di ALESSANDRA FONTANA
La storia non si fa con i se e con ma, questo è un fatto. Eppure, una volta trovato un progetto dimenticato, risulta difficile non chiedersi come sarebbe il futuro delle valli del nostro entroterra. La riflessione, come spesso succede, ha trovato una piazza sui social network grazie alla passione di Fabio Galli che, scartabellando qui e là, si è trovato di fronte a una lettera e al progetto di una ferrovia che avrebbe collegato Genova a Borgotaro, coinvolgendo e collegando le vallate.
“Si tratta di una sovracoperta di lettera partita da Borzonasca il 20 aprile 1883 (mittente il Sindaco) e diretta al presidente del Comitato promotore della Ferrovia da Genova a Borgotaro pel (ovvero passando per il Monte Penna): ma ve la immaginate la Stazione del Treno a Prato Sopra la Croce – racconta lui stesso – sarebbe stata la quart’ultima fermata, prima di quella a Bedonia, successivamente quella di Albareto per poi giungere finalmente a Borgo Val di Taro, capolinea della tratta?”. Vista la condizione delle strade e la fatica impiegata – anche grazie alle battaglie sui giornali – per farle sistemare, questo progetto sembra fantascientifico o un mero esercizio di fantasia. E invece era reale: “Comune di San Colombano Certenoli, delibera nr. 1 del 25/2/1883. Ferrovia Genova-Borgotaro per il Monte penna”.
Il Sindaco G.B. Simonetti illustra il progetto dell’Ing. Cav. Carlo Navone, deputato provinciale, che contempla una strada ferrata dal Bisagno alla Presa con lo sbocco in Fontanabuona presso Ferriere. “Essa, traversando le appendici meridionali dell’Appennino salirebbe a raggiungere presso Casale la valle del Taro per poi discendere a Bedonia con stazioni a Montesignano, alla Doria, alla Presa, alle Ferriere, ad Ognio, a Favale, a Casale di Borzonasca, in valle Penna, Sopra la Croce, a Casale di Taro, a Bedonia ed a Campi con uno sviluppo di mt. 78.675”, ricapitola l’appassionato.
Ed effettivamente andando a spulciare nel progetto messo a disposizione, ci sono parecchi dettagli. Dopo vari studi e vicende, nel 1921, si formò il Comitato per la Genova-Borgotaro costituito dai rappresentanti dello Stato del Consorzio Autonomo del Porto e dei principali Enti Amministrativi ed Economici delle città e provincie di Genova, Parma, Bologna e Mantova, nell’intento di provvedere alla compilazione di un progetto esecutivo di ferrovia che, congiungendo Genova con Parma per Borgotaro, provvedesse a stabilire una diretta e rapida comunicazione fra il maggior emporio italiano e le regioni dell’Emilia, delle Venezie e dell’Europa centro-orientale.
Il progetto venne ultimato nel 1927, vale la pena leggere i dettagli: “Lunghezza della linea Km. 79 di cui 29,4 a cielo scoperto e 49,6 in galleria. Percorso in retifilo Km. 56,7 e in curva Km. 22,3. Raggio minimo delle curve m. 500. Pendenza massima 18 per mille. Galleria di valico dell’Appennino: lunghezza Km. 11,2; quota di valico m. 587 s. m. Stazioni e fermate 12. Lunghezza delle stazioni escluse quelle di estremità da 400 a 800 metri”.
Ma questo progetto non venne mai approvato dal Comitato che invece propose modifiche e addirittura l’introduzione del doppio binario. Il tutto sarebbe costato, come previsione di spesa, 600 milioni di lire. Gran parte del tratto sarebbe stato in galleria (un antenato del tunnel Fontabuona), ma sono le conclusioni dell’ ingegnere Dante Coperchini a ricordarci che la ferrovia nel 1940 non sarebbe stata solo una questione di comodità, o addirittura rilancio del turismo come potremmo pensare oggi: “In caso di guerra è infatti fondamentale l’esistenza e la piena efficienza di una tale linea ferroviaria diretta, sia che il nemico si trovi da un lato e l’alleato dall’altro, sia che il destino ci riserbi in futuro la presenza di nemici da ambedue le parti”. Sappiamo come è finita la storia: non c’è stata nessuna fermata né in Fontabuona, né in Valle Sturla, Aveto o Trebbia. Però chissà come sarebbe cambiata la storia economica di questi paesi sempre più difficili da raggiungere e da abitare.