di ALBERTO BRUZZONE
L’anno scorso il ‘nemico’ si chiamava mareggiata. Nell’ottobre del 2018, una tremenda tempesta aveva distrutto gran parte del litorale della Riviera di Levante, devastando porti, cancellando spiagge, interrompendo la strada di collegamento tra Santa Margherita e Portofino.
Ma era un ‘nemico’ conosciuto, gestibile, e che alla fine fu gestito.
Questa volta, invece, si è di fronte a un ‘nemico’ molto più globale, molto più pericoloso. E molto meno gestibile. Il Coronavirus.
Quello che non cambia, purtroppo, è che albergatori e ristoratori di tutto il Golfo Paradiso e di tutto il Tigullio si ritrovano nuovamente a fare i conti, in questo periodo, con una partenza che definire ad handicap sarebbe ottimistico. Perché se nel 2019, pur di fronte a un quadro emergenziale, le prospettive erano positive, e in effetti poi tutto poté ripartire alla grande, per quanto riguarda il comparto turistico e dell’incoming, in questo 2020 non ci sono prospettive: su come si evolverà la malattia, su quando questa emergenza ormai mondiale finirà, soprattutto su quando ci si potrà tornare a muovere e su come si farà a recuperar la fiducia, soprattutto da parte degli ospiti stranieri.
Nubi nere, nerissime, si addensano all’orizzonte. Molti alberghi sono ancora chiusi, ma si tratta del consueto periodo di sosta in questa stagione. Solo che, nella stragrande maggioranza dei casi, i gestori sono stati costretti a rinviare la data di riapertura, mentre le attività aperte tutto l’anno arrancano, e non poco. Le giornate trascorrono tra risposte al telefono e gomme in mano, per cancellare le varie prenotazioni. Un danno enorme, immenso, per tutto il comparto, per l’indotto e anche sotto l’aspetto occupazionale. Perché è chiaro che se una struttura riapre dopo, non riapre o si ritrova ad avere pochissima clientela, chi ne fa le spese sono in primis i gestori, e poi tutti i collaboratori e lo staff.
La situazione è drammatica dal punto di vista sanitario, bloccata dal punto di vista logistico, compromessa dal punto di vista dell’immagine: peggio, insomma, non potrebbe andare.
Andrea Fustinoni, managing director del Gran Hotel Miramare di Santa Margherita, nonché vice presidente del Gruppo Albergatori di Santa e Portofino, che aderisce a Federalberghi, non nasconde la sua preoccupazione: “Il quadro attuale è drammatico. L’economia turistica è stata praticamente azzerata. C’è un’altissima percentuale di cancellazione delle nuove prenotazioni. Noi abbiamo già slittato la riapertura. Lo faremo il 19 marzo, con due sole camere prenotate, per il momento. È una situazione inquietante, anche perché non sappiamo che cosa accadrà a Pasqua, con i successivi ponti, a maggio e poi in estate. Quasi tutte le strutture alberghiere approfittano della pausa invernale per fare dei grossi investimenti. Si spendono soldi per ammodernare gli hotel, nella previsione che, al momento della riapertura e con già parecchie prenotazioni, potrà ripartire il flusso di cassa, quello che va a coprire gli investimenti e che consente l’occupazione dei lavoratori. Qui, invece, con questo scarsissimo livello di prenotazioni, si aggiungeranno ulteriori spese, oltre a quelle già sostenute. Non so quanto si potrà reggere”.
Secondo Fustinoni, “l’altro aspetto negativo è lo stop ai congressi e alle manifestazioni sportive, altri due settori dai quali traiamo linfa, oltre che dal turismo escursionistico e balneare. In pratica, non ci rimane più nulla su cui puntare. In questi giorni, una nostra collaboratrice si trova a New York, dove andiamo tutti gli anni a promuovere la Liguria presso il mercato americano. Questa volta si riscontrano paura e diffidenza e gli agenti turistici d’oltreoceano stanno rivolgendo il loro interesse altrove. Ci aspettano momenti durissimi. Noi riapriamo, perché è giusto aprire, anche per dare un segnale, ma non tutti ce la potranno fare. Rispetto allo scorso anno, è completamente diverso: perché le prospettive erano buone, i segnali erano positivi, la strada era stata riaperta. Facemmo tutti insieme un grosso lavoro di comunicazione e riuscimmo a salvare la stagione”.
