di ALBERTO BRUZZONE
La formazione dei ‘tre tenori’ del Tigullio Occidentale non cambia. Matteo Viacava, Carlo Bagnasco e Paolo Donadoni potranno continuare a ‘cantare’ tutti insieme, nel senso di amministrare i loro rispettivi comuni: Portofino, Rapallo e Santa Margherita Ligure. Mentre il primo non è stato coinvolto nella tornata elettorale, la riconferma è arrivata sia per il secondo che per il terzo.
Bagnasco, che si aspettava di vincere al primo turno con almeno un 60%, ha addirittura sfiorato l’80%, centrando un risultato mai visto prima a Rapallo. Donadoni, che in molti alla vigilia davano in difficoltà, è riuscito comunque ad avere la meglio con un buon margine su due avversari di un certo peso: l’ex sindaco Claudio Marsano, uno che in città conta ancora molto, e il giovane e assai promettente Guglielmo Caversazio, ragazzo molto in gamba e del quale sentiremo ancora parlare perché ha saputo coinvolgere molti giovani nella ‘cosa’ pubblica ed è un prodotto del Partito Democratico certamente preparato.
Donadoni e Bagnasco hanno dimostrato, con la loro rielezione, una sola, unica verità: di essere semplicemente più bravi degli altri. Proprio come, un anno fa, ha fatto Valentina Ghio a Sestri Levante. E quando sei più bravo, quando sai ascoltare le persone, quando sei presente, quando trasmetti sicurezza, le cose poi vanno da sole.
I ‘tre tenori’, volendo anche aggiungere il quarto, ovvero il neo sindaco di Recco, Carlo Gandolfo, rappresentano pure un altro segnale: che il ‘Modello Liguria’ di Giovanni Toti ancora funziona e che proprio questa porzione di Tigullio, insieme a Recco per quanto riguarda il Golfo Paradiso, può essere una delle basi su cui costruire e rinsaldare il consenso in vista delle prossime elezioni del 2020, ovvero quelle del presidente della Regione Liguria e del consiglio regionale.
Toti, che da quando è in sella ha saputo incamerare vittorie di peso, anche in Comuni mai conquistati prima (Genova è il caso più eclatante), ha più di un motivo – e più di una ragione – nello stigmatizzare la sempre più magra performance di Forza Italia, che perde consensi a scapito della Lega e, ultimamente, anche di Fratelli d’Italia in una emorragia continua. Non è per nulla improbabile, quindi, anche ascoltando i rumors, che nasca un nuovo movimento, di qui alla primavera del 2020, nel quale far confluire le varie ‘anime’ di questa Liguria votata al centrodestra.
Singolare, in questo senso, il caso di Paolo Donadoni. Perché mentre Bagnasco nasce tradizionalmente in ambienti di centrodestra (suo padre Roberto è attuale deputato di Forza Italia e la famiglia è da sempre vicina ai più stretti collaboratori di Berlusconi), il sindaco rieletto di Santa Margherita esce fuori nel 2014 come ‘delfino’ dell’ex primo cittadino Roberto De Marchi, e quindi legato maggiormente ad ambienti democratici di centrosinistra. Poi, con l’amministrare, ecco che nasce questo bello spirito di collaborazione con i comuni viciniori.
Non si ricorda nella storia una simile comunione d’intenti fra Portofino, Rapallo e Santa Margherita: un’intesa che la devastante mareggiata di fine ottobre, con la strada interrotta verso il Borgo, due porti devastati, centinaia di milioni di danni e una lunga serie di attività distrutte, ha ulteriormente corroborato. Per questo si parla di ‘tre tenori’ e per questo la rielezione di Bagnasco e Donadoni non va letta esclusivamente dentro i rispettivi comuni di Rapallo e Santa Margherita, ma va inserita all’interno di un contesto ben più ampio.
Non è sfuggito ai più come nelle immagini della festa di Carlo Bagnasco ci sia anche Paolo Donadoni. Il sindaco di Santa, una volta rieletto, poteva lasciarsi andare a una cerimonia meritata con i suoi. Ma ha voluto anche andare a salutare il collega vicino: perché sono proprio loro, i sindaci, i primi a ragionare, finalmente e giustamente, nell’ottica del sistema. Una simile ‘squadra’ sarebbe stata possibile se al timone di Santa ci fossero stati Marsano o Caversazio? Probabilmente no.
Forse Carlo Bagnasco e Paolo Donadoni sarebbero stati rieletti comunque, ma è indubbio che l’aver gettato lo sguardo, da parte di entrambi, oltre i propri confini, ha dato agli elettori quella spinta in più, quella sicurezza in più, quell’ottica unitaria che di questi tempi è quanto mai necessaria, in un mondo globalizzato dove se ti arrocchi e rimani isolato non sei il più forte come un tempo, ma sei al contrario quello perennemente sconfitto.
Un simile atteggiamento di sana collaborazione, all’insegna dell’onestà intellettuale, è invece quello che è sempre mancato nell’altra parte del Tigullio, quella orientale. Con un sindaco dell’altra sponda (Valentina Ghio) e un commissario straordinario a Lavagna, Chiavari, sotto l’amministrazione Di Capua, ha completamente abdicato al suo ruolo di capofila, adottando spesso una politica autoreferenziale che l’ha portata a cercar collaborazione, finora, solo quando c’è stato un interesse specifico (leggasi la partita sul depuratore comprensoriale).
Invece i ‘tre tenori’, dall’altra parte, stanno a dire che, ormai, il centro nevralgico del Tigullio è nettamente spostato a ovest. E su questo Chiavari, con una politica miope e ambigua, ha le sue precise responsabilità.
Detto del Tigullio occidentale, dove l’usato ‘garantito’ ha tenuto piuttosto bene, detto anche (in un altro articolo di questo numero) della scalata che attende a Lavagna il neo eletto Gian Alberto Mangiante, il resto sono conferme da una parte e volti nuovi dall’altra. Ha voluto virare la Val d’Aveto, con il cambio sia del sindaco di Santo Stefano (Giuseppe Tassi al posto di Maria Antonietta Cella), sia di quello di Rezzoaglio (Marcello Roncoli al posto di Daniele Mareschi).
Sono invece rimasti in sella Giovanni Collorado (Castiglione Chiavarese), Claudio Magro (Moneglia), Franco Canevello (Avegno), Giuseppino Maschio (Borzonasca), Vittorio Centanaro (Leivi), Danilo Repetto (Mezzanego), Stefano Sudermania (Neirone), Giuseppe Garbarino (Uscio). A Ne, passa Francesca Garibaldi per sedici voti, a Cogorno riecco in sella l’ex consigliere regionale Gino Garibaldi.
A Carasco e Moconesi, sindaci eletti già la domenica sera, a urne ancora aperte. Appena è stato superato il 50% dei votanti, Massimo Casaretto e Giovanni Dondero, candidati unici, hanno potuto festeggiare. A differenza dei ‘tre tenori’ della costa, se la ‘canteranno’ da soli. Ma è sempre meglio della fredda e burocratica figura di un commissario.
A tutti, ma proprio a tutti, l’augurio di un buon lavoro.