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Giovedì 23 ottobre 2025 - Numero 397

Chiavari, pedoni e biciclette nel centro storico: la difficile convivenza, mentre mancano le piste vere

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di ALBERTO BRUZZONE

Biciclette e pedoni insieme nella stessa area? La convivenza è difficile, se non impossibile. E, soprattutto, è assai pericolosa, per gli uni e per gli altri.

Tant’è, il Comune di Chiavari ha preso questa direzione, da circa un mese. È dallo scorso 19 maggio infatti, secondo giorno dall’allentamento del lockdown legato all’emergenza sanitaria, che in via Vittorio Veneto e in una parte di via Martiri della Liberazione – zone un tempo interdette alle due ruote – si può circolare con il proprio mezzo, senza però che ci sia alcuna pista dedicata e con il rischio piuttosto frequente di collisione con chi transita a piedi, e non sono pochi, trattandosi delle due strade principali della città e di quelle con la maggior concentrazione di attività commerciali.

La giunta comunale ha recepito, in questo senso, le modifiche introdotte dal Codice della Strada, che consentono il transito alle biciclette (e anche ai monopattini, sia normali che quelli elettrici di ultima generazione) nelle aree pedonali. La normativa è di livello nazionale, ma può essere limitata, comune per comune, in base alle caratteristiche sia urbanistiche che della viabilità.

Chiavari, come più volte ricordato anche da ‘Piazza Levante’ in diversi articoli, avrebbe, stante la sua conformazione, diversi limiti in questo senso, ma, nonostante tutto, si è deciso di omologarsi alle leggi generali, con tutte le conseguenze del caso.

Quella del nostro settimanale non è certo una posizione contro la mobilità alternativa, ci mancherebbe altro: anche perché sulla necessità di mezzi di trasporto leggeri e a basso impatto, specie nei centri storici, siamo tutti fondamentalmente d’accordo. Il problema nasce quando non si tratta di vere e proprie piste ciclabili, quindi opportunamente tracciate e segnalate, con tanto di strisce orizzontali sulla strada e di cartelli verticali, e possibilmente di cordoli di separazione, ma di situazioni ‘ibride’, lasciate quindi al buon senso e alla responsabilità dei singoli. Ed è qui che nascono le criticità: perché le due direttrici di maggior transito pedonale in città – il cosiddetto Caruggio – poco si prestano a questa convivenza, anche per la presenza dei portici che sono molto più che un ‘cono d’ombra’ sia che chi va a piedi che per chi va sulle due ruote.

Partiamo dalle nuove disposizioni. Con il voto da parte della giunta, è stata approvata, come si legge in un comunicato di Palazzo Bianco, “la realizzazione di una pista ciclabile ad anello all’interno del centro storico cittadino. Un primo passo importante per la realizzazione di una rete più ampia per incentivare l’utilizzo della bicicletta. A seguito delle modifiche introdotte dal codice della strada, che consentono il transito ai velocipedi nelle aree pedonali, la ciclabile partirà dall’inizio di via Vittorio Veneto, passando per piazza Matteotti, via Rivarola, piazza Mazzini, via Remolari e via Dallorso, per giungere nell’ultimo tratto di via Martiri della Liberazione sfociando in viale Millo, dove verrà riattivato un vecchio percorso ciclabile predisposto anni fa sino in corso Gianelli. Resta, invece, pedonale il tratto di via Martiri della Liberazione compreso tra via Dallorso e piazza Matteotti. A breve partiranno gli interventi per predisporre segnaletica verticale e orizzontale”.

L’incertezza è tanta: perché si parla di ‘piste ciclabili’ quando queste sono opportunamente segnalate e tracciate e quando ci sono degli spazi esclusivamente riservati alle biciclette (o velocipedi di altro tipo). E non è questo il caso né di via Vittorio Veneto, né di via Martiri della Liberazione, che semmai sono percorsi ciclo-pedonali: vale a dire, dove è accettata la compresenza.

