Glocal… no social
Settimanale di attualità, economia e sport

Ultima edizione

Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Trump e i media di destra: quando le critiche al suo operato arrivano da quelli che un tempo erano amici

Dopo il “Liberation Day” del 2 aprile, il “Wall Street Journal” ha definito la guerra commerciale avviata dal presidente come “la più stupida di sempre”
La Casa Bianca torna a essere la residenza di Donald Trump
La Casa Bianca torna a essere la residenza di Donald Trump
Condividi su

Prosegue il nostro rapporto di collaborazione con la piattaforma ‘Jefferson – Lettere sull’America’, fondata e guidata dal giornalista Matteo Muzio. Il portale di ‘Jefferson’, con tutti i suoi articoli e le varie sezioni, è visitabile all’indirizzo https://www.letteretj.it, da dove ci si può anche iscrivere alla newsletter.

di MATTEO MUZIO *

Torniamo a novembre scorso, quando in America i principali quotidiani stavano dando i loro endorsement. Il ‘Wall Street Journal’, fedele alla sua tradizione, non si è schierato: non lo fa da quando appoggiò Herbert Hoover nel 1928. Però ha pubblicato due editoriali piuttosto chiari. Nel primo ha puntato il dito contro Kamala Harris, definendola impreparata e pericolosa per le sue posizioni “troppo di sinistra”. Il giorno dopo ha tracciato un ritratto di Trump in chiaroscuro: certo non perfetto, ma molto meglio di un “quarto mandato di Obama”, smussando le paure su derive autoritarie, senza però dimenticare le critiche alle politiche economiche considerate troppo “pro sindacati”, sospinte dal populismo di J.D. Vance.

Torniamo al presente: Trump ha fatto causa al WSJ per aver pubblicato un articolo su un biglietto di auguri discutibile che avrebbe mandato nel 2003 al controverso finanziere Jeffrey Epstein. Nel disegno si vedeva una figura femminile con la firma “Donald” all’altezza del pube. Trump dice che è un falso e ha contattato Rupert Murdoch per bloccare l’articolo dopo aver telefonato alla direttrice del quotidiano Emma Tucker, ma non ha ottenuto nulla. Questa tensione fra Trump e Murdoch non è nuova. Già nel 2016, Murdoch era del partito “chiunque tranne Trump”, salvo poi cambiare idea e invitare i repubblicani a compattarsi dietro di lui. Da lì è iniziata una strategia ambigua: critiche feroci alternate ad applausi per alcuni risultati, grandi lodi sul ‘New York Post’ e sulla ‘Fox News’, dove ogni sera Tucker Carlson portava il pubblico sempre più a destra.

Questo equilibrio si rompe nel 2020, quando ‘Fox’ annuncia la vittoria di Biden in Arizona. Da quel momento, Murdoch ha cercato alternative a Trump, come il “DeFuture” Ron DeSantis, promettente governatore della Florida. Però gli elettori hanno continuato a preferire l’originale, facendo vincere a Trump tutte le primarie repubblicane.

E così, Murdoch prova ad adattarsi, di nuovo, ma questa volta senza troppe lodi. Anzi: dopo il “Liberation Day” del 2 aprile, il WSJ ha definito la guerra commerciale avviata da Trump come “la più stupida di sempre”. E quando la Corte del Commercio Internazionale ha bocciato la Casa Bianca sul tema dei dazi, specificando che la decisione spetta al Congresso, un editoriale – curato dalla parte più conservatrice del giornale, quella delle opinioni guidata da Paul Gigot, che per giunta è anche un volto di ‘Fox News’ – ha dato un’altra stoccata, dicendo che il tribunale aveva “rimesso a posto il presidente”.

Molti editoriali continuano ad attaccare il protezionismo esagerato di Trump. Lui risponde a modo suo, ribattezzando il giornale come il “Woke Street Journal”. Le critiche da destra a una politica economica poco ortodossa lo infastidiscono, soprattutto perché il WSJ è da sempre il paladino del libero mercato, anche quando prende posizione opposta a Trump. Però non sacrifica la coerenza: il giornale supporta il presidente nel tagliare i fondi ai media sovvenzionati dal governo o nello smantellare il Dipartimento dell’Istruzione.

Anche di fronte alla causa personale però Murdoch non molla. Difende l’indipendenza del WSJ, che resta il faro del conservatorismo serio e continua a scavare nella presidenza Trump. Come nel caso della rivelazione secondo cui il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, avrebbe convinto Trump a non licenziare Jerome Powell dalla guida della Federal Reserve, spiegandogli in modo semplice che questo gesto avrebbe fatto impennare l’inflazione. Non esattamente un gesto conciliante, ma così il giornale dimostra di non piegarsi, in un panorama in cui altri media più grandi – come la CBS – spesso si adeguano alle pressioni del presidente. Il WSJ lo fa sapendo di avere dietro Murdoch, che continua a proteggerlo a spada tratta.

(* fondatore e direttore della piattaforma ‘Jefferson – Lettere sull’America’)

Ultimi video

Intervista a Simone Franceschi, vicesindaco della Città Metropolitana: “Nessun fermo ai lavori sull’argine dell’Entella"
"Ancora nessuna ufficialità sulle alternative al depuratore in colmata. Se Chiavari dispone di elementi utili, ce li comunichi”
Chiavari, la variante al Puc divide: opposizione all’attacco, depuratore ancora al centro del dibattito. Silvia Garibaldi abbandona l’aula
“Provvedimento 'illegittimo e irricevibile', errori marchiani che rendono fragile la posizione contraria alla costruzione del depuratore in colmata"

Altri articoli

Tunnel della Val Fontanabuona, entro fine mese Autostrade replicherà al Ministero. Conferenza dei servizi in autunno

Giancarlo Durante, presidente di Confindustria Tigullio: “Noi siamo fiduciosi ma restiamo vigili. Il Tunnel della Val Fontanabuona è un progetto finanziato e il suo iter sta andando avanti"

Tra fede, tradizione e partecipazione Recco celebra la sua patrona, al via la Sagra del Fuoco

È la festa identitaria della città. I Sette Quartieri lanciano un’iniziativa solidale per Gaza con i mascoli in miniatura