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Giovedì, 8 giugno 2023 - Numero 273

La Comunità Slow Food della Valfontanabuona per la valorizzazione della cultura e tradizioni della vallata

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di DANILO SANGUINETI

“Chinati giunco che passa la piena”. Sembra Sicilia, è Fontanabuona dove in tanti, troppi, sembrano pensare che basta mettersi al coperto, stare immobili e far finta di niente (un po’ come il Prodi-semaforo del geniale Corrado Guzzanti) sarà sufficiente per uscire dagli ‘anni horribiles’, che sono almeno dieci e continuano… La vallata patisce, scivola in sofferenza che è prima economica e poi, seguendo il prevedibile ciclo di caduta, sociale e culturale. Il rischio è quello del ripiegamento su se stessa, il rassegnarsi a un progressivo impoverimento della visione, al declassamento di un’intera comunità che esce dalla cronaca e sbiadisce nella Storia. Per fortuna persino qui, nella ‘Liguria profonda’, c’è chi conserva la volontà, non si rassegna; ci sono persone che non gettano la spugna, che intendono giocare fino in fondo la partita del riscatto. La ricetta appare semplice: puntare sulle qualità, non esaltare i difetti, tagliare corto con i lamenti per le disgrazie, confidare nella valorizzazione di quanto di buono è rimasto, consapevoli che c’è e che non è poco.

La bandiera è stata alzata due anni fa da diversi coraggiosi, giovani e no, imprenditori che qui stanno investendo e che qui hanno le loro radici. Basta poco per iniziare, basta una scintilla, quasi un pretesto, tipo quello di fondare una associazione accolta nel grande circuito di Slow Food, la ‘Comunità Valfontanabuona – per la valorizzazione della cultura e tradizioni della vallata’. La scintilla fu accesa da Marina Demartini che a distanza di tre anni, una pandemia e una crisi economica dopo, racconta: “Nell’agosto 2020 lessi su Facebook un post di una persona che si lamentava che nessuno facesse nulla per la Valfontanabuona. D’istinto risposi che se nessuno si mette in gioco in prima persona e aspetta che siano gli altri a impegnarsi non si farà mai niente. Lamenti del tipo ‘armiamoci e partite’. Dopo qualche settimana contattai alcuni volenterosi che sapevo avevano le mie stesse idee e preoccupazioni. Tutti mi risposero ‘noi siamo pronti a metterci in gioco’. In piena pandemia, dopo alcuni rinvii, il 9 settembre 2020 posammo la prima pietra della Comunità Valfontanabuona. Un gruppo WhatsApp per tenerci in contatto, il numero degli interessati cresceva. Arrivati a una trentina di volontari, ci vedemmo di persona per gettare giù idee e punti fissi. Al primo posto: niente politica. Due: partire dalla necessità delle piccole aziende, di chi abita in valle. Tre: non pensare a grandi progetti, ma solo a cose realizzabili”.

Altro incontro a Monleone, oltre cinquanta aderenti. Emerge la necessità di avere un nome e uno status, un ‘contenitore’ nel quale riconoscersi. “Associazioni o consorzi ci sembravano troppo costosi e forse troppo impegnativi, prima volevamo consolidare il gruppo. Abbiamo saputo delle Comunità Slow Food che hanno come principio la valorizzazione di territorio, cultura e natura delle Valli. Una comunità di persone, chiunque può partecipare costa poco, per i primi tre anni si rimane iscritti gratis”. Comunità Slow Food Val Fontanabuona per la valorizzazione dell’entroterra. Se Marina è la portabandiera, Sandro – il Sandro Bragoli, di Terrazze Bacigalupo di Pian dei Preti a Tribogna parte consulente finanziario, parte agricoltore proiettato nel futuro – è il mastermind della Comunità.

I fontanini illuminati cominciano a selezionare vari gruppi di lavoro, aziende agricole, ristoranti, gruppi sportivi, Pro Loco, privati. Nasce un mercatino agricolo. A Gattorna si è formato un gruppo coeso fra B&B, agriturismi, case vacanze. Si apre un sito, www.valfontanabuona.org. A gennaio di quest’anno il gruppo operativo giudica che sia giunto il momento di presentarsi in grande stile ad amministratori ed operatori economici. Oltre a confermare l’adesione al circuito Comunità Slow Food si decide di produrre una targa in ardesia con stampato il logo della Comunità (la scritta sovrastata da una chiocciola rossa) da apporre a fianco dell’insegna di ogni azienda.

L’accelerazione è segnalata dalla valanga di proposte che la Comunità da settimane sforna a getto continuo. Superata la fase di prova, si comprende che c’è lo spazio per farsi conoscere e la volontà per essere compresi. Bragoli è un fiume in piena. Giovedì 9 marzo nel Comune di Moconesi lui e gli altri fondatori in rappresentanza degli oltre 40 iscritti alla Comunità incontrano consiglieri regionali e quasi tutti i sindaci della Fontanabuona. Ad ascoltare i ristoratori, locandieri, gestori di B&B e titolari di aziende agricole. Un passaggio fondamentale, una prima vittoria, ma Sandro ‘Tornado’ Bragoli è già oltre. Sta meditando su come agganciare e portare nel suo campo ‘la Costa’, le ricche città turistiche del Tigullio con le quali interagire per allargare la loro offerta turistica e deviare il flusso turistico verso i suoi posti.

