di ALBERTO BRUZZONE
Tiziana Ferrario è una collega professionalmente inappuntabile, oltre che un prezioso manifesto per tutto il suo impegno civile. Da qualche anno non lavora più in Rai e ha deciso di concentrarsi, con giusta e sacrosanta dedizione, nella difesa dei diritti delle donne, un tema sempre attuale e di fondamentale importanza, sul quale non bisogna veramente mai distogliere l’attenzione.
Lo fa attraverso interviste, attraverso campagne e anche attraverso il suo mestiere, quello di giornalista, quello che svolge da quarant’anni e che l’ha portata alla conduzione del Tg1, l’ha portata su alcuni caldissimi fronti di guerra (dove ha documentato conflitti e crisi umanitarie), l’ha portata a essere corrispondente da New York.
Di battaglie, insomma, se ne intende, ne ha una lunghissima esperienza e quelle che hanno a che fare con l’ideologia, il pensiero e le mentalità sono complesse tanto quanto quelle armate, se non a volte di più. La violenza è sempre sullo sfondo, in un caso e nell’altro, ma sono gli strumenti che cambiano e la ricerca e l’applicazione della cura migliore sono l’obiettivo finale da perseguire.
Lei ha deciso di farlo attraverso la scrittura e dopo ‘Orgoglio e pregiudizi. Il risveglio delle donne ai tempi di Trump’ è arrivato nei giorni scorsi, sempre per l’editore Chiarelettere, un nuovo lavoro. S’intitola ‘Uomini, è ora di giocare senza falli’ e la metafora calcistica è piuttosto chiara, perché vuole sottendere completamente un altro discorso.
Qui, infatti, non si parla di pallone, non si parla di sport, ma si parla di nuove consapevolezze, di rispetto, di un nuovo e necessario modo di essere uomini, dell’indispensabilità di un ‘patto di collaborazione’ uomo-donna, perché soltanto dietro a questo si può cominciare realmente a parlare di parità di genere, di uguali condizioni sul posto di lavoro, di superamento del ‘gender gap pay’ e di tanti altri mali che ancora affliggono la nostra società, spesso moderna soltanto a parole.
Serve un ‘patto di collaborazione’ per superare quel maschilismo odioso e ancora troppo dilagante, per nulla costruttivo e anzi sempre distruttivo. “Ma se questi – afferma Tiziana Ferrario – sono argomenti che ormai fanno rapida presa sulle donne, e che vengono trasmessi sin da quando sono bambine, non c’è ancora altrettanta sensibilità nel mondo maschile. Se vogliamo davvero difendere i diritti delle donne, queste hanno bisogno di un prezioso alleato: qualsiasi uomo che la pensi come loro”.
È questa la linea di fondo del volume, duecentoquaranta pagine che contengono testimonianze dirette, interviste, cataloghi del meglio e del peggio, esempi da seguire ed esempi da non seguire, test e lettere aperte.
Di primo acchito, quello di Tiziana Ferrario (nella foto in alto di Mirta Lispi) potrebbe sembrare un libro scritto e indirizzato soprattutto alle donne, perché parla di come ‘difendersi’ dai maschi in ufficio, nella politica, in famiglia, nelle relazioni umane e sociali. Ma poi, pagina dopo pagina, ci si accorge che è l’esatto contrario e che, invece, i primi destinatari sono proprio gli uomini.
Mutuando il pensiero di Diane Russell, che fu una delle prime a teorizzarlo, oltre che la prima in assoluto a introdurre il termine ‘femminicidio’, ovvero quel delitto commesso da un maschio che uccide la femmina, l’autrice riprende il concetto della società patriarcale come origine di tante disuguaglianze. Va ritrovato un equilibrio, è assolutamente necessario negli anni Duemila e anche per questo motivo la giornalista chiama a testimonianza alcuni di quelli che definisce ‘uomini nuovi’ e che hanno dato il loro contributo: il giornalista e autore tv Riccardo Iacona, il conduttore Federico Taddia, lo scrittore Matteo Bussola, il cantautore Roberto Vecchioni e molti altri.
