di DANILO SANGUINETI
One more cup of coffee for the road. Una tazza per il viandante. Oggi risalire le valli alle spalle del Tigullio più che un’impresa è un’opportunità, una fuga dalla pazza folla. In ogni caso serve sempre la giusta dose di caffeina per tenere lontani i cattivi umori. E la stazione di rifornimento per il soul food è lo Slow Caffè di Maurizio Daneri situato all’imbocco della provinciale 33, quella che porta al triplice varco: tirando dritto si va in Val Graveglia, puntando a Nord Est si entra nella Vallesturla, piegando a manca c’è la Fontanabuona.
Chiamare lo Slow Caffè di via Moggia 93-95 bar sarebbe fargli un torto. È un’area di servizio fuori autostrada per automobilisti, motociclisti, ciclisti e pure pedoni, tutti coloro che aborrono le infernali macchinette di serie e le torrefazioni un tanto al chilo. Qui ogni chicco è calibrato con amore. La posizione strategica permetterebbe una minor attenzione, puntando sulla inevitabilità della sosta: chi sale verso i monti e le valli, chi scende verso la costa e il mare da queste parti deve passare, stessa solfa per chi si scaraventa verso il trafficatissimo casello di Lavagna e l’autostrada A12.
Il titolare dell’esercizio non ci ha pensato neppure per un attimo. La scelta includeva una visione più ampia di quella legata al mero profitto. “Se fosse stato solo per quello avrei potuto continuare a fare quello che mi aveva tenuto impegnato per decenni, l’agente di commercio – ammette Maurizio Daneri – Invece a più di 40 anni ho pensato di reinventarmi e di costruire qualcosa ex novo o quasi. Nel 2014 ho rilevato quello che era un bar di quartiere, anzi di sestiere, dato che si chiamava ‘Bar dei Sestieri’ e l’ho rinnovato. Il primo punto fermo della mia visione era quello di mantenere la polivalenza della licenza commerciale concessa sia per il servizio di bar-caffè che per la tabaccheria. Proprio perché vedevo il mio locale come una ‘stazione di posta’ dove i viaggiatori possono trovare tutto ciò che serve per proseguire il loro itinerario. Siamo in una via di grande traffico, circondati da rimesse, autosaloni, cantierini e fabbrichette. Non avrebbe avuto senso pensare a un locale chic dove si trascorrono i pomeriggi e le sere nel beato ozio. I nostri clienti sono ‘passanti’ nel senso pieno del termine. Infatti ho adeguato gli orari e le date di apertura alle loro abitudini: da lunedì a venerdì dalle ore 3 alle ore 16; sabato/domenica dalle 3 alle 12”.
Il mattino oltre all’oro ha in bocca anche il sapore delle colazioni servite allo Slow Caffè. “Nel pur non enorme spazio a disposizione (24 posti a sedere all’interno) chi ci viene a trovare avrà ogni comfort: parcheggio privato, aria condizionata, accesso disabili, possibilità di portare il proprio animale domestico, wi-fi”. Quindi caffè ma anche tavola calda e fredda, tabaccheria. Perché allora Slow Caffè? “La scelta sottolinea la volontà di tenere un approccio differente con la clientela (in neppure troppo velata polemica con gli altri bar e ristori della zona, ndr). Anche se per pochi minuti qui da noi ci si può rilassare, magari un quarto d’ora ma seduti e ‘coccolati’, o almeno ci proviamo”.
Il canto ammaliatore dei naviganti viene ‘suonato’ nel cuore della notte da colazioni abbondanti, brioche e focaccia, innaffiate da caffè e cappuccini, con l’avanzare della luce e l’approssimarsi dell’alba ecco panini e piadine, insalate e insalatone, toast di ogni foggia, allo scoccare del mezzodì i piatti si scaldano e c’è spazio anche per primi e secondi, nostrani e standard.
Il successo ha arriso al locale da subito. “Sì, senza falsa modestia, posso dire che anche l’approccio mio e di mia figlia oltre che della unica nostra dipendente, ha pagato. Chi ogni giorno va avanti e indietro sulla SP 33 si ferma volentieri per un break. Le cose hanno marciato nel modo giusto da subito, e per anni siamo andati avanti bene, con fiducia. Purtroppo poi sono arrivati tempi complicati: non parlo tanto della pandemia quanto dell’aumento dei costi, che negli ultimi mesi ha subito un’accelerazione spropositata. Alla soglia dei 50 anni sono costretto a rivedere i miei piani”. Il che non significa che l’agile vascello ormeggiato in via Moggia intenda alzare bandiera bianca. “Assolutamente no. Il nostro giro è consolidato e almeno per il momento ci conferma la sua fiducia. Certo, spero di fare meno salti mortali e di avere un po’ di respiro, ben consapevole che questo non dipenda da me e neppure da quelli chi ci stanno intorno. Speriamo che da lassù, dal Governo e similia, arrivino segnali incoraggianti”. Un locale dedicato ai lavoratori, se dovesse sparire il lavoro ne conseguirebbe che… Qui si rifocillano impiegati, operai, commessi, studenti, pure qualche contadino delle piane del lungofiume; chissà se per loro vale ancora l’appellativo di parte sana del Paese.