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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Vallate in crisi e sindaci sempre più eroi, dentro quel tunnel che non arriva mai

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di ALBERTO BRUZZONE

“Alla Liguria le infrastrutture servono come il pane e il tunnel della Fontanabuona, a mio avviso, è la priorità delle priorità”. Così, nello scorso numero di ‘Piazza Levante’, si è espresso il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, nell’ambito dell’intervista che il nostro settimanale ha voluto realizzare al governatore uscente, in occasione del numero 100.

Toti, che è in corsa per il secondo mandato (per quanto la sua ricandidatura non sia ancora pienamente ufficiale e si rimanga in attesa del via libera da parte di tutto il centrodestra), parlando del Levante genovese ha insistito sul fatto che, per un definitivo rilancio di tutto il comprensorio, dalla costa e sino alle vallate interne, servano due elementi prioritari: le infrastrutture e l’innovazione digitale.

Sono temi, entrambi, sui quali noi di ‘Piazza Levante’ abbiamo sempre messo l’accento, e che quindi ci trovano pienamente d’accordo. Mai, prima d’ora, il governatore della Liguria si era messo in una posizione così chiara e definita, rispetto al tunnel della Fontanabuona, opera necessaria quanto preziosissima per far uscire non solo questa vallata, ma anche quelle a essa collegate, da un isolamento che sta mietendo sempre più ‘vittime’, in termini non soltanto di posti di lavoro ma anche di residenti e di attività produttive ed economiche anche di medio e di piccolo livello.

A farci notare tutto ciò, è stato uno che la storia dell’entroterra la conosce molto bene, Renato Lagomarsino. “Ho letto l’intervista a Toti – osserva il presidente del Museo Biblioteca Lascito Cuneo di Calvari – e mi ha fatto veramente piacere, anzi mi ha addirittura sorpreso, la sua dichiarazione in merito al traforo per il collegamento della Fontanabuona all’autostrada. Sentir dichiarare da lui, che finora sull’argomento si è sempre dimostrato piuttosto tiepido, che ‘il tunnel della Fontanabuona è la priorità delle priorità’ costituisce un indubbio passo avanti nella conoscenza e nella considerazione di un’opera di cui, soprattutto dopo la crisi dell’ardesia, sovrappostasi e unitasi a quella generale, la vallata ha estremo bisogno. Ora c’è solo da sperare che dalle parole si possa passare ai fatti. Un po’ del merito, in tal caso, sarà anche di ‘Piazza Levante’, che ha strappato al governatore un’affermazione che vale quanto una promessa”.

C’è ‘fame’ di infrastrutture, ma soprattutto c’è fame di veder qualcosa di concreto, in questi centri urbani e in questi territori che un tempo fungevano da traino, e pure in maniera piuttosto importante, rispetto all’economia di tutto il Levante genovese.

“Senza infrastrutture siamo morti”, commentava, sempre a ‘Piazza Levante’, Gabriele Trossarello, per anni sindaco di Moconesi e ora assessore nella giunta formata dall’attuale primo cittadino, Giovanni Dondero. Il contesto della dichiarazione era l’annuncio, da parte della Netafim, azienda israeliana di primissimo livello nel campo dell’irrigazione, di volersi trasferire dalla Fontanabuona a Rapallo. L’ennesima ‘mazzata’, per un territorio già martoriato, a poche settimane di distanza da un’altra enorme crisi occupazionale, quella dell’Iml di Casarza Ligure, ed esattamente un anno dopo l’annuncio, poi concretizzatosi, del trasferimento della Astor dal Levante genovese a Casella.

