di DANILO SANGUINETI
Sarà perché in quest’epoca si va veloci, sarà perché si prediligono le soluzioni dirette, senza complicazioni. Sia come sia, appare chiaro che il Padel, definito spregiativamente dai puristi della terra rossa e dei court immacolati il ‘tennis liofilizzato’, è la disciplina sportiva del momento, capace non solo di soppiantare il genitore un po’ serioso e, a giudizio dei ‘padelisti’, un po’ datato e ingessato, ma anche di prendere il sopravvento su mode e movimenti come le arti marziali, la danza sportiva e le varie ginnastiche proattive che vanno o andavano sino all’altro ieri per la maggiore.
Il motto è ‘Padella everywhere’. Da Sestri Levante a Santa Margherita non c’è circolo tennistico che non sia costretto a fare i conti con la richiesta montante e impetuosa di campi e strutture adattate alla bisogna. Addirittura il successo della disciplina inventata da un messicano che aveva il giardino troppo piccolo per ospitare un campo da tennis dalle misure regolamentari è così travolgente che sta dilagando dai circoli tennistici ai centri sportivi tout court e ultimamente anche fuori di essi. Un vero e proprio effetto valanga, con un sassolino che ha cominciato a rotolare cinque-sei anni fa e che anche per ‘colpa’ di quanto accaduto negli ultimi due anni, è diventato travolgente masso che niente lascia dietro di sé.
Per capire il fenomeno serve il parere di un esperto che è anche un adepto della prima ora, il maestro e agonista Marco Bo, gestore del Centro Sportivo Le Mimose di Sestri Levante. Sul treno del Padel lui non è salito in corsa, era alla stazione di partenza: “Sì, posso dire di essere stato il primo a crederci sino in fondo. A Santa Margherita, nel locale circolo, sono stati bravi e previdenti a costruire i primi due campi in pianta stabile, io che lo praticavo già, mi sono aggiunto subito dopo, organizzando a Le Mimose un campo regolamentare al cento per cento quattro anni fa”. In poco tempo ha attecchito, c’è voluto poco di più perché da curiosità diventasse popolare e oggi quasi ‘obbligatoria’.
“In pratica nessun circolo tennistico può permettersi di ignorare la portata del fenomeno”. Un rapido volo da Santa Margherita a Sestri fornisce un’idea di cosa stiamo parlando: “A Santa Margherita continuano a investire sul padel. Hanno aggiunto altri due campi, in questo momento sono l’impianto con più ‘slot’ a disposizione. Noi qui a Sestri abbiamo raddoppiato i campi, a Zoagli e Lavagna hanno iniziato l’anno scorso, a Chiavari c’è il club locale al Centro Acquarone dal 2019”.
Proliferano i campi, si moltiplicano gli agonisti, tanto che ci sono tornei per diverse categorie, in