di ANTONIO GOZZI
In una bella intervista rilasciata nei giorni scorsi a Massimo Minella per ‘La Repubblica’ Renzo Piano esprime con grande chiarezza e con tutto il suo fascino l’idea di fondo che sta dietro l’edificio che andrà a completare il quartiere urbano della Fiera di Genova nel cuore del Waterfront di Levante.
L’archistar ha chiamato questo edificio ‘Fabbrica delle idee’: si tratta di un incubatore/acceleratore di startup, un laboratorio, un contenitore dentro il quale far crescere un progetto che nasce leggero, come compete ad una start-up ,ma che può irrobustirsi e correre sempre più velocemente.
Sarà un edificio di tre piani, trasparente, che attraverso il vetro mostrerà alla città il suo vivere quotidiano. Avrà un piano terra aperto a tutti, con servizi per i giovani studenti e start-upper, un primo piano di 4000 metri quadrati dedicato alle start-up, un secondo piano con un auditorium da 150 posti e aree per studio e coworking e un terzo piano di hospitality. Sul tetto pannelli solari, per rendere energeticamente autosufficiente l’edificio; tutto intorno, alberi che verranno piantati alti già dieci metri e che in poco tempo raggiungeranno i 14 dell’edificio.
Renzo Piano nell’intervista ha dichiarato: “Questa idea delle start-up è la grande rivoluzione delle imprese e delle università degli ultimi 20 anni. Lo verifichiamo con i progetti che stiamo seguendo nel mondo, da New York a Parigi, fino ovviamente a Genova”.
Sempre di più infatti gli studenti delle università, o in procinto di uscire dalle università, pensano al loro futuro in termini di imprenditorialità e creazione di nuove imprese; appunto, le start-up.
Piano continua dicendo che “a fianco delle start-up è opportuno che ci siano anche le aziende con le loro direzioni, per favorire un dialogo costante e arricchente per entrambe”.
Genova, con l’amministrazione Bucci, riesce oggi a realizzare questo grande progetto finalizzato ad abbandonare il declino e l’idea di declino, concentrato sul mantenimento dei giovani creando per loro opportunità di lavoro, orientato a consolidare il rapporto Genova-Liguria-Milano sulle ali dell’innovazione e delle politiche per i giovani.
Tutto bello e tutto giusto. Ora bisognerà occuparsi della gestione quotidiana della ‘Fabbrica delle idee’ perché esprima concretamente tutta la sua potenzialità.
Per me e per i chiavaresi un grande rammarico. Come ho già detto altre volte, più di dieci anni fa nell’interlocuzione positiva con l’Amministrazione Levaggi e con l’architetto Gianni Peruggi, che per quella Amministrazione stava predisponendo il nuovo piano regolatore, Duferco aveva proposto per l’area di Colmata chiavarese un’ipotesi identica a quella del waterfront genovese di oggi.
L’Amministrazione Comunale di Levaggi aveva recepito quell’idea; l’architetto Peruggi, per evitare il rischio di ogni possibile speculazione, con grande rigore aveva legato, nella previsione urbanistica, la dimensione dei volumi da realizzare all’occupazione creata: zero occupazione, zero edificazione.
Avremmo avuto incubatore, una ‘Fabbrica delle idee’ per giovani e start-up, anche noi l’avevamo chiamata così, e spazi direzionali per imprese che li chiedevano, tra cui appunto Duferco.
Avremmo avuto un centro di attività di studio e di ricerca anche sull’economia del mare, quella che oggi si chiama blue economy, proprio in faccia al mare.
Noi saremmo stati disponibili a portare a Chiavari la sede di Duferco Energia, che allora contava 300 dipendenti e che oggi, a Genova, in zona portuale, davanti alla Facoltà di Economia, ne conta quasi 600. Pensate che cosa poteva significare per il commercio cittadino, per i bar, per i ristoranti, dopo l’effetto tremendo della chiusura del Tribunale, riportare a Chiavari un centro direzionale di questa dimensione.
Poteva essere un’opportunità per rilanciare il ruolo della nostra città, sempre più declinante, con funzioni di terziario avanzato, e per costruire occasioni di lavoro e di impresa per i nostri giovani super scolarizzati che sempre di più, purtroppo, sono costretti ad abbandonare la nostra terra per cercare lavoro altrove.
Quell’idea era un’idea intelligente e vincente, tanto che molti anni dopo Bucci e Piano la ripropongono per il capoluogo.
Purtroppo le Amministrazioni che sono venute dopo Levaggi, prima quella di Di Capua e poi quella di Messuti, e il movimento politico che le ha sostenute hanno pensato bene di opporsi a quella idea tacciandola di intenti speculativi, identificando nel sottoscritto lo speculatore per definizione. Esse hanno sostenuto allora, dimostrando la loro ignoranza totale di dove stava andando il mondo e di quali erano le dinamiche per il rilancio praticate ovunque, che non si dovevano realizzare fabbriche di fronte al mare; non capendo, o facendo finta di non capire, la differenza tra una fabbrica materiale e una fabbrica immateriale quale appunto è una fabbrica di idee.
Un provincialismo culturale e di idee deprimente, alimentato di propaganda, di stupidaggini e falsità, di atteggiamenti discriminatori nei confronti di un imprenditore cui invece la città sta a cuore, come forse si può evincere dalla storia recente della Virtus Entella.
E cosa si è scelto di fare al posto della ‘Fabbrica delle idee’ sull’area di Colmata, nell’area più pregiata della città? Il depuratore delle acque nere di un comprensorio di 140.000 abitanti equivalenti, quella sì una vera fabbrica chimica, con un impianto lungo 350 metri, largo quasi 40 e alto 8. Un muro a fil di banchina costosissimo per difendere l’impianto dalle mareggiate e che impedirà la vista del mare, un camino per i fumi piazzato nel bel mezzo del porto turistico, camion che andranno avanti indietro tutti i giorni per portare via i fanghi di risulta, senza contare lo sconvolgimento che i lavori provocheranno per anni a quella zona della città.
Peccato, si è persa una grandissima opportunità che alcuni chiavaresi avevano intuito prima degli altri.
Fu così anche per il progetto di trasferimento a Chiavari di alcune attività universitarie. Si trattava di portare a Chiavari un Centro Interuniversitario che avrebbe visto impegnate quattro Università: l’Università di Genova, lo IULM di Milano, l’Università Cattolica di Milano e l’Università di Padova dove all’epoca insegnavo.
Il progetto era pronto e avevamo anche reperito fondi e locali. L’avevo curato con grande impegno come vice-sindaco dell’Amministrazione di Renzo Repetto. Vittorio Agostino vinse le elezioni del 1992 sostenuto dalla Lega; gli chiesi un incontro per passargli, come doveroso quando avvengono cambi di amministrazione, le consegne con il dossier ormai in fase esecutiva. Mi aspettavo interesse e collaborazione. Era l’ottobre del 1992. La segretaria mi disse che il Sindaco era molto impegnato e non mi poteva ricevere fino al maggio del 1993.
Anche in quel caso una grande occasione persa.
Nessuno è profeta in patria.