Questa è una salita molto, ma molto più ardua da scalare. Perché bisogna andar contro alle ansie, alla paura delle persone, ai blocchi aerei, alle zone rosse dalla Lombardia e dal Veneto. “Sono molto preoccupata – racconta Olga Bacigalupo, titolare dell’Albergo Ristorante Monte Rosa di Chiavari e componente del direttivo dell’Associazione Albergatori di Chiavari – Da marzo a giugno è stato cancellato quasi tutto. E non solo da noi, ma anche in molte altre strutture. Avremmo dovuto riaprire il 2 marzo, per il momento abbiamo posticipato al 14 marzo, ma la situazione è in continua evoluzione e non sappiamo come andrà a finire. I voli per l’Italia sono stati chiusi, sicché gli stranieri non possono arrivare. Le regioni da dove proviene il nostro bacino italiano, Lombardia e Veneto, sono limitate. Gli eventi sono stati cancellati, le manifestazioni sportive pure. Chi ci viene nel Tigullio? Nessuno se la passa bene, perché se fanno poco gli alberghi, fanno poco anche i ristoranti e le altre attività”.
Ieri pomeriggio, intanto, gli operatori dei consorzi Liguria Together e Sestri Levante si sono riuniti, per fare il punto della situazione e cercare di studiare una serie di contromisure. “È fondamentale far sapere che si può venire in Liguria, che si possono frequentare bar e ristoranti, perché la situazione è sotto controllo. Altrimenti, qui chiudiamo tutti”, afferma Francesco Andreoli, presidente del consorzio Liguria Together, un ente che raduna alberghi, ristoranti e attività, nel settore turistico e recettivo. Allo studio, c’è una campagna di comunicazione per diffondere un messaggio di normalità. La riunione si è tenuta presso l’Accademia del Turismo di Lavagna e vi hanno partecipato circa cinquanta esercenti. Intanto Ugal Federalberghi Riviera di Levante (ovvero l’Unione dei Gruppi Albergatori del Levante) ha già stimato oltre settecento prenotazioni cancellate nelle strutture del Tigullio, per un totale di quasi duemila pernottamenti.
La situazione è assai tragica pure a livello nazionale. Nel prossimo trimestre, 1 marzo – 31 maggio, sono previsti trentun milioni e mezzo di turisti in meno in Italia, con una perdita di 7,4 miliardi di euro, secondo i nuovi calcoli di Confturismo-Confcommercio alla luce dell’evoluzione dell’ultima settimana dell’epidemia.
“La situazione è drammatica per tutto il comparto”, afferma il presidente di Confturismo-Confcommercio, Luca Patanè. “Purtroppo stiamo pagando le conseguenze di una comunicazione mediatica molto più letale del virus”. “Il peggior virus è l’isteria, grazie a questo siamo considerati come degli untori e così temuti e tenuti lontano”, sottolinea Patanè, secondo cui dev’essere “eliminata l’isteria dal sistema ricostruendo da subito un messaggio rassicurante e veritiero dello stato delle cose in Italia”. Per il presidente di Confturismo-Confcommercio “serve, da subito, prendere provvedimenti forti per immettere liquidità nel sistema dando un po’ di ossigeno alle imprese del settore, ma è necessario anche intervenire a livello governativo per far terminare i blocchi all’ingresso degli italiani nei paesi esteri e i blocchi ai flussi turistici degli stranieri verso l’Italia”. A un paese già malato da tempo, non serviva proprio anche il Coronavirus.