(r.p.l.) Che l’Italia sia il Paese del ‘campa cavillo’, il calcio lo testimonia da anni. La sentenza sul Foggia (15 punti di penalizzazione nel prossimo campionato, clicca qui per leggerla) è un altro colpo grave alla credibilità di un sistema da tempo allo sbando. Un movimento senza regole e principi. Molti pesi e molte misure, avvitamenti, contorsioni, deferimenti, sconti, sentenze politiche.
Confrontarsi con questa giustizia che consente di pagare allenatori e giocatori in nero è una vera e propria pacchia per chi trova ogni tipo di scorciatoia (doping amministrativo), tanto poi tutto si aggiusta.
Nel frattempo però il Foggia toglie la promozione diretta al Frosinone e consegna la serie C alla Virtus Entella, ma anche a Novara, Pro Vercelli e Ternana. Per non parlare della stagione precedente con i ‘satanelli’ che salgono nella cadetteria a danno del Lecce grazie al denaro contante immesso in modo occulto nella gestione del club. Non a caso il presidente del Lecce Sticchi Damiani ha lasciato intendere che potrebbe iniziare una richiesta di risarcimento del danno: “Nella stagione scorsa il Lecce ha realizzato 74 punti, gli stessi che sono bastati quest’anno a vincere il campionato, ma è giunto dietro al Foggia, in grado di raccogliere risultati eccezionali – sono state le sue parole – Se fosse accertato che questi risultati sportivi sono stati conquistati in maniera illecita, con pagamenti in nero che di fatto hanno condizionato il mercato e alterato il risultato sportivo, il Lecce avvierà la richiesta di risarcimento del danno e dei costi di gestione sostenuti per il campionato scorso, rivolgendosi alla magistratura ordinaria”.
Carta canta, la relazione della Procura Federale della Figc che ha portato al deferimento non lascia dubbi interpretativi (clicca qui per leggerla). Si legge addirittura come “il Pubblico Ministero della Procura di Milano definisca il Foggia Calcio una società utilizzata come una sorta di ‘lavatrice’ (anche) della famiglia Sannella”.
Premessa per arrivare a dire: “Che in assenza degli importi riciclati il Foggia calcio avrebbe sostanzialmente cessato di esistere. Quindi la commissione del reato è stata vitale per la stessa operatività della compagine sociale”.
Eppure nella prossima stagione il Foggia giocherà in serie B. E la pena afflittiva? Non pervenuta. Una decisione che di fatto non decide.
Perché una penalizzazione (anche robusta) nel campionato che sta per iniziare spesso non fa rima con retrocessione. I casi si sprecano. Uno su tutti, ricordate la turbolenta stagione 2006-2007 del calcio italiano, che si aprì in maniera tutt’altro che serena in virtù dello scandalo di Calciopoli? La Reggina fu una delle squadre costrette a scontare dei punti di penalizzazione (ben 15) in serie A. Alla fine raggiunse la salvezza, compiendo un’impresa. Perché spesso sono le salite più ripide a creare alchimie e unità d’intenti, compattezza e capacità di gettare il cuore l’ostacolo. Oppure partire con -15 potrebbe addirittura agevolare due squadre che il prossimo anno, senza meritarlo, arriveranno l’una sestultima e l’altra vincente allo spareggio-salvezza.
Insomma, l’ultima sentenza emessa dal Tribunale Federale induce a pensare come il calcio sia quell’ambiente dove chi rispetta le regole è un fesso.
Questo par di capire, in attesa che dall’appello possa nascere una sentenza che non sia logicamente insostenibile come quella di primo grado.
L’Entella promette battaglia. Il presidente Gozzi ha alzato la voce: “Sono sconcertato e indignato, si tratta di una sentenza assurda che non punisce un reato come l’illecito amministrativo. A questo punto viene voglia di pagare tutti in nero. E’ stato accolto l’intero impianto accusatorio, ma non c’è pena afflittiva nei confronti del club, che l’anno prossimo può tranquillamente salvarsi in serie B. Sono state comminate 51 giornate di squalifica e 10 anni e 6 mesi di interdizione e mai c’è stata una pena così pesante dopo Calciopoli, eppure l’aspetto centrale non viene tenuto in considerazione. Per questo andremo abbiamo presentato reclamo e ci rivolgeremo anche al Tas di Losanna”.
Il caso Foggia dimostra come la giustizia del pallone non abbia alcun architrave giuridico. Come ogni partita fa storia a sé, anche ogni disputa, ogni controversia, ogni deferimento vive di luce propria. Con il balletto delle responsabilità. C’è quella ‘diretta’, quella semplicemente ‘oggettiva’ e quella ‘presunta’: mille sfumature di grigio. Un tema ricorrente, implacabile.
Per la responsabilità oggettiva, tanto discussa, vale l’aforisma di Winston Churchill sulla democrazia: il peggiore dei sistemi politici, tranne tutti gli altri. Il percorso va cambiato. Lo si renda meno frenetico, l’iter spesso lacunoso e forzatamente ‘abbreviato’ deve garantire quel minimo di equità che ogni sport, per gonfio di quattrini che sia, deve assicurare ai propri parrocchiani. Troppi verdetti un po’ assolvono, un po’ condannano.
L’Entella in questa battaglia non dovrebbe essere sola. Ma rappresentare la capofila di tutti i club che praticano un calcio pulito e di quei tifosi che vivono di passione e sentimenti.
“La giustizia sportiva deve essere indipendente ed autonoma, con giudici nominati dal Csm – sottolinea il presidente Gozzi – Chi mette in atto comportamenti illeciti deve pagare. Con pene severe. Si deve arrivare anche alla radiazione delle società. I presidenti devono essere inflessibili tra loro con un codice di auto regolamentazione. Non si possono trovare artifizi (plusvalenze false) per sorreggere cose che non stanno in piedi”.
Il concetto è chiaro: se non c’è sensibilità verso la legalità, il calcio italiano è destinato a morire.
ECCO COME IL FOGGIA PAGAVA I GIOCATORI