All’uscita della notizia, c’è stato chi l’ha accolta favorevolmente, ma non sono mancati i cittadini che, anche attraverso i social network (soprattutto la pagina Facebook ufficiale del Comune di Chiavari e il gruppo dei Mugugni del Comune di Chiavari), ha espresso la propria contrarietà.

In particolare, ci piace riportare la posizione di una ciclista, anche perché la pensiamo esattamente così e il concetto di fondo non poteva essere espresso meglio: “Da ciclista – scrive Stefania Roccato – non sono e non sarò mai d’accordo. Non è una passeggiata mare, non è una strada con visibilità totale: i portici e i pilastri levano completamente la visibilità. Non è una zona dove pedoni e ciclisti possano convivere. È un’utopia che i ciclisti e i pedoni useranno coscienziosamente il buon senso; pedoni e ciclisti non conviveranno mai in armonia in un ristretto centro storico dove tutti vanno di fretta o passeggiano. Da ciclista, uso il buon senso e amo prevenire e mai transiterò nel centro storico in bicicletta con l’ansia di un ipotetico scontro con un passeggino di una mamma distratta o un bimbo che attratto da un qualcosa in un secondo mi attraversa la strada, ecc. Da ciclista so e conosco Chiavari, che offre mille possibilità per pedalare in strada senza per forza transitare in centro, che a piedi percorri in cinque minuti. Per risparmiare pochi minuti non rischierò mai di far del male a qualche pedone, e sono un’ottima ciclista”.

Ma come si può pensare che chi viaggia sulle due ruote possa condividere lo stesso spazio con chi cammina a piedi? Non tutti i ciclisti, infatti, proseguono a passo d’uomo. Ci sono anche quelli che, una volta in sella al proprio mezzo, viaggiano a velocità piuttosto sostenuta, non rispettano la segnaletica stradale, non si fermano ai semafori, eccetera. Il ciclista medio, insomma, è un ‘anarchico’ per eccellenza, rispetto al codice della strada. E, per giunta, molto spesso porta auricolari: come si può star tranquilli che nessun pedone verrà centrato, in questo quadro così caotico? E vogliamo parlare di tutte le persone che frequentano le aree pedonali con i passeggini o con gli animali?

Quella della pista ciclo-pedonale, insomma, appare una scelta poco convincente, soprattutto perché giunge in assenza delle piste ciclabili vere e proprie. A che punto siamo, ad esempio, con il progetto de ‘Le vie dell’acqua’, che è in ritardo di almeno cinque anni? È quello che chiedono i ciclisti: piste ciclabili vere, tracciate e, soprattutto, sicure, non soluzioni di compromesso.

Intanto, a Chiavari continua pure a mancare, ormai da decenni, un piano generale del traffico. L’attuale amministrazione non ha neppure mai preso in considerazione il problema. Che cosa fare con le aree pedonali? Con piazza Matteotti? Con le aree a cintura? Con piazza Nostra Signora dell’Orto? E del prolungamento di viale Kasman, che si dice?

Eppure la redazione di un Pums, ovvero un Piano Urbano di Mobilità Sostenibile, è ormai un’esigenza imprescindibile. Palazzo Bianco se ne sta occupando? E come? Sarebbe bello che le soluzioni ‘a spot’, tipo le biciclette in via Veneto, l’inversione di sensi di marcia o le pedonalizzazioni a tempo, venissero inserite all’interno di un disegno complessivo, di una visione generale.

Come immaginiamo la città del futuro? Che cosa vogliamo farne? È possibile renderla completamente pedonale? È possibile implementare l’utilizzo delle biciclette attraverso la creazione di posti dedicati?

Ecco, sarebbe utile, e anche più rispettoso dei cittadini, lavorare con una visione a lungo termine. E, soprattutto, oltre a dire di lavorare per i cittadini, sarebbe opportuno lavorare con i cittadini. Con quanti è stata condivisa la scelta dei percorsi ciclo-pedonali? Cosa ne pensano le associazioni delle due ruote? E i commercianti?

Il tema della mobilità pubblica è assai complesso e certamente richiede un altro ‘modus operandi’, rispetto a qualche decisione random, volta solo ad accontentare qualcuno e a scontentare la maggior parte.

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