di FABRIZIO DE LONGIS
I manuali di economia insegnano che la sicurezza dei cittadini sia l’esempio perfetto di bene pubblico. Qualcosa da cui nessuno di noi viene escluso e che usufruendone, non sottraiamo niente a nessun’altro.
Il benessere della vita di un territorio, infatti, si misura in molti termini e quando a un’orografia e un clima congeniale, come quello della riviera ligure, si associa anche la sicurezza, la combinazione sembra esser di quelle ottimali. Ma dietro a questo stato delle cose, non c’è un dato di fatto assodato per natura, come la bellezza del mare (che magari bisogna giustappunto tutelare), ma l’operosità di chi ogni giorno agisce nell’anonimato. Questo è il caso del servizio investigativo della Polizia di Stato attiva nel commissariato di Chiavari.
Un’operosità fatta di pattugliamenti assidui e prolungati; notti in ufficio a controllare le registrazioni delle telecamere per risalire e identificare i delinquenti; costante connessione con le altre forze dell’ordine, polizie municipali e procure, non solo locali.
Perché è anche questa la particolarità di un territorio come quello del levante ligure: ossia una presenza di microcrimine autoctono, ma anche il costante penetramento di criminalità di fuori regione che, ingolosita, tenta di agire in un tessuto sociale benestante e forse, soprattutto nel caso delle truffe, dotato di minori anticorpi culturali alla costante mutevolezza del crimine.
In questo, il territorio del Tigullio di levante può raggiungere la summa di un bilancio di anni in cui l’attività investigativa testimonia un lavoro capillare e costante, fatto di numerosi arresti ed efficace intervento in soccorso dei cittadini.
Uno dei punti focali di questo servizio risiede nella pervasiva repressione della diffusione e dello spaccio di sostanze stupefacenti. Come avvenuto, fra le tante, con le operazioni Ferragosto, che hanno portato al sequestro di diversi chilogrammi di hashish e all’arresto di tre persone tra Riva Trigoso e Lavagna, o all’operazione Eagles, che ha conseguito il sequestro di ben cinque chilogrammi di cocaina, con all’arresto di tre persone concentrata nel quartiere di Cavi Arenelle, sempre a Lavagna.
Insomma, un’azione che si dirama dalla concentrazione del crimine in specifici quartieri, all’identificazione e smantellamento di vere e proprie reti territoriali del crimine.
Sui generis, invece, il caso dell’operazione denominata Profeta, la quale ha portato a colpire una vera e propria banda di spacciatori attivi in zona. Operazione conclusasi con quattro custodie cautelari, tre arresti e ben venticinque deferimenti all’autorità giudiziaria. Risultato ottenuto con un’attività investigativa partita dai social network. Infatti, il capo della rete di spacciatori pubblicizzava la propria attività di consegna a domicilio della droga, su Instagram.
Perché se il crimine muta ed evolve, seguendo anche i trend dei tempi in cui si vive, anche l’operatività delle forze dell’ordine deve essere portata a termine secondo gli stessi schemi.
Ma sono molte le operazioni concluse nel silenzio degli uffici del commissariato chiavarese, agendo con discrezione e ottimizzando gli sforzi. Recente il caso di due ragazze rapinate la sera di capodanno a Chiavari, da due tossicodipendenti, padre e figlio. Dopo aver messo in sicurezza le vittime, gli agenti di Chiavari hanno intercettato con minimo sforzo i due rapinatori grazie alla conoscenza delle reti di rivendita della refurtiva e di spaccio. Infatti è bastato aspettarli alla stazione del treno di Chiavari la mattina successiva, di rientro da Genova, e scesi dal treno, si sono trovati in manette.
Così, andando avanti, l’elenco si dipana fra le molte truffe agli anziani sventate e o di cui sono stati identificati i colpevoli, e anche i furti in gioielleria e per strada. Particolare il metodo di rapinatrici di origine sinti che, fingendosi in stato di gravidanza, rubavano nelle gioiellerie nascondendo nei pantaloni interi rotoli di gioielli, per valori di decine di migliaia di euro. Refurtiva che, grazie all’immediato intervento, è stato persino possibile restituire ai gioiellieri colpiti.
Di fronte all’inventiva dei criminali, non manca, infatti, come è evidente, anche la capacitò di risposta degli agenti. Il caso è quello dell’operazione Banda Bassotti. Il caso si dipana in continui furti, rapine e truffe operata da due uomini. Difficile identificarli. Ma la costante azione investigativa porta gli agenti chiavaresi a capire che i due criminali non sono del territorio. I due agiscono con un furgone in regola, intestato a un prestanome. Furgone a cui è stato cambiato il colore tramite pellicole adesive, facilmente rimuovibili all’occasione. Sempre al mezzo venivano cambiate le targhe solamente una volta raggiunto il Tigullio, e dal quale veniva scaricata una moto, con cui venivano portati a termine i colpi. I due criminali, in aggiunta, operavano rigorosamente con caschi integrali indossati e guanti per non lasciare le impronte digitali. In parole povere, veri e propri professionisti difficilmente identificabili.
Sono quindi gli agenti di Chiavari a capire che i due criminali non sono locali. Grazie ad appostamenti e all’uso delle telecamere, con una buona dose di guizzo investigativo senza il quale nulla sarebbe possibile, si risale alla provenienza. Ossia Viareggio. Da lì il collegamento con la polizia municipale della città e l’arresto.
Una volta fermati, sul furgone i poliziotti hanno persino trovato macchinari tecnologici di altissimo profilo, in grado di disturbare i segnali di ricezione di radio e telefoni per centinaia di metri. Insomma, una vera e propria operazione di intelligence.
Questa la linea demarcata da Chiavari, con il messaggio oramai diffuso che non conviene provare a delinquere in città e nel territorio, dove la costante prevenzione e repressione consente una sicurezza diffusa, anche a fronte delle penetrazione del crimine che arriva da fuori.
Numeri che parlano da soli e raccontano una storia precisa: quella dell’efficienza ed efficacia. Ultimo esempio, l’operazione che, in questo ennesimo caso, è denominata HB e divisa in due filoni. I quali hanno portato all’arresto e al deferimento o all’iscrizione nel registro degli indagati di ben trentasei persone, tra cui ventiquattro minorenni. Operazione che ha consentito lo smantellamento di una vera e propria gang di ragazzi provenienti da fuori che nel Tigullio eseguivano aggressioni, scippi, furti ed altri reati.
Così la voce si è sparsa: meglio non provarci a Chiavari e dintorni.
E se il buon lavoro investigativo giova al territorio, soprattutto in una logica di rete operativa fra forze dell’ordine e istituzioni, come testimoniato da questi casi concreti, appare chiaro che con un eventuale ritorno del Tribunale di Chiavari, anche la sicurezza del levante ne avrebbe ancora maggiori benefici.