Sono tante le forme di maschilismo, più o meno occulte, più o meno plateali: Tiziana Ferrario le inanella una dietro l’altra, non risparmiando l’ironia e, quando serve, pure un sano disappunto. Il corollario degli esempi attraversa tutto il quotidiano: la politica, lo sport, la scienza, la chiesa, le redazioni dei giornali e dei telegiornali, il mondo dello spettacolo (e qui si accenna anche al movimento ‘MeToo’).
Bella la parte dedicata a Papa Francesco, “il primo Papa a difendere i diritti delle donne in maniera così netta”; belle le lettere aperte che Tiziana scrive ai colleghi conduttori e alle colleghe conduttrici in televisione. Ai primi dice: “Il vostro modo di proporvi puzza di maschilismo. Il continuo ammiccare alle belle ragazze che vi circondano negli studi è stucchevole, come i doppi sensi che non riuscite a trattenere, perché siete stati educati a un modello che si adattava bene a una società di cento anni fa”. E alle colleghe: “Non sprecate l’occasione che avete di trasmettere un’immagine della donna diversa e di aiutare un’alleanza con uomini nuovi, contrapposta al maschilismo, che probabilmente avete sperimentato anche di persona”.
Secondo l’autrice, “è necessario capire che in una società avanzata, la donna è una risorsa enorme anche in termini di indicatori economici, come dimostrano tutti gli studi. La donna contenta, realizzata e felice è una persona che sta meglio con se stessa e, di conseguenza, con gli altri. Occorre una sempre maggiore educazione in questo senso sin da piccoli, a partire dal mondo della scuola”.
Ma va pure conosciuto il rischio rappresentato dai social: lo insegna, ad esempio, il caso della maestra di Torino costretta a licenziarsi dalla sua dirigente scolastica dopo la diffusione di alcune sue fotografie private che lei aveva inviato al fidanzato dell’epoca e che lui, una volta lasciati, ha diffuso su una chat di amici, commettendo chiaramente un reato.
“Le ragazzine spesso confondono l’amore con il possesso. Chiaramente non è il caso di Torino, dove ci sono reati conclamati, ci mancherebbe altro. Ma parlo di quelle più giovani: serve una nuova educazione sentimentale che scacci via per sempre la figura della donna sottomessa”.
A inizio libro, Tiziana inserisce una frase di Aristotele: ‘Nel confronto fra il maschio e la femmina, l’uno ci si mostra superiore, l’altra inferiore; l’uno quindi fatto per comandare, l’altra per obbedire’. Resta un grande pensatore, ma questa frase è agghiacciante nel 2020. “Assolutamente agghiacciante. Ma rende bene l’idea di com’era la mentalità degli antichi. Solo che sono passati due millenni e questa mentalità non ce la possiamo davvero più permettere. Va estirpata alla radice”.
Ma il maschilismo è una questione di destra e sinistra? Perché viene il dubbio che, a volte, sia un tema strumentalizzato politicamente: “Io credo che debba rimanere un tema trasversale. Atteggiamenti di superiorità degli uomini nei confronti delle donne li vedo un po’ in tutti gli schieramenti. La destra ha molte più donne, in questo momento, nei ruoli apicali, ma bisogna anche vedere che modello ha in mente questo schieramento, perché se è quello classico della famiglia patriarcale, allora non ci siamo”.
L’ultimo aspetto sono le donne maschiliste: “Ci sono, nel libro ne parlo. Sono come portatrici sane asintomatiche. Ma poi si manifestano e sono insopportabili, perché hanno rinnegato la loro natura e a volte si camuffano da uomini prendendone il peggio”. Come in tanti processi dell’umanità, per progredire servono le menti migliori. E qui, davvero, il genere conta poco. Perché devono essere sia da una parte che dall’altra.