di NICOLA PEIRANO *
“Penso che l’ordinario possa raggiungere lo straordinario. Per dimostrarlo, sto per fare qualcosa che non è mai stato fatto finora, completando quello che io ho ribattezzato un Iceman. Nuoterò 3,8 chilometri, farò 180 km in bicicletta e correrò una maratona di 42,2 km in Antartide. Tutti mi dicono che è impossibile, ma io voglio dimostrarti che i limiti sono soltanto nella nostra mente”. Sono passati più di cinque anni da quando il giovane danese Anders Hofman fece questa promessa in un video su Youtube. “‘Project Iceman’ – il documentario vincitore della settima edizione del Riviera International Film Festival di Sestri Levante – racconta come il sogno di Anders si sia trasformato in realtà.
Ammar Kandil, il regista del film, ha seguito passo dopo passo tutte le fasi che hanno portato Anders a compiere quest’impresa fuori dal comune, dalla sua ideazione fino al viaggio nelle terre desolate del continente antartico. ‘Project Iceman’ ripercorre un’odissea incredibile in cui l’uomo combatte contro il più tenace degli avversari: la natura selvaggia, ostile, estrema, che non lascia scampo a chi sottovaluta la sua forza distruttrice. Di fronte alla portata epica di questo scontro, noi spettatori viviamo un misto di emozioni che potrebbero sembrare incoerenti. Da un lato siamo spinti a chiederci se la storia di Anders non nasconda un senso di vuoto.
Quali sono le motivazioni del ventottenne danese? Cosa lo ha spinto a rischiare la sua vita e quella della troupe che lo segue? È il fascino dell’impresa impossibile, l’ambizione romantica che spinge un individuo comune a ergersi a eroe? O è solo la frustrazione per la propria inconsistenza? La fredda consapevolezza di non avere ‘nulla di speciale’ che spinge l’uomo a voler lasciare una traccia di sé per non essere dimenticato? Dubitiamo, giustamente, che sia questa la chiave corretta per leggere le intenzioni di Anders, ma d’altro canto non possiamo sfuggire al fascino che esercita su di noi la sua forza di volontà. In fondo l’abnegazione, la coerenza verso le proprie idee, persino l’integrità morale e la fede che Anders sembra possedere, non sono forse doti preziose in un’epoca come la nostra che, a volte, può sembrare asfittica e senza passioni?
Mentre lo guardiamo immergersi nell’acqua gelida rischiando l’ipotermia o sfidare venti che soffiano a 150 km/h, ci chiediamo se possieda lo spirito dell’avventuriero d’altri tempi o sia solo un mitomane in cerca di visibilità. Eppure, quando Anders alla fine trionfa portando a termine i suoi obiettivi e superando se stesso, quel che resta dentro di noi è la sensazione di aver assistito a qualcosa di unico, di magico, persino di miracoloso. Come se la morale di questa storia fosse proprio quella che l’atleta danese esplicita nelle sue intenzioni iniziali: ricordare che nasciamo tra costrizioni e paletti, ma che un essere umano vive davvero quando riesce a spostare questi limiti un po’ più in là.
Del resto ‘Project Iceman’ è anche una testimonianza che si sposa perfettamente con il motivo ispiratore di questa edizione del festival: la responsabilità che abbiamo nei confronti dell’umanità e del pianeta. Siamo chiamati ad agire, a non essere passivi, a non ridurci a un banale rumore di sottofondo ma ad essere protagonisti delle nostre vite. Magari un po’ folli, un po’ visionari, ma vivi. Dobbiamo perciò fare qualcosa e possiamo scegliere di farlo adesso, prendendoci carico dei problemi che noi e il nostro mondo stiamo attraversando.
(* Sceneggiatore per il cinema e per la televisione)