguata. Le risorse del Pnrr serviranno anche per migliorare la didattica, potenziare i laboratori, investire sull’innovazione tecnologica. Il grido d’allarme da parte delle imprese è un dato di fatto, e non è correlato solamente al calo demografico del Paese, ma anche alla diminuzione della qualità dell’insegnamento. Gli Its si trovano di fronte a un momento epocale: oltre alle risorse, c’è una legge in Parlamento che punta a rimodernare tutto il sistema e anche a costituire una guida per investire bene le risorse, a cominciare dalla nomina di un direttore generale degli Its all’interno del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca”.
Torrielli immagina “percorsi brevi, della durata di due anni, di cui uno all’interno delle imprese. Occorre poi una flessibilità estrema, perché gli Its dovranno ritagliare la loro proposta sulla base delle effettive richieste delle aziende. Il punto debole? Al momento è il reclutamento degli iscritti, ma anche l’università sta scontando un periodo di drop out, ovvero di persone che lasciano i corsi. Fondamentale poi l’appoggio da parte delle regioni e devo dire che, per quanto riguarda la Liguria, la nostra amministrazione regionale ha dimostrato di credere molto negli Its, e di volerci puntare per il futuro”. Sarebbe veramente un peccato poter contare sulle risorse, e non avere le idee o la facoltà di spenderle. Ma, come ha spiegato Gozzi, “il tema della formazione professionale certamente riguarda la sua gestione e gli istituti che se ne occupano, ma implica anche la necessità di un atteggiamento diverso di giovani e famiglie, di una vera e propria rivoluzione culturale”. E, su questo ultimo punto, non c’è santo (né Pnrr) che tenga.