In uno dei nostri editoriali più letti, il 17 maggio del 2018, parlammo dei ‘sindaci eroi’, ovvero di quegli amministratori che sono “l’unico punto di riferimento vero per le popolazioni che resistono sul territorio. Dei sindaci ‘eroi’, che rinunciando alla loro vita privata e sacrificando le famiglie, sono a disposizione ‘24/7’ del pubblico non solo per questioni amministrative legate ai compiti dei comuni ma per molto di più: dalla sicurezza pubblica al presidio sanitario, finanche alla vicinanza psicologica ad individui e gruppi in difficoltà. I sindaci eroi e le loro comunità vanno aiutati e sostenuti in ogni modo. Occorre far diventare il presidio e lo sviluppo delle aree interne una finalità assoluta della Regione Liguria. Primi segnali di attenzione sono contenuti nel rapporto Liguria 2022 di Ambrosetti, là dove si indica tra le politiche di sviluppo che devono essere attuate ‘Fare dell’Appennino Ligure il laboratorio della rigenerazione ambientale ed umana’ e si parla esplicitamente di progetti contro lo spopolamento delle aree interne. Ora si tratta di passare dalle enunciazioni ai fatti”.

E qui suonano le note dolenti. Perché se è pur vero, secondo Toti, che il tunnel è “la priorità delle priorità”, non si può certo dire che in questo quinquennio la Regione Liguria si sia ricoperta di gloria, in tema di politica e di tutela delle vallate. Così fare i sindaci in questo territorio diventa un fatto sempre più eroico. Va detto che il tunnel non sarebbe la panacea di tutti i mali, ma di certo aiuterebbe molto. Ma quali sono i problemi che toccano direttamente il nostro entroterra? Proviamo a riassumerli per punti.

  • Indebolimento dal punto di vista economico

Qualche giorno fa, Confindustria ha organizzato un interessante convegno per ribadire e ricordare a tutti quanto sia eccellente l’ardesia ligure. Questa è una delle specificità, se non la principale delle specificità, che per lunghissimo tempo hanno consentito alla Fontanabuona di esser florida. Poi, c’è tutto il fronte di quelle piccole e medie imprese che hanno sfruttato i vantaggi di questo territorio per prosperare. Ma sono proprio queste aziende, molte delle quali familiari, ad aver pagato più di tutte il prezzo della crisi e a scontare, giorno dopo giorno, l’ormai cronica difficoltà logistica, la frattura sempre più forte tra entroterra e costa, la difficoltà a raggiungere i caselli autostradali a causa di un traffico sempre più intasato. In questo contesto, sono entrati in sofferenza pure i negozi, specialmente quelli che vivevano di clientela proveniente dalle altre parti della regione. Strade sempre più difficili da percorrere, l’apertura dei centri commerciali e una mancata visione unitaria hanno messo in ginocchio storiche attività, molto e più anche rispetto alle vendite online.

  • Spopolamento

Con il mancare del lavoro, è iniziato un inesorabile processo di spopolamento, a cominciare dai comuni più lontani e sperduti. Una zona non produttiva è una zona dove diventa difficile abitare, tanto più se poi è difficile da raggiungere. Così sempre più famiglie si sono trasferite verso la costa, anche al costo di maggiori sacrifici economici.

  • Mancanza di servizi

Stretta conseguenza del primo e del secondo punto, è la mancanza di servizi. Nei giorni scorsi, si è tornato a parlare di tutti quegli istituti scolastici che sono in bilico, proprio per la mancanza di iscrizioni. Se non c’è domanda, parallelamente non c’è offerta. E a mancare sono pure le strutture sanitarie, oltre che i servizi di base al cittadino.

  • Mancanza di strutture turistiche

Al netto del lavoro, sicuramente encomiabile, fatto da alcune associazioni locali – su tutte si possono citare l’Osservatorio Raffaelli, il Consorzio Ospitalità Diffusa e il Parco Regionale dell’Aveto – mancano veri e propri investimenti dal punto di vista turistico. Ancora l’altra sera, a Santo Stefano, si è tornato a parlare del progetto di innevamento artificiale delle piste, una prospettiva che da tempo viene richiesta a gran voce e sulla quale Regione Liguria e Città Metropolitana erano parse molto sensibili. L’impressione è quella che non si riesca mai ad andare oltre ad iniziative della durata di un giorno: questo perché mancano strutture recettive adeguate e non c’è alcuna volontà di farle ripartire. Del resto, quale imprenditore si prenderebbe la briga di riaprire un albergo laddove i collegamenti sono difficoltosi e manca un’offerta turistica d’insieme? Un investimento, in questo senso, ha provato a farlo la Virtus Entella: la società biancoceleste vorrebbe trasferire a Santo Stefano d’Aveto la sede del proprio ritiro estivo. Per la vallata significherebbe centinaia di persone in più e un indotto sicuro. Ma dove far dormire tutte queste persone? Si torna al punto di partenza. E intanto la Colonia Piaggio, che tra pochi giorni andrà all’asta dall’improbabile cifra di partenza di cinque milioni di euro, sta lì, abbandonata, come monumento a quello che fu.

