(r.p.l.) C’è sempre bisogno di un pizzico di follia per fare qualcosa che valga la pena di essere raccontato, e la storia di Rafael Patron ne contiene quel tanto che basta. Tutto parte da Cogorno, sulle alture di Chiavari, da quella casa nella cittadina che il nonno aveva lasciato per emigrare in Sud America e che poi, con una precisione quasi cinematografica, è riuscito a ricomprare al ritorno in Italia.
Rafael nasce in Perù, ma cresce tra Chiavari e Genova: i suoi genitori lo riportano in Liguria quando ha tre anni. Da lì comincia un percorso tutt’altro che lineare, fatto di passioni, studio, intuizioni e di quella dose di intraprendenza che segna molte storie fuori dagli schemi.
Fin da ragazzino è uno ‘smanettone’: comincia a scrivere codice prima ancora di capire bene cosa volesse dire, spinto dalla curiosità e dallo zio informatico, che gli trasmette la sua passione. Si iscrive a Economia, “come fanno molti che non sanno ancora cosa vogliono fare”, ma già durante l’università inizia a lavorare in una piccola agenzia di sviluppo web a Genova, in piazza Martinez: lì scopre quanto sia affascinante costruire strutture digitali che funzionano, attraggono, convertono.
Dopo la laurea triennale vola a Milano per un master allo IED, dove Umberto, il direttore, lo coinvolge subito come docente: “Ogni anno teneva il più bravo tra gli studenti per l’anno successivo. Quell’anno toccò a me: così iniziò anche il mio percorso da docente”, racconta. Ma ben presto anche Milano comincia a stargli stretta: prende così un volo low cost e tenta la sorte negli Stati Uniti. Lavora sei mesi per Google: abbastanza per capire che il mito della Silicon Valley nasconde una dura verità. “Pensavo di essere un genio. Mi sono accorto che lì ero uno tra i tanti. Forse neanche tra i migliori”.
Torna quindi in Italia, lavora per Microsoft a Milano, poi decide di mettersi in proprio. Fonda uno studio di consulenza e, nel frattempo, continua a insegnare in diverse università, costruendosi una credibilità nel mondo della formazione digitale. È in questo periodo che nasce l’intuizione che cambierà tutto: insieme ad altri sviluppatori crea un sistema che sfrutta la sensoristica degli smartphone per interpretare l’interazione delle persone con i contenuti. “Ci sono quasi cinquemila azioni possibili che l’utente può fare con lo smartphone: avvicinare lo schermo al volto, aumentare il volume, toccare, fermare, ruotare. Tutti segnali che ci dicono se un contenuto sta davvero funzionando o no”. Quel sistema, raffinato e reso scalabile, viene proposto a diverse aziende, ed è Snapchat a muoversi per prima. Dopo sei mesi di trattative, avviene l’acquisizione: un passaggio che segna uno spartiacque nella carriera di Patron.
Gli studi proseguono: Patron prende un’ulteriore specializzazione alla IULM di Milano, comincia a viaggiare per il mondo come consulente per grandi aziende e si immerge nel marketing digitale, con la rara capacità di intrecciare codici e comportamenti, numeri e intuizioni. Lavora negli Emirati, affianca gruppi come Eni e Tim, muovendosi in contesti che richiedono rigore, innovazione e aggiornamento costante.
Poi, sei mesi fa, il ritorno a Genova e il nuovo ruolo di presidente di AIPIA, l’Associazione Italiana Professionisti dell’Intelligenza Artificiale. “Era stata fondata da tredici professionisti, molti dei quali conoscevo già dallo IED. Io ho portato la parte più istituzionale e comunicativa. Ma la sostanza la fanno loro, che sono cervelli puri”.
Con AIPIA nasce una nuova sfida: rendere l’intelligenza artificiale accessibile, comprensibile, utile. Non un feticcio per addetti ai lavori, ma uno strumento operativo per aziende e cittadini: “Molte imprese acquistano software perché ‘fa moda’, ma non sanno usarli. Noi vogliamo creare uno sportello gratuito, una sorta di starter pack che le aiuti a capire cosa serve davvero, come ottimizzare i processi, come scegliere le tecnologie”.
L’associazione è stata presentata lo scorso 3 luglio al Teatro Stradanuova. “È stato un evento di successo, il teatro era completamente pieno – racconta Patron – La serata è stata animata dalla presenza del comico Dario Vergassola, che è riuscito ad alleggerire un argomento che altrimenti sarebbe stato un mattone pazzesco”, spiega sorridendo.
Patron vorrebbe anche istituire una borsa di studio per studenti meritevoli, ispirata al percorso CS50 dell’università di Harvard, che lui ha frequentato appassionandosi ancora di più all’AI. “Sarebbe bello offrire a uno o due ragazzi ogni anno la possibilità di vivere quell’esperienza. Anche solo tre settimane in presenza farebbero la differenza”.
Intanto ha pubblicato un libro: ‘Il tuo prossimo collega è un robot’, già disponibile su Amazon e Feltrinelli, di cui cinquecento copie sono state preordinate da primarie istituzioni bancarie. Un libro pensato come strumento, non come trattato, per orientarsi in un mondo in continua trasformazione. “Io stesso uso ogni giorno almeno cinque dispositivi legati all’AI: occhiali Ray-Ban che traducono in tempo reale, registratori vocali che sintetizzano i concetti delle riunioni, strumenti in grado di generare e-mail, preventivi, persino flussi di pensiero”.
E poi, un podcast: Guida Galattica per Marketer, una produzione che si distingue per effetti sonori e la partecipazione di cinque attori. Il format rielabora la celebre Guida galattica per autostoppisti, applicandone il tema al mondo del marketing, dove ogni pianeta esplorato rappresenta un argomento specifico. La prima puntata è stata lanciata come “vetrina” su Spotify, preludio a una campagna di crowdfunding volta a finanziare la produzione dell’iniziativa, che mira a portare valore e formazione attraverso un’esperienza narrativa e coinvolgente.
Patron non si ferma mai: tra le sue cinquantacinque certificazioni figurano competenze che spaziano dal digital marketing alla subacquea, dai droni alla nautica. “Studio anche cose che non mi servono, perché altrimenti mi chiudo”.
AIPIA, nel frattempo, ha aderito alla Rome Call for AI Ethics, promossa dal Vaticano e dal MIT per rendere più etico e trasparente lo sviluppo delle tecnologie, ed è entrata nella European AI Alliance, in attesa del riconoscimento dal Ministero del Made in Italy. Ma, per lui, l’intelligenza artificiale non è solo innovazione, ma anche e soprattutto una responsabilità. “Le AI non sono intelligenti, sono persuasive. Sono allenate su dati storici che portano con sé bias enormi. Anche gli strumenti più evoluti, come Gemini, GPT o Claude, hanno limiti fortissimi. Noi dobbiamo sapere come funzionano, e usarli come strumenti. Mai il contrario”.
L’etica, la trasparenza, il ruolo dell’umano restano centrali: “La creatività, l’empatia, la relazione tra persone: questo non ce lo porterà via nessuna macchina. Ma dobbiamo essere consapevoli, perché oggi vedo gente che usa ChatGPT per scrivere messaggi di ringraziamento. Capisci che ci stiamo affidando agli algoritmi anche per le emozioni”.
Rafael racconta tutto con lucidità, ma anche con stupore: “Operator, il prossimo passo di OpenAI, inizierà presto a fare le cose al posto nostro: prenotare voli, fare acquisti. Non darà solo consigli, agirà. Saremo pronti?”.