“Ho in programma diversi incontri con i presidenti delle associazioni dei commercianti e con gli assessori al turismo di queste città per studiare una politica comune: penso a un format che prevede gite in pullman per i turisti: come vanno alle 5 Terre o all’Acquario di Genova perché non possono fare un giro esplorativo della Fontanabuona?, L’idea è quella di deviare un pezzo del flusso turistico invece che lasciarlo sulla costa. A volte si tratta di pensare solo ‘out of the box’, fuori dagli schemi”.

Naturalmente bisogna essere flessibili da entrambi le parti dell’altalena… “Il guaio è che dalla abolizione delle comunità montane in poi si è assistito a una parcellizzazione dei referenti, non sai a chi rivolgerti, devi mettere insieme decine di enti, persone, teste, interpretazioni. Noi come Comunità andiamo da Leivi e Cogorno sino a Lumarzo e Neirone, ci proponiamo di bypassare anche questo problema: serve uno standard comune di offerta e serve coordinazione. Faccio un esempio pratico: se un ente turistico o un comune della costa mi manda su un pullman Gran Turismo con 50 persone servono dei posti dove il pullman può arrivare, alloggiare e dei ristoranti dove dar da mangiare a 50 persone contemporaneamente, non tutti sono in grado”.

Il che farà sorgere le solite invidie e spuntare gli inevitabili mugugni. “Ci sarà anche qualche malcontento, naturalmente. Serve lo spirito della Comunità che è nata appunto per mettere per dare una mano a tutti. Bisogna bilanciare le cose e far capire lo spirito delle iniziative alla gente. Essenziale l’aspetto comunicativo, arrivare a ogni operatore, non dare per scontato alcunché”.

La Comunità ha infatti pagine Facebook (aggiornatissima) e Instagram oltre al sito. “Abbiamo pronto il calendario dell’attività, stanno cominciando collaborazioni fra le singole aziende. Per esempio io con Terrazze Bacigalupo sto preparando un tour esperienziale (giro che prevede la visione delle varie attività della azienda ndr). Circa 60 minuti fra vigneto, uliveto, noccioleto misto Chiavari, seccatoio e stalla/fienile. I due manufatti saranno restaurati con fondi Pnrr della cultura. Il giro sarà aperto alle scuole con cartellonistica specifica. È chiaro che dovrà appoggiarmi ad altre strutture della mia zona per accogliere le comitive di turisti-studenti”.

Il modo di ragionare del signor Bragoli, semplice, diretto, spesso incontestabile, ha spaventato i ‘soliti noti’. Qualcuno dietro le spalle sussurrava ‘cui prodest?’ e ‘cosa gliene viene in tasca?’ Bragoli se la ride: “Hanno detto che volevo fare il sindaco, poi il consigliere regionale. Io rilancio: perché non senatore? Purtroppo certi meccanismi di pensiero, arrugginiti e imbullonati nella testa di alcuni, sono duri da smontare. Penso anche alle opinioni su alcuni grandi temi”.

Per esempio il Tunnel… “Io faccio l’esempio delle Langhe. Zona del Piemonte, decentrata, mal servita dalla rete di trasporti, l’autostrada ancora da terminare. Eppure se uno legge La Malora di Fenoglio, autore che adoro, comprende che settanta-ottanta anni fa erano tra i posti più poveri d’Italia e invece ora sono tra i più ricchi. Perché sono stati bravi, hanno sviluppato il territorio, hanno valorizzato le loro eccellenze e le persone ci vanno a prescindere dal percorso per arrivare. Chiariamoci io sono favorevolissimo al Tunnel, però non si può aspettare, vederlo come panacea per tutti i mali. Se iniziassero domani i lavori, quanto ci vorrà per vederlo operativo? Nel frattempo che facciamo?”.

Non contento, smonta la favola di ‘aspettando il traforo’ con una osservazione finale. “Mi hanno raccontato che la settimana scorsa a Cichero, nei tre agriturismi del posto, c’erano solo danesi, svedesi e tedeschi. Significa che la difficoltà nell’arrivare è soprattutto nostra, ed è mentale, cioè se uno vuole arrivare, arriva comunque. Se allora se io do delle motivazioni perché la gente venga sarà più semplice domani convincere lo Stato a farci il Tunnel. E una volta che ci sarà non potremo adagiarci. Mi concedete una battuta? Il Grande Raccordo Anulare è stata una grande realizzazione per Roma ma non mi risulta che abbia portato grande traffico turistico a Tor Pignattara”.

Ha ragione da vendere, speriamo che venga compreso sino in fondo. Siamo pur sempre il paese del ‘Particulare’, dove l’individualismo ottuso è norma. L’emblema scelto dai fondatori di Comunità Valfontanabuona è significativamente la Chiocciola: segno letterale che indica l’animale prosperante sulle colline a nord e sud del torrente, segno ideale che rammenta una poesia che tanti anni fa era quasi obbligo imparare a memoria: “Viva una bestia/Che unisce il merito/Alla modestia. Viva la Chiocciola/Caro animale”. Un animale umile e resiliente, saggio e tenace. Un mollusco gasteropodo che va a spasso negli orti. Gli orticelli (concreti e no) dei quali troppo ancora si schierano ad ostinata, e storicamente vana, difesa.

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