di DANILO SANGUINETI
La Val Graveglia ha un cuore di pasta. E nel centro del cuore troviamo il Pastificio Artigianale Santa Rita. La fondazione è recente, la costruzione è solidissima perché basata su materiali antichi, idee radicate e formule che scavalcano i secoli.
A Conscenti di Nè – il piede ben piantato sul piano dell’insediamento umano capofila nella valle, in uno degli snodi del torrente – ci sono fior di ristoranti, rinomate distillerie di ghiottonerie e la creazione di Alberto Pozzati, fornitrice degli uni e delle altre, gemma pastaia che scintilla lontano perché la fama dei suoi prodotti ha travalicato i colli, è scesa lungo il corso del Graveglia ed è approdata sulla costa, da dove partono veri e propri pellegrinaggi di buongustai che per sfondare con cene private dove si recupera la tradizione si affidano alla italica pasta e alla genovesissima lavorazione del Santa Rita. Che si risolve in una famiglia, quella dei Pozzati, rigida nell’etica pastificiera quanto cordiale nel proporsi alla clientela, al singolo che viene a trovarlo come al trattore e all’oste che la scelgono quotidianamente.
L’unica preghiera è quella di non far perdere loro troppo tempo perché nel laboratorio sono in tre e a ogni tramonto del sole almeno 100 kg di pasta debbono essere pronti per essere spediti ai quattro angoli del mondo. Un quintale di leccornie ai carboidrati, quanto basta per calmierare un raduno di massa, fosse anche di pastafariani incalliti. Un miracolo quotidiano che si ripete nel laboratorio-magazzino di Conscenti di Ne (al n. 66, di via Aldo Moro) nel cuore della val Graveglia.
Lecito chiedersi chi siano i tre maghi che riescono a sfornare simili quantità senza perdere neppure un’oncia di qualità. Risponde alla curiosità il signor Alessio Pozzati, figlio e continuatore del fondatore, Alberto. “Il Santa Rita è nato nel 1989 su un’idea che mio padre coltivava da diversi anni: creare qui al centro della Val Graveglia, terra di antiche tradizioni in questo campo, un pastificio che applicasse l’arte di produrre la pasta tipica del territorio ligure. Voleva tramandare le nozioni apprese da bambino mentre, incuriosito, osservava le movenze di sua nonna che con arte e destrezza tirava la sfoglia a mano con il matterello”.
Una vocazione da artigiano gastronomico che ha saputo tramandare ai suoi congiunti. Venuto a mancare, sono subentrati la moglie Dorothy e i figli Paola e Alessio. Questi, che è il più loquace del riservato trio, più che vantare preferisce descrivere. “Il dettato di mio padre è rimasto inalterato. Ci siamo prefissi di continuare con lo stesso amore e la stessa passione che ci metteva lui. E rispettare le sue regole: lavorare semole di alta qualità e materie prime selezionate, provenienti prevalentemente dal territorio circostante”.
Le norme vanno bene. Sarebbero però poca cosa se mancasse l’abilità manifatturiera e a far lievitare il tutto non ci fosse una buona dose di inventiva. La specialità della casa è la produzione di paste tipiche liguri. “In catalogo Matassine fatte a mano, Taglierini genovesi, Trenette avvantagiae, Trofie alla barbabietola, Trenette, Scurzun, Trofie semintegrali, Taglierini al curry, Taglierini al nero di seppia. Poi ci sono le specialità di stagione, tipo le fettuccine di castagna, che mettiamo in lavorazione solo nel periodo in cui disponiamo in gran quantità della materia prima necessaria”.
L’uso del curry tradisce il signor Alessio. Allora qualche innovazione se la consentono anche i tradizionalisti… “Beh, si può sempre andare avanti. L’importante è che si mantengano quelle caratteristiche rendono la pasta Santa Rita diversa dalle altre paste che si possono trovare sul mercato: l’utilizzo di materie prime di alta qualità, il rispetto della tradizione, la lavorazione interamente eseguita a mano, l’essiccazione lenta a basse temperatura, l’amore e la passione per il proprio lavoro”.
Ha ragione. Non è la somma che fa il totale come affermava il principe De Curtis, o più prosaicamente, viene sostenuto dalle teorie olistiche. È l’insieme di tutte queste prerogative che rendono la pasta Santa Rita unica nel suo genere. Lo hanno compreso in fretta anche ad Eataly, la catena di negozi, fisici e on line, che mettono in vendita prodotti di alta qualità del Belpaese. “Noi ci siamo appoggiati in toto a Eataly – rivela Alessio Pozzati – facendolo diventare il nostro distributore fuori da questa zona. Mandiamo l’intera produzione al centro di Genova da dove provvedono a smistarla in primis in ogni altro negozio della catena, e anche a soddisfare le ordinazioni che, e questo è un altro motivo di soddisfazione, arrivano da ogni parte d’Europa e del mondo”.
La scintilla sotto il grande calderone dove la pasta Santa Rita bolle con sempre maggior vigore fu la diffusione nei ristoranti e drogherie della zona. “I turisti che arrivavano dalle nostre parti assaggiavano le nostre specialità, si informavano perché evidentemente gradivano e quando tornavano a casa loro ci facevano pubblicità. Adesso che si può mandare un pacco di pasta ovunque in tempi brevissimi abbiamo solo ampliato il giro di richieste che era notevole già ai tempi di mio padre”.
Dal passaparola alla password, dalla cavagna al carrello degli acquisti virtuali, il sentiero dell’evoluzione commerciale dimostra che i prodotti di eccellenza trovano sempre il torrente con il quale confluire nel mare del commercio globale. Sorge il sospetto che il pastificio abbia saputo superare senza troppi danni anche questo tremendo anno bisesto. “Insomma. A marzo per due mesi abbiamo dovuto chiudere. E alla ripresa gli ordinativi non erano quelli soliti, poi dall’estate ad oggi le cose hanno ripreso a marciare. Anzi…”.
Cioè le cose ora vanno meglio? “Mi sento di dire che abbiamo ingranato una marcia alta. In questo momento stiamo andando a tutta, per le feste stanno arrivando richieste – ci informa Eataly – dall’Italia e dall’estero in numero superiore alle previsioni. E bisogna intensificare il ritmo perché non vogliamo scontentare nessuno, soprattutto i nostri più antichi estimatori, che si concentrano tra Chiavari e le Cinque Terre”.
Alberto Pozzati, che veniva da Chiavari, sapeva quanto fosse importante tenere agganciata la riviera spezzina, con la sua cornice di turismo cosmopolita che cala su Vernazza e gli altri gioielli 12 mesi l’anno. La famiglia anche in questo caso ha fatto tesoro dei suoi insegnamenti. Dorothy, Paola e Alberto salutano e scappano dietro i macchinari. Più efficienti e concentrati degli Elfi di Babbo Natale. Dato che quest’anno l’escursione in Lapponia appare problematica, che ne direste di un salto in Val Graveglia per scoprire una vera magia? Una volta provati gli Scurcuzun darete le Frittatensuppen in pasto alle renne!