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di DAVIDE CUCCHI *
La campagna per la rielezione di Donald Trump sta affrontando un problema serio: i piccoli donatori sono stanchi, i grandi benefattori tentennano. Nel campo dei dem invece Biden sta viaggiando a gonfie vele e il Presidente in carica è pronto a investire fino all’ultimo dollaro per vincere nuovamente lo scontro.
Analizzando i dati del 2019 e del 2023, entrambi anni preelettorali, il risultato è drammatico per il tycoon. Il totale raccolto dalla sua squadra è inferiore del 62% rispetto a quattro anni prima. Il confronto con l’avversario è preoccupante. A gennaio Trump ha raccolto circa tre milioni di dollari in piccole donazioni, mentre Biden ha ottenuto quasi due milioni di dollari, ma in una sola giornata. Nel 2020 era stato in grado di arrivare a 378 milioni di dollari ricevuti dai piccoli donatori e tale somma rappresentava quasi la metà del bottino totale per la campagna elettorale. I media americani parlano di “stanchezza dei piccoli donatori”, dovuta probabilmente al fatto che è difficile mantenere il sostegno economico alla medesima persona dopo nove anni. La stessa tesi è riconosciuta da collaboratori alla campagna del GOP.
C’è un secondo ingombrante problema per il candidato repubblicano. I grandi sostenitori non hanno messo mano al loro portafoglio e non hanno mosso la loro rete di influenza per raccogliere fondi. La politica americana, quando si tratta di campagne elettorali, vive anche di persone molto abbienti che finanziano i candidati tramite comitati o donazioni dirette, ma ancora più importanti sono i legami. La capacità di mobilitare imprenditori o direttori d’aziende per supportare maggiormente un politico in corsa per una poltrona, in questo caso la più importante del pianeta.
La CNBC riporta i pensieri di fonti interne secondo cui molti benefattori sono riluttanti a donare perché temono le azioni del Comitato Nazionale Repubblicano. L’RNC sarebbe accusato di usare i soldi provenienti dalle donazioni non per sostenere candidati repubblicani, ma per pagare le spese legali di Trump.
Di recente è stato creato un gruppo denominato “Comitato Trump 47”. Il suo scopo sarebbe quello di dividere i fondi raccolti in quattro parti: una per l’RNC, una per la campagna di Trump, una per i partiti statali e una per Save America. Quest’ultima è il PAC affiliato al tycoon che ha già speso 24 milioni di dollari per le sue spese legali.
Il calendario newyorkese della raccolta fondi del partito repubblicano non è molto fitto. In questo senso si è mosso Stephen Louro, uomo d’affari locale. Si è detto pronto a ospitare Trump e i legislatori dell’Empire State negli Hamptons per una raccolta fondi. In questo mese parteciperà al gala annuale del GOP, insieme al governatore del Texas Greg Abbott e alla deputata Elise Stefanik. Lei è da tenere in considerazione come candidata seria a spalleggiare Trump come vicepresidente.
Non sfugge agli analisti politici la difficoltà a intercettare tutti coloro che avevano sostenuto Nikki Haley. La candidata della South Carolina era andata molto bene con i piccoli donatori. Ad un certo punto della sfida a due, l’ex presidente aveva minacciato pubblicamente di inserire nella lista nera i supporter della sua rivale. Il 24 gennaio 2024 aveva scritto questo su Truth: “Chiunque dia un contributo a Haley da questo momento in poi, sarà permanentemente escluso dal campo MAGA. Non li vogliamo e non li accetteremo”. Questa fascia di elettori si è spostata verso Biden o, più frequentemente, a sostegno di candidati repubblicani al Congresso. I ricchi donatori, maggiormente sotto i riflettori, temono ripercussioni negative per la propria immagine.
La neoeletta copresidente dell’RNC Lara Trump, nuora dell’ex presidente, si dice ottimista. Quando lei e il collega hanno annunciato la loro nomina si è registrato un fine settimana molto positivo di donazioni. A livello digitale, hanno affermato, il più importante dal 2020. Secondo gli analisti rappresenta comunque un’eccezione nel cammino tortuoso della campagna di rielezione. L’ex presidente può sorridere se guarda i sondaggi, ma con le casse vuote sarà difficile ottenere un successo a novembre. In vari Stati si registra un testa a testa tra Biden e Trump e per il secondo sarà dura convincere l’elettorato senza una campagna elettorale adeguata e ben ramificata. Allo stesso modo questo impedimento può ricadere sui candidati del GOP al Congresso. I repubblicani giocano una partita molto importante per Washington, dove arrivano da una serie di sconfitte o, come nel caso delle midterm del 2022, da una vittoria minima. Alla Camera dispongono di una maggioranza risicata, mentre al Senato devono rimontare lo svantaggio (51 a 49). A novembre si rinnoverà un terzo dei senatori, quindi ci sono trentatré seggi in ballo.
Trump, dunque, deve riuscire a ricucire con i piccoli donatori che ha allontanato e a spronare quelli più stanchi. Dovrà darsi da fare con i grandi benefattori per ottenere il loro appoggio e quello della loro rete di influenza. Il rischio, ben noto a tutti, è che perda ancora una volta la sfida con il presidente in carica.
(* Laureato in storia, collaboratore di Jefferson)