di ANTONIO GOZZI
Nel suo appassionato intervento al Senato sulla tragedia di Cutro, Matteo Renzi ha testualmente detto: “L’identità nazionale, da Virgilio che immagina la fondazione di Roma attraverso un popolo di naufraghi fino a quel pescatore di Cutro, verso il quale dovremmo tutti inchinarci perché non ha dormito la notte per andare a recuperare i corpicini, l’identità nazionale italiana è quella di chi salva le vite, non di chi difende i respingimenti… signor Presidente, voglio che quest’aula ricordi la figura del Comandante Todaro, che lavorava per la Regia Marina sotto i comandi del Duce, e che quando il 16 ottobre del 1940 la sua imbarcazione distrugge il piroscafo belga prende i 26 naufraghi e li mette prima su una zattera e poi a bordo, e li salva… è lui l’identità italiana, non un decreto… e questo Comandante Todaro è quello che quando i nazisti lo vogliono in qualche modo moralmente processare, e un suo collega gli dice ‘non sei un Don Chisciotte del mare, questa è la guerra, qui non c’è il buon samaritano’, ‘del mare’, lui gli risponde, ‘io avverto il peso di duemila anni di civiltà’. Ministro Piantedosi, su quella sedia ci sono duemila anni di civiltà: siate all’altezza dell’identità nazionale”.
Efficace sintesi di un ragionamento, tante volte ripreso sulle pagine di ‘Piazza Levante’, relativo a ciò che distingue e deve continuare a distinguere gli italiani nelle percezioni degli altri popoli, specie di quelli del bacino del Mediterraneo. Questo tratto identitario è quello che ci ricorda Renzi: l’empatia, la capacità di accogliere e dialogare con altre culture e genti, la mancanza di presunzione e arroganza, la condivisione della sofferenza e del dolore degli altri che solo un popolo come quello italiano, che anche lui è stato di poveri e di migranti, sa comprendere.
Questa identità non è, né deve solo essere, un tratto morale, etico: fa parte di quell’antropologia e di quei valori che consentono al nostro Paese di declinare e coltivare senza vergogna il tema degli interessi nazionali nel bacino del Mediterraneo.
Basta viaggiare e lavorare in Algeria, Tunisia, Libia, Albania, Montenegro, Macedonia, Grecia per comprendere come il tema della cooperazione e del supporto allo sviluppo sostenibile di questi Paesi veda l’Italia in posizione privilegiata, e ciò in ragione proprio di quell’identità che Matteo Renzi ha richiamato nel suo intervento al Senato.
In questi Paesi il ruolo dell’Italia crescerà esponenzialmente nei prossimi anni se avremo chiarezza di visione e capacità di realizzare progetti concreti.
Godiamo già oggi, da parte di quei popoli, di una straordinaria simpatia ed empatia. La vicinanza culturale di appartenenti alla stessa storia e allo stesso mare fa sì che nei nostri confronti non vi sia la stessa diffidenza o antagonismo che invece sono riservati a nazioni occidentali più importanti dell’Italia. Ciò rappresenta una grande opportunità e un reale vantaggio competitivo che il sistema Italia tutto, dalle imprese alle istituzioni politiche e culturali, deve saper cogliere.
La consapevolezza e la lealtà dell’appartenenza all’Occidente e al suo sistema di alleanze non pregiudicano la possibilità di perseguire legittimamente i nostri interessi, diventando anzi, nei confronti di quei popoli e di quelle nazioni, un ambasciatore ‘gentile’ dei valori e della cultura delle libertà individuali, del libero mercato, dei sistemi di welfare.
Il momento è particolare. Questioni economiche e geopolitiche, di strategia e sicurezza si intrecciano inesorabilmente. La vicenda della guerra russo-ucraina farà per lungo tempo da spartiacque tra un’era nella quale la globalizzazione e i suoi imperativi di riduzione dei costi comparati e di specializzazioni produttive facevano premio su tutto, ed un’era nella quale anche il commercio internazionale sarà inevitabilmente guidato da principi e criteri di sicurezza e affidabilità strategica e si regionalizzerà di più.
Il Mediterraneo torna strategico anche da questo punto di vista: acquisti di gas dall’Algeria, dalla Libia, dall’Egitto, da Israele si combineranno con la grande crescita in quei Paesi delle energie rinnovabili, della produzione di idrogeno e di nuove connessioni sia elettriche che per il gas. Tutto ciò costituirà uno straordinario banco di prova per l’Italia e per il suo sistema di imprese, e per la capacità, che dovremo avere, di capire le esigenze e le aspirazioni di quei Paesi, di cooperare con loro e di supportarli nei loro precorsi di crescita e di sviluppo.
Il tema delle migrazioni non è avulso da questo contesto. Anche in questo caso un principio di accoglienza regolata non è solo il frutto di duemila anni di civiltà ma anche un’esigenza che l’economia e la demografia dell’Italia avvertono da tempo.
La gravissima carenza di manodopera e le esigenze delle imprese, la necessità assoluta di innesti di popolazioni giovani che compensino l’inesorabile invecchiamento della popolazione e il nostro calo demografico, le opportunità e le strutture formative che possono essere messe a disposizione in Italia dei giovani delle nazioni del Mediterraneo destinati a diventare classi dirigenti nei loro Paesi (e, perché no, anche nel nostro) costituiscono altrettanti banchi di prova di un grande disegno di cooperazione internazionale.
Certo l’Italia non può fare da sola, e c’è bisogno anche dell’aiuto europeo perché l’Italia è una frontiera europea. Ma noi dobbiamo dimostrare di essere all’altezza di duemila anni di civiltà: il comandante Todaro deve diventare l’esempio di una cultura, e la nostra Guardia Costiera, corpo di straordinaria capacità e dedizione, a quell’esempio glorioso si deve ispirare.