di ALBERTO BRUZZONE
L’estensione da regionale a nazionale del Parco di Portofino, un tema molto caro anche a noi di ‘Piazza Levante’, è entrato – come c’era da aspettarsi – tra gli aspetti della campagna elettorale. E questo pareva piuttosto scontato, anche perché il discorso dei confini allargati è sempre stato uno degli argomenti di maggiore divergenza tra maggioranza e opposizione, all’interno del Consiglio Regionale della Liguria.
Ora però le prospettive paiono diverse e più che tirar delle righe con la matita su una cartina, sembra centrale far emergere che cosa significa avere un parco nazionale, quali opportunità può creare, quali occasioni dal punto di vista del turismo e quali prospettive dal punto di vista del lavoro.
Un interessante incontro, in questo senso, è stato organizzato martedì scorso al Cenobio dei Dogi di Camogli: erano presenti alcuni candidati del centrosinistra, il candidato governatore Ferruccio Sansa e moltissime associazioni ambientaliste – tra cui Legambiente Tigullio – che da sempre si battono per l’ampliamento dei confini e per la nascita del parco nazionale, non tanto per un fatto di posizionamento, quanto per una reale occasione su tutto il territorio ligure. In sala, anche l’ex direttore del Parco di Portofino, Alberto Girani, che ha lasciato il suo incarico qualche mese fa.
Non confini ma progetti: questo è il nuovo approccio perché più sarà chiaro che cosa significhi stare dentro a un parco nazionale, più ci sarà la possibilità di trovare condivisioni all’interno delle amministrazioni comunali.
Non è un mistero, e nessuno infatti lo ha mai smentito, come il centrodestra sia – con pochissimi distinguo – per il mantenimento dello status quo, mentre il centrosinistra prema l’acceleratore sul fatto dell’ampliamento e del passaggio del parco da regionale a nazionale. Non è neppure un mistero, e pure questo non è mai stato smentito, il fatto che l’iter, partito nel 2018, sia stato in tutti i modi rallentato da chi è al governo della Regione Liguria, probabilmente per non scontentare una parte di elettorato e per non scomodare tutta una serie di interessi locali e localistici.
Intorno a un progetto come questo, invece, va creato un vasto moto d’opinione, perché più aumenta la consapevolezza, più possono aumentare le possibilità. All’incontro al Cenobio era presente il sindaco di Camogli, Francesco Olivari, che è stato presidente del Parco di Portofino per nove anni e che è uno dei pochi amministratori locali ad essersi espresso a favore dell’ampliamento dei confini.
Olivari ha ripercorso tutta la storia di questa vicenda, “iniziata all’uscita del Circolo del Pd di Camogli con una telefonata al senatore Massimo Caleo. Fu lui a far approvare, all’interno della legge finanziaria del 2018, l’istituzione del Parco Nazionale di Portofino, sposando un’idea che noi avevamo già da tempo. Vennero stanziati trecentomila euro per il primo anno e un milione di euro all’anno per tutto il periodo successivo. A seguito di questo, arrivò lo studio di Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, sui confini. Ma, quando questo arrivò in Liguria e venne l’occasione di parlarne a livello territoriale, ci fu un atteggiamento diverso da parte dei vari comuni. E la Regione, che aveva il compito di informare il territorio, non lo fece”.
Sono le stesse accuse che vengono mosse anche da parte del Coordinamento per il Parco di Portofino che nelle scorse settimane, attraverso il suo portavoce, Antonio Leverone, ha inviato un ricco e corposo dossier al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa: a diffondere informazioni sulla prospettiva del parco nazionale sono state, in sostanza, le associazioni, molto di più di quanto non abbia fatto l’ente istituzionale preposto, evidentemente interessato assai poco alla vertenza.
Secondo Olivari, “le criticità che emergono sono sostanzialmente cinque: quattro superabili e una no. Parliamo dell’attività venatoria vietata; di vincoli e regolamenti sul territorio; delle risorse economiche date al parco che potrebbero provocare l’impoverimento degli altri parchi; della governance che farebbe piovere dall’alto le decisioni”. All’interno di un parco nazionale, infatti, è bene precisarlo, non esiste più la giurisdizione da parte della Regione, in quanto si fa riferimento alle normative statali: per questo la Regione viene svuotata di competenze all’interno di determinati territori, che vengono messi sotto tutela in ogni profilo.
“La difficoltà non superabile è appunto quella partitica”, perché è evidente che non tanto sul Parco di Portofino, quanto sui territori che si vorrebbero inserire, circolano enormi interessi, e non soltanto legati alla caccia, bensì a un ‘partito’ molto più corposo e insidioso, quello del cemento e della speculazione edilizia.
Peccato solo che l’ambiente non dovrebbe avere colore politico e che non dovrebbero essere le elezioni a ricordare ai cittadini la centralità di questo tema, visto che, come ha ricordato Luca Garibaldi, consigliere regionale uscente del Partito Democratico e nuovamente candidato, “è la stessa Europa che ci chiede, nelle sue linee guida, di investire sull’ambiente, sullo sviluppo sostenibile e sull’equilibrio tra uomo e natura. E quali migliori occasioni e non quella di un parco nazionale sul nostro territorio? Ogni euro investito per l’ambiente è un euro investito per il lavoro. E ogni euro investito per il lavoro, è un euro investito per il futuro”.
È evidente, però, anzi è chiaro ormai a tutti, come il discorso sia stato impostato per il verso sbagliato. Si doveva partire dalla progettualità, da una condivisione dal basso, non tanto da un disegno sulla mappa dei futuri e possibili confini ampliati. Perché è questo che ha fatto saltare ogni prospettiva di dialogo e messo una parte politica in posizione di fortissima criticità.
Ripartire è quindi la parola d’ordine. Garibaldi ha mostrato una serie di slide, per dire che “dentro un parco nazionale possono stare moltissime vocazioni. L’idea di un parco che esce dal Monte di Portofino per andare a dialogare con i territori del nord, di levante e di ponente è dal mio punto di vista un’occasione irripetibile. Le vocazioni sono molteplici: l’artigianato, l’escursionismo, il turismo culturale, il turismo religioso, l’enogastronomia. Un parco che funge da collegamento con l’entroterra, significa rilanciare anche l’entroterra stesso”.
A concludere, il parere di Ferruccio Sansa: “Realizzare parchi nazionali conviene sia per il lavoro, sia per il turismo, sia per chi costruisce case, che potrebbe specializzarsi nella ricostruzione dei borghi che stanno scomparendo. Sono stato al Parco regionale di Montemarcello, Magra e Vara. Pensate, che ricchezza sarebbe unirlo al Parco di Portofino: tutto questo insieme, che varietà di paesaggi, di cultura e colori! Ben vengano i parchi. Ora possono garantire posti di lavoro. Con i parchi salviamo l’ambiente e anche noi stessi”.
Che cosa ne pensano gli amministratori regionali uscenti? Le pagine di ‘Piazza Levante’, in pieno spirito propositivo e in piena visione di par condicio, sono aperte.