di DANILO SANGUINETI
Il corpo è un tempio: il primo dogma della religione dei salutisti a volte intersezionale, spesso contrapposta alla setta dei culturisti. Entrambe le scuole di pensiero si affidano a narratori che usano come pergamena sulla quale raccontare storie la superficie, visibile e no, dell’essere umano. Una narrazione che non fa venire la pelle d’oca, neppure provoca brividi, semplicemente decora l’epidermide.
Il dibattito sui tatuaggi contrappone coloro che sono sincretisti in estetica ai tradizionalisti che vedono nelle incisioni fatte sul corpo il segnale distintivo di due categorie sociali: i marinai e gli individui poco raccomandabili. Dal punto di vista antropologico il tatuaggio è un segno magico, testimonia le credenze o celebra l’appartenenza alla tribù. Definizione che pare essere conservata, mutatis mutandis, nel giudizio che i sociologi contemporanei danno della epidemia ‘tatuale’ scoppiata tra gli abitanti del Primo Mondo.
Una moda che suggerisce collegamenti inaspettati tra gruppi, paesi ed ambienti diversissimi tra loro. Forse il tatuaggio è l’ultimo rifugio dei resistenti all’omologazione, il tattoo, spesso plurimo, esteso o nascosto, chiassoso o raffinato, caratterizza. Ed è pure un mezzo per eliminare le frontiere; un Tribale od un Old School e le barriere culturali cadono una dietro l’altra. Un intermediatore culturale di indiscusso successo è William Tronchi installato con il suo armamentario di aghi e colori al centro di Gattorna, in via del Commercio 11.
In una valle, la Fontanabuona, che è stata a torto o ragione considerata fortino di conservazione e prudenza, come si accorda con ‘l’antico sentire’ una attività artistica così up-to-date? Il maestro incisore di scorze umane smonta lo stupore altrui. “Certe distinzioni non valgono più. Qui, come ovunque nella nostra zona, le cose cambiano in maniera tumultuosa. Mi basta ripensare a quanto accaduto tra oggi e quando aprii ‘Kreion Tattoo’ nel settembre 2016. È stato un crescendo continuo di apprezzamenti e un costante afflusso di persone che si rivolgevano al sottoscritto. Il passaparola tra le persone di qui ha funzionato alla grande. Qui arrivano da lontano oppure da… dietro l’angolo. Non riesco a fare distinzioni, non c’è una categoria che prevale”.
Ad onta della concorrenza che è forte in un settore che tira alla grande, a dispetto della sua giovane età (33 anni), William si è guadagnato la fama di artista dotatissimo. Che prova a ignorare per sottolineare unicamente l’autenticità della vocazione. “Alla base c’è un grande amore per il disegno e la pittura. In famiglia me lo deve avere trasmesso il nonno, che aveva una mano formidabile. Sono nato a Stoccolma, ma a 4 anni sono tornato in Italia con il resto della famiglia. Ho frequentato l’Istituto Statale d’arte, mi sono diplomato nel 2009, e fin da allora avevo in testa di fare questo. Ho affrontato dei corsi di perfezionamento, tra i quali quelli dell’Asl per imparare a lavorare in perfetta sicurezza e usare i materiali giusti”.
La scelta di trasferirsi a Gattorna e creare ‘Kreion Tattoo’ in contemporanea con quella di mettere su famiglia: la moglie, la gentilissima Giulia, gli fa da manager e gestisce i lati amministrativi del laboratorio, oltre che essere mamma di uno splendido bambino. “Sono le fondamenta della mia vita. Con Giulia ci consultiamo su ogni lavoro, su ogni aspetto commerciale o artistico del laboratorio. Se miglioro, lo devo esclusivamente a loro”.
Ed i progressi sono tali che hanno cancellato ogni dubbio sulla scelta della sede. La pragmatica Giulia lo sottolinea. “In partenza, pensammo anche a una sede sulla costa del Tigullio, nella nostra Chiavari o vicino, dove c’è più gente e che d’estate si riempie di turisti ma poi riflettemmo sul fatto che andarsi a tatuare non era come comprare il pane o la frutta, necessità quotidiana. Se uno è apprezzato vale la pena percorrere una decina di chilometri per avere un tatuaggio, che il più delle volte è operazione una tantum”.
Per chi avesse ancora dubbi e non fosse ammaliato dalla visione dei lavori di William, Giulia fornisce un dato: “Lavora cinque giorni su sette (no domenica e lunedì), per dodici mesi, mattina e pomeriggio. Eppure nella agenda non ha ‘un buco’ prima di fine giugno…”. Un artista che piace al colto e all’inclita: “Si rivolgono a lui uomini e donne in percentuali direi identiche. I giovani sono prevalenti ma non dominanti, anche mio padre, a 65 anni, ha deciso di fare il salto e si è rivolto a William”. Che a sua volta specifica: “Prediligo le opere indelebili. A richiesta posso eseguire un tatuaggio temporaneo, ma è chiaro che certi effetti, certe sfumate in questo caso non sono possibili, la resa per forza di cose è differente”.
La paura che pure il corpo diventi niente altro che un ‘Piccolo spazio pubblicità’ viene arginata quando ci si confronta con la sua estetica. “Il tatuaggio per me è un modo per marcare la propria individualità. Non ci sono e non possono esserci due lavori identici: se puoi ripetere il disegno non puoi replicare ‘il fondo’ che lo ospita e soprattutto il modo con il quale viene portato, mostrato e valorizzato”.
Il ‘Tatuator Cortese’ William Tronchi ha un seguito così vasto perché sa guidare chi si rivolge a lui, soprattutto quando incontra neofiti o persone molto giovani. “Mettendo da parte i miei interessi consiglio loro di riflettere molto bene sulla scelta prima e poi sul disegno, la scritta e, soprattutto sulla parte del corpo dove collocare il tattoo. Rammento che per chi non è maggiorenne occorre il consenso scritto di entrambi i genitori o di chi ne fa le veci. L’autorizzazione copre la parte giuridica della scelta, non quella psicologico-fisico. Ai ragazzi indico le parti meno soggette a modifiche nel corso degli anni, ricordo che il loro corpo sta ancora crescendo e quindi le immagini o le parole di oggi potrebbero allungarsi e perdere di significato domani, pur in presenza di un lavoro indelebile”. La prudenza consiglia di essere preveggenti. Per coloro che si sono esaltati alla visione del ‘Gladiatore’ o di ‘Fight Club’ meglio evitare citazioni e aforismi in lingue straniere, meno che mai in quelle ‘morte’. A passare da Orazio a Plauto è un attimo. Metti che l’amata di un tempo si chiamasse Rosa e che per fare il figo hai scelto la citazione ‘Stat Rosa pristina nomine’ dal celeberrimo romanzo, e film. Passerai la vita con le altre partner a sostenere che sei un cultore dell’Eco. Umberto.