di ALBERTO BRUZZONE
Fa sempre notizia. Nel bene o nel male, fa sempre notizia. Sarà perché ormai è di livello internazionale, sarà perché ha una storia particolare, sarà perché si è trattato di una delle più grandi exit nella storia delle startup italiane, ma Wyscout ha da sempre un’allure particolare.
Questa volta, però, non si parla di record, non si parla di primati né di nuove idee e professionalità di talento. Al contrario, si parla di venti persone che rischiano, assai concretamente, di perdere il posto di lavoro a Chiavari, dopo che la nuova proprietà dell’azienda, il colosso americano Hudl che ha rilevato l’attività da Matteo Campodonico nel luglio del 2019, ha annunciato di voler spostare parte del lavoro in India, utilizzando professionalità locali.
Un quadro preoccupante, di fronte al quale non ci sarebbe più nulla da fare per venti lavoratori della sede chiavarese, sui centoventi totali. Non è una dismissione in toto del quartier generale di Chiavari, ma venti persone senza lavoro sono tante, e l’allarme è stato lanciato nelle scorse settimane dai sindacati, e subito raccolto dalla politica.
Non succede in tutti i casi, né in tutte le vertenze lavorative, ma per Wyscout Hudl sì e l’esposizione mediatica, ma prima ancora politica e d’opinione pubblica, è stata notevole. Che fine faranno questi venti lavoratori? Da più parti si sente dire che gli americani hanno agito troppo frettolosamente, senza tener conto delle organizzazioni sindacali e senza provare a comporre delle soluzioni condivise, e ora tutto questo lavoro deve esser fatto in recupero, per evitare che l’affare si complichi notevolmente.
Se i licenziamenti saranno confermati, si dovrà passare attraverso un percorso di riqualificazione di queste persone, e naturalmente ci saranno accordi sindacali fatti di ristori, ammortizzatori sociali e buonuscite. È la conseguenza di una realtà che ha ancora un marchio e una storia chiavaresi, ma che di chiavarese non ha quasi più nulla, in quelle stanze dove si prendono le decisioni. Ed ecco che a rimetterci sono le maestranze locali.
A seguire la vertenza sono la Cgil e la Uil, che ieri hanno incontrato l’amministrazione comunale a Palazzo Bianco. “Abbiamo chiesto alla Giunta comunale di Chiavari di aiutarci in questa fase delicata a scongiurare i licenziamenti che sono un inizio di percorso – dichiara Fabio Servidei, Uiltucs Liguria – Le istituzioni a tutti i livelli si stanno attivando: occorre un tavolo istituzionale che definisca un piano B che garantisca continuità lavorativa per non disperdere le competenze e creare alternative. Ringraziamo il sindaco di Chiavari Messuti, gli assessori regionali Sartori e Piana e il vice sindaco di Genova Piciocchi che si sono attivati per studiare il caso e trovare una soluzione. Chiediamo un confronto anche con i parlamentari liguri affinché la questione di Wyscout sbarchi anche in Parlamento”.
“La Filcams Cgil – aggiunge Simona Nieddu, segretaria regionale Filcams Cgil Liguria – è al fianco dei lavoratori di Wyscout e delle loro famiglie in un momento difficile della loro vita che li vede passare da protagonisti di una azienda fiore all’occhiello dell’economia chiavarese a parte in causa di una procedura di licenziamento preoccupante e svilente per la loro dignità e professionalità. La Filcams Cgil sarà presente a tutti i tavoli istituzionali che ci si è premurati di attivare unitariamente con Uiltucs per garantire a questi lavoratori continuità occupazionale e ridare loro una prospettiva di futuro”.
E mentre sono in corso le trattative, si ragiona già su come aggiornare le competenze di queste persone. Un processo di “reskilling”, in senso tecnico, ovvero di ricostruzione delle capacità e delle competenze. È troppo presto per parlarne, ma la direzione è stata tracciata e, tra i parlamentari evocati dai sindacalisti, ecco parlare Raffaella Paita, senatrice ligure di Italia Viva: “Ho rivolto un’interrogazione al Ministro delle imprese e del made in Italy e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per capire se fossero conoscenza della situazione e quali iniziative urgenti intendano adottare al fine di fornire sostegno ai lavoratori licenziati e alle loro famiglie”.
Paita, intervenuta su sollecitazione di Silvia Garibaldi, consigliera comunale di Chiavari, chiede inoltre al Governo se non si ritenga necessario predisporre normative che obblighino le aziende, che decidono di delocalizzare, ad attivare per i lavoratori licenziati percorsi di indennizzo e di outplacement e organizzare, tramite gli enti locali (le Regioni in particolare), corsi di aggiornamento e strumenti volti alla riqualificazione professionale.
“Quali azioni il ministro interrogato – chiede inoltre Paita – intende attuare al fine di incentivare le altre aziende del territorio che si rendono disponibili ad assumere i lavoratori licenziati? Le imprese che decidono di delocalizzare rami d’azienda dovrebbero predisporre piani sociali e di indennizzo economico per i lavoratori sottoposti a licenziamento che coprano a livello economico il periodo di riqualificazione e di ricerca di nuovo impiego. Le istituzioni locali e la Regione dovrebbero attivare corsi di formazione e aggiornamento per lavoratori licenziati, al fine di facilitarne il reinserimento lavorativo: sarebbe quindi opportuno che i Ministri interrogati ponessero in essere azioni normative che incentivino e obblighino aziende ed enti locali verso la tutela dei lavoratori licenziati per i suddetti motivi”.