di DANILO SANGUINETI
Il maestro è qualcosa di più simile a un professore, a un insegnante che un semplice allenatore. Beninteso, parliamo di scherma, dove è necessaria una guida che indichi al discepolo la strada da scoprire per raggiungere la cima alla montagna, la via dell’eccellenza.
Maestri si diventa, non importa l’età, serve la saggezza accumulata in tempi che possono essere brevi ancorché intensi. Essere giovani ed avere dedicato gran parte della propria vita alla scherma, conoscere di questo mondo ‘a parte’ ogni angolo, una montagna di ore passate a fare pratica, a duellare, e un’altra valanga di momenti nello studiare la teoria, frequentare lezioni e infine trasferire l’intero bagaglio di nozioni sulla pedana, da maestro invece che allievo.
È la storia di Giacomo Falcini, che ha raggiunto questo status con invidiabile celerità, scalando la gerarchia dei maestri sino ad entrare e restare nello staff delle Nazionali, cioè all’interno di una squadra che è da sempre ai vertici delle classifiche mondiali, una mai arrestatasi macchina da medaglie iridate e olimpiche. Va detto che il 38enne Giacomo è stato avvantaggiato dal retaggio: nipote e figlio di schermidori (il papà Giovanni è uno dei pilastri della Chiavari Scherma), è cresciuto a ‘pane e lame’. A venti anni è stato campione mondiale nella categoria Giovani, ha indossato la divisa azzurra più volte, della Chiavari Scherma è stato atleta, istruttore e poi maestro, bruciando le tappe.
Oggi è il vertice tecnico della sua società, affiancato dal padre Giovanni. Ci sarebbe di che essere fieri, ma il suo talento nell’insegnare non è passato inosservato, al vertice lo hanno seguito, provato come istruttore delle nazionali giovanili e l’anno scorso promosso nella formazione top, inserendolo nello staff che segue la formazione di spada femminile. In queste vesti poche settimane fa ha partecipato ai campionati mondiali assoluti disputatisi a Budapest.
“Dove siamo andati a podio – informa – ma siamo saliti sul gradino più basso. Una medaglia che in altre occasioni ci avrebbe fatto piacere, in questa è stata accolta con un pizzico di rammarico perché erano in palio punti pesanti per strappare la qualificazione olimpica”.
Il vero obiettivo della spada femminile come di tutte le altre armi azzurre è quella di strappare il biglietto per Tokyo (tra un anno quasi esatto), la medaglia olimpica come il coronamento di un percorso agonistico e di vita. “Restiamo in piena lizza per andarci. Ed è quanto ci sostiene, noi maestri e le ragazze. Budapest ha tenuto aperta quella porta, i prossimi appuntamenti, a cominciare dalle prove di ottobre, dovranno spalancarla”.
Falcini continuerà a dividersi tra Chiavari e… il resto del mondo. “È faticoso ed esaltante al tempo stesso, la scherma è la mia vita, la società è la mia seconda famiglia”. E pure la prima, dato che lavora con accanto il padre e pure la consorte, il maestro Jessica Basso. “È vero, in un certo senso facilita perché ci intendiamo con un’occhiata, sappiamo benissimo i difetti ed i pregi l’una dell’altro”.
Una piattaforma ideale per lanciarlo verso la nazionale. “Ho lavorato sodo nelle giovanili, dal 2014, ho seguito il formarsi e lo sbocciare di diversi talenti che saranno l’ossatura della nostra spedizione in Giappone. Il c.t. Sandro Cuomo ha voluto offrirmi questa possibilità. Con le ragazze della spada abbiamo fatto bene, abbiamo ottenuto diversi piazzamenti importanti, ancora non basta però. Ci sarà da lavorare sodo, la concorrenza è agguerrita e i posti sono pochi”.
Tra un collegiale e un tour si sforzerà di dedicare il tempo rimanente alla società e anche alla famiglia. “Debbo e voglio essere accanto a Jessica che è in attesa del terzo figlio. Un’altra femmina, che si aggiungerà alle sorelline di 7 e 3 anni”. Il lieto evento è atteso per ottobre, e Giacomo ci sarà, costi quel che costi: “Naturalmente voglio esserci a dare il benvenuto alla terzogenita. Qualche viaggio in più, un paio di corse che serviranno a tenermi in forma”. Giacomo ride, la prospettiva di diventare ancora una volta papà rende accettabili anche le fatiche più improbe. E poi potrebbe essere una fatica ripagata: un’altra generazione di Falcini si sta formando, e se la genetica non mente, a breve papà Giacomo, mamma Jessica e nonno Giovanni potrebbero ritrovarsi ad allenare una squadra di spadiste – o sciabolatrici, o fiorettiste – che portano lo stesso cognome.