Analizzata nel numero scorso la situazione demografica, che come si è visto complessivamente tiene, l’altro grande tema che riguarda le comunità del Tigullio (ricordiamo che si tratta di un vasto territorio costiero tra Portofino e Sestri Levante, con un altrettanto vasto entroterra, e con una popolazione complessiva che sfiora i 150.000 abitanti) è quale sarà il suo futuro economico, ed in particolare se sarà possibile generare un numero di posti di lavoro sufficiente a trattenere sul territorio le giovani generazioni.
Come vedremo, l’argomento non sempre è al centro dell’attenzione dei decisori politici, e si registra un ritardo culturale importante nell’opinione pubblica presso la quale il tema dell’innovazione e delle trasformazioni gigantesche in atto nei sistemi economici più avanzati non sembra essere di grande interesse.
Nei decenni passati il Tigullio ha avuto la fortuna di essere un contesto economico a vocazione diversificata nel quale le varie attività presenti, industriali, artigianali, agricole, commerciali, turistiche, professionali e direzionali, riuscivano a combinarsi sul territorio in maniera abbastanza complementare ed equilibrata garantendo buoni livelli di reddito e di occupazione.
L’identità storica del territorio, i suoi caratteri peculiari, le sue bellezze e la sua cultura, l’orgoglio di essere una comunità adulta e consapevole, hanno consentito negli ultimi 50 anni di governare anche gravi processi di crisi economica (ad esempio quella della grande industria negli anni ’80) sfruttando la diversificazione delle attività e distinguendosi per visione e dinamiche socioeconomiche dall’area metropolitana genovese coinvolta nello stesso periodo in un grave processo di declino.
A nostro giudizio due elementi su tutti hanno consentito al Tigullio di reggere decentemente in questi anni la sfida dello sviluppo guidando le trasformazioni e collocandola dentro un contesto originale ed autonomo, rivendicato qui non per localismo ma per oggettiva constatazione della realtà.
In primis, la spiccata vocazione direzionale e formativa che ha visto concentrarsi nel naturale capoluogo di Chiavari funzioni di rango elevato (il Tribunale, l’Agenzia delle Entrate, la Curia vescovile, la sede dell’Asl, tutti i licei e le scuole superiori). Tali funzioni di rango elevato e le professionalità terziarie e di servizi ad esse collegate hanno consentito l’elaborazione di una visione moderna del futuro.
In secondo luogo, il legame molto forte con la Lombardia e Milano, non solo per la presenza ormai quasi domestica di popolazioni lombarde per le quali il Tigullio è davvero diventato una seconda patria, ma anche perché molti giovani del Tigullio hanno visto in Milano, più che in Genova, il loro capoluogo (quanti sono stati negli ultimi anni i giovani studenti che dalle nostre zone si sono iscritte alla Bocconi e alla Cattolica, come pure a scuole di design e di moda?).
I due elementi sono tra loro in qualche modo collegati: direzionalità e legame autonomo con la Lombardia e Milano hanno storicamente rinforzato la specificità del Tigullio e la sua identità che negli anni ’80 ha condotto alla richiesta della costituzione della quinta provincia ligure.
Negli ultimi tempi la crisi del capoluogo genovese, con il portato di egoismi mai sopiti della Superba, che nei momenti difficili cerca di sopravvivere a spese dei territori di Levante e di Ponente, sommate alle ristrettezze della finanza pubblica, hanno gravemente limitato e danneggiato l’autonomia e la direzionalità del Tigullio e di Chiavari.
Chiusura del Tribunale, ridimensionamento fino ad un mero sportello degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, chiusura della Commissione Tributaria, minacce ricorrenti sul mantenimento dell’Asl e dei suoi uffici direzionali, scomparsa della Tigullio Pubblici Trasporti assorbita dall’Amt sono tutti esempi di questo processo.
L’incomprensibile ed insensato inserimento del Tigullio nell’area metropolitana genovese, senza che di metropolitano nulla ci sia nel Tigullio, ha sancito questo processo che da tempo era nei fatti anche da un punto di vista formale ed amministrativo.
Il Vescovo e la sua Curia ed alcune innovative iniziative private che hanno generato posti di lavoro per giovani qualificati restano i pochi presidî di un rango e di una funzione elevati sul nostro territorio. Parliamo del polo tecnologico dell’Annunziata di Sestri Levante e di Wylab a Chiavari, che è l’unico incubatore di start up certificato della Liguria. Queste realtà consentono al Tigullio di vivere la fase dell’innovazione digitale non come semplice spettatore, e costituiscono una straordinaria opportunità per trattenere i nostri giovani sul territorio e non costringerli ad emigrare. Il collegamento di Wylab con il mondo dello sport, altra eccellenza del Tigullio, consente poi di immaginare attività turistiche di domani sempre più legate al mondo dell’attività fisica e del fitness.
Ma non c’è molto altro di nuovo in un comprensorio che continua a perdere ruoli e funzioni.
Come fa a pensare se stesso ed il proprio futuro un territorio deprivato delle sue funzioni terziarie di rango elevato? Quale visione di sviluppo economico è possibile elaborare se la gestione del territorio e le scelte urbanistiche di fondo spettano di diritto all’Area Metropolitana genovese, presieduta per legge dal sindaco di Genova (che oggi di tutto può occuparsi tranne che del Tigullio) ed in cui i consiglieri della città di Genova hanno un peso preponderante?
Il dibattito sul nuovo PUC di Chiavari dovrebbe occuparsi proprio di questo.
Tenuto conto del grave declino di funzione direzionale che Chiavari ha subito negli ultimi anni, come è possibile da parte dell’amministrazione non occuparsi della questione?
Come è possibile giocare l’ultima area libera e strategica, quella della Colmata a mare, che potrebbe essere uno straordinario volano per le attività terziarie direzionali e di servizi del futuro, per metterci un depuratore, un parcheggio e un polo scolastico per realizzare il quale non si troveranno mai i soldi?
Ma da Palazzo Bianco tutto tace, e l’interesse sembra piuttosto quello di riportare in auge anche solo per pochi mesi il piano regolatore di Agostino, che alla faccia dei proclami di rigore urbanistico più volte annunciati dall’Amministrazione consentirà un po’ di clientelismo edilizio qua e là: a Rovereto, a Sampierdicanne ecc.
Alcuni anni fa il Secolo XIX organizzò un importante convegno, ‘Tigullio al bivio’, in cui si celebrò l’ultimo confronto collettivo sul futuro del comprensorio.
Forse varrebbe la pena di organizzarne la seconda edizione.