Proponiamo, in questo numero di ‘Piazza Levante’, la seconda e ultima puntata del resoconto di un’escursione storica e naturalistica che gli studiosi Giorgio ‘Getto’ Viarengo e Claudia Vaccarezza hanno compiuto nei giorni scorsi lungo la piana dell’Entella. La seconda puntata è dedicata al racconto di Claudia Vaccarezza.
di CLAUDIA VACCAREZZA *
Da ormai vent’anni si discute della realizzazione di un argine che dovrebbe “mitigare il rischio idraulico” della piana agricola e dell’area urbana di Lavagna, oggi catalogate dallo strumento pianificatorio come ‘zona rossa’ per il rischio idrogeologico, discussione che ha bloccato qualsiasi idea progettuale che avesse al centro l’ampia area ortiva dalla storia millenaria che resiste tra il tracciato di via Fieschi e il fiume.
Il progetto prevede la distruzione del vecchio argine di epoca napoleonica, in buona parte ancora conservato, come si evince confrontando il manufatto con le tavole di progetto custodite nell’Archivio Storico del Comune di Lavagna, e la sua sostituzione con un muraglione che sigillerebbe la parte compresa tra l’argine e il fiume dal resto della piana agricola.
Dopo venti anni si torna a discutere di un intervento evidentemente abnorme, pensato in un momento in cui la rendita immobiliare garantiva appetibilità a terreni ancora produttivi, e che oggi, in piena crisi immobiliare, si mostra per quello che realmente è sempre stato: un progetto totalmente avulso da un contesto che, nel tempo, pur in mancanza di una pianificazione territoriale che prendesse in carico i valori non solo paesaggistici, ma soprattutto economici, ha saputo cogliere le potenzialità e ha avviato iniziative ‘dal basso’ volte alla valorizzazione delle produzioni orticole che serbano una rilevanza per le varietà di cultivar tipiche della piana dell’Entella (1).
Si tratta, quindi, di un progetto ormai obsoleto, inadeguato ai tempi, ma che anche nel momento in cui è stato redatto presentava criticità importanti. Infatti, analizzando nel dettaglio gli studi propedeutici alla redazione del Piano di Bacino, Piano che prevede altre opere decisamente meno impattanti sul territorio relative alle zone a monte, e che non sono state eseguite se non in minima parte, si comprende che chi ha redatto gli studi aveva una scarsa conoscenza del territorio. Al Piano sono state allegate alcune relazioni, tra cui la Paesaggistica, l’Urbanistica, la Geologica e l’Archeologica, che però sembrano essere state redatte esclusivamente su base bibliografica (2). I valori economici, storici e culturali insiti nella piana sono rimasti, quindi, oscurati.
Per la redazione del Piano di Bacino gli autori si sono avvalsi di una documentazione relativa alle ‘inondazioni storiche’ di cui però non è fornita la fonte e soprattutto che non è stata incrociata con la complessa storia dei ‘perimetri d’acqua’ collegati all’Entella, ai quali il paesaggio rurale degli orti era strettamente legato, ossia tutto il sistema di regimentazione delle acque provenienti dalla collina come beudi per l’irrigazione, canali scolmatori, pozzi di vario genere, che per tutto l’Ottocento hanno garantito una riduzione significativa di eventi alluvionali importanti (3).
Sistema di regimentazione la cui perdita di efficienza si è mostrata nella sua drammaticità nell’ultimo evento alluvionale del novembre 2014 che ha visto finire sotto il fango la porzione a monte del Ponte della Maddalena, sia dalla parte di Cogorno che da quella di Caperana, mentre la piana di Lavagna non sembra aver subito danni, se non in minima parte, grazie alla protezione dell’argine di epoca napoleonica che ancora una volta ha svolto egregiamente il suo compito, tranne nei punti in cui è stato maldestramente modificato.
In questi venti anni sono cambiate molte cose, è mutata la consapevolezza dei cittadini rispetto ai valori culturali, ricreativi e soprattutto economici compresi in particolare nell’area agricola della piana lavagnese, ma anche in tutti gli appezzamenti relitti (che sommati diventano una superficie rilevante) di Caperana, Cogorno e Carasco. C’è stata la pandemia che ha fatto apprezzare l’importanza degli spazi rurali nei quali trovare cibo genuino e la possibilità di stare all’aperto con maggiore libertà.
E quindi, perché non cogliere tutte queste nuove opportunità (4) che i tempi cambiati offrono a partire da produzioni di qualità, alla costruzione di reti economiche, per arrivare a proporre una fruizione di un territorio che nello stesso spazio comprende valori naturalistici di grande rilevanza (5), storico-culturali (6), e quindi ricreativi.
Ma quello che oggi appare come inevitabile porterà alla definitiva scomparsa dei valori inestimabili contenuti in questa porzione di territorio che, pur riducendosi significativamente negli spazi, ha saputo conservare fino al nuovo millennio, forme, manufatti, tecniche e cultivar plurisecolari e, controtendenza, ha visto proprio in questi ultimi anni il rifiorire delle attività agricole.
(* dottore di ricerca in Geografia storica per la valorizzazione del patrimonio storico ambientale)
Bibliografia:
1 – Un progetto di grande rilevanza è stato sviluppato da un gruppo di produttori con la collaborazione di agronomi per il recupero e la valorizzazione di 11 produzioni tipiche riconosciute dalla Camera di Commercio di Genova con il marchio ‘Antichi ortaggi del Tigullio’ (https://www.ge.camcom.gov.it/it/promuovi/prodotti-tipici/prodotti-agro-alimentari-marchio-collettivo/antichi-ortaggi-del-tigullio-mcg). Altre iniziative hanno riguardato l’avvio di produzioni biodinamiche e tradizionali con vendita diretta, il recupero di un’azienda di famiglia per la produzione di ortaggi per la vendita ma anche per la fornitura di piante da vivaio. La piana di Lavagna oggi, come nel passato, continua a servire di piante da orto e di sementi un’area molto più vasta che comprende, oltre al Tigullio, anche parte del genovesato. Si veda Regione Liguria, Antichi Ortaggi del Tigullio, Quaderno I, Associazione Liguria Biologica, 2001.
2 – Provincia di Genova, 2006, Ambito Regionale di Bacino 16 – Piano di Bacino Stralcio sul rischio Idrogeologico. Relazione Generale.
3 – Le tavole ottocentesche prodotte dai topografi piemontesi, e soprattutto quelle del catasto napoleonico, ci mostrano un sistema di regimentazione delle acque, sia per scopi irrigui, ma anche per scopi di contenimento, a dir poco imponente, soprattutto per quanto riguarda l’area di San Salvatore, Costa e Panési in comune di Cogorno. È un sistema che si è mantenuto quasi inalterato fino alla metà del Novecento, di cui è ancora possibile leggere qualche traccia sul terreno, e che sembra aver garantito dalle frequenti alluvioni, se è vero, come scrive Gio Cristoforo Gandolfi nel 1837, che l’opera realizzata sull’Entella offre altrui niente meno che un vero modello sulla condotta delle acque fluviali (Gandolfi G. C., 1837, Considerazioni agrario-economiche. Stamperia Argiroffo Chiavari). E in precedenza Agostino Bianchi scrive sempre a proposito delle acque dell’Entella e dei sistemi di controllo: ‘Io non vidi la pianura di Chiavari che nel 1799, e non mi azzarderò quindi a ragionare sul sistema tenuto da quegli abitanti per dirigere l’Entella. Non potrei farlo con precisione ciò di cui posso far fede si è che senza moli o costruzioni in pietra e calce quel grandissimo Torrente in tempo di acque magre ed acque medie è condotto incassato fino alla foce; che le materie non istemperabili si fermano nell’alveo e che le estemperabili ricolmano e rifioriscono di continuo le circostanti pianure laterali sulle quali si lasciano divagare le acque in tempo di piena, senza oppor loro altro ostacolo che delle frascate, le quali senza impedire il corso delle acque le obbligano a rallentarsi di moto, e deporre. Il metodo dei chiavarini meriterebbe di essere descritto accuratamente e fatto conoscere al resto della Nazione…’ (Bianchi A., Osservazioni sul clima, sul territorio e sulle acque della Liguria marittima di un coltivatore di Diano, Genova Tipografia T. De Grossi, 1818, II, p. 233).
4 – L’Osservatorio dei Fenomeni Urbani della Società Economica di Chiavari organizzò nel 2016 un convegno nazionale sul tema ‘Un futuro consapevole per le valli dell’Entella’ dal quale emersero varie proposte con al centro gli orti di Lavagna che si possono ritrovare in Società Economica di Chiavari, 2017, Quaderni dell’Osservatorio dei Fenomeni Urbani n. 3 – Un futuro consapevole per le valli dell’Entella. De Ferrari, Genova.
5 – Dalla foce fino a Carasco le sponde del fiume sono tutelate come Zona di Protezione Speciale ‘Foce e medio corso del Fiume Entella’ per la ricchissima avifauna stanziale e migratrice (Mariotti M., Arillo A., Parisi V., Nicosia E., Diviacco G., (a cura di), 2002, Biodiversità in Liguria. La Rete Natura 2000. Regione Liguria).
6 – La porzione degli orti della piana lavagnese è stata riconosciuta come paesaggio rurale storico di interesse nazionale all’interno del progetto del MIPAAF curato da Mauro Agnoletti dell’Università di Firenze in collaborazione con il Laboratorio di Archeologia e Storia Ambientale dell’Università di Genova (Agnoletti M., 2010, Paesaggi rurali storici. Per un catalogo nazionale. Laterza Bari, pp. 192-194).