  • Difficoltà nel raggiungimento della zona

La madre di tutti i problemi. Del tunnel, corto o lungo che sia, si continua a parlare da anni. Così come del tema del prolungamento di viale Kasman, che dovrebbe far respirare almeno il fondo valle. Tanti discorsi, ma nessuna prospettiva sicura. E, altro dato nevralgico, nessuna visione unitaria, da parte dei sindaci della vallata, storicamente divisi in un eterno e infinito dibattito sulle infrastrutture.

  • Investimenti scarsi o pressoché nulli

A parte qualche singolo – da citare, senza dubbio, il bellissimo investimento fatto dal Caseificio Val d’Aveto – e a parte la buona volontà di qualche amministrazione locale, questi territori sono stati lasciati a morire, a cominciare proprio dalle amministrazioni centrali. La cancellazione della Provincia di Genova in favore della Città Metropolitana, come scritto da ‘Piazza Levante’ più volte, è stata l’atto finale di un processo di inaridimento di risorse e d’interesse nei confronti dell’entroterra. Nessun investimento neppure in favore della tecnologia: come si può parlare di maggior crescita, dal punto di vista del digitale, se molte zone di queste valli non sono neppure raggiunte dall’Adsl? Se interi centri, come raccontato dal nostro settimanale, sono rimasti per lungo tempo senza linea telefonica, a seguito di guasti e inadempienze, semplicemente per il fatto che queste zone non sono considerate ‘commerciali’ e quindi rimangono di nullo interesse per i gestori?

Eppure il Rapporto Ambrosetti, che viene citato a più mani, indicava una strada precisa, a proposito di valli. Val la pena ricordare i tre punti.

  • Favorire e sostenere in ogni modo le imprese artigianali, commerciali, turistiche, agricole, agroalimentari e dell’allevamento presenti sul territorio e promuovere e sostenere in esse l’insediamento delle giovani generazioni.
  • Promuovere, favorire e sostenere progetti di turismo sportivo ed escursionistico anche attraverso l’adeguamento delle strutture ricettive per l’accoglienza dei praticanti lo sport e dei turisti in generale.
  • Lavorare per promuovere attività formative sul territorio atte a favorire la permanenza delle giovani generazioni ed il loro inserimento in attività economiche coerenti con le vocazioni dell’entroterra.

Alla fine di queste montagne, scendendo verso il Piacentino, si incontra il paese di Bobbio. Non sono molti chilometri di distanza, ma in confronto sembra di essere sulla Luna. Qui, grazie a una sinergia tra privati, enti locali e Regione Emilia Romagna, non solo è stato fermato lo spopolamento, ma si ritorna a vivere volentieri. Non solo le fabbriche non sono entrate in crisi, ma sono stati creati posti di lavoro. Non solo le scuole non sono state chiuse, ma è stato riaperto un asilo.

Lungi dal voler fare raffronti impietosi, è semplicemente per dire che le possibilità ci sono, che non tutto è perduto per sempre. Ma la sfida di voler salvare un territorio dev’esser fatta ogni giorno, anche attraverso progetti che abbraccino più generazioni.

L’anno scorso, per la prima volta, il contest Liguria Crea Impresa, promosso da Wylab e dall’Associazione Tigullio Crea Impresa, ha fatto tappa il Val Fontanabuona. Sono emerse decine di idee per rilanciare questa terra, più di quante ci si sarebbe mai aspettati. Se la buona volontà c’è e la visione prospettica pure, è già un buon primo passo. Il resto lo dovrà fare una politica in grado di ragionare sull’entroterra in ottica di sistema e di risorsa, e non soltanto nel momento dell’emergenza. Se è vero che del tunnel c’è bisogno come il pane, anche di queste terre e di questa gente che le popola, c’è bisogno come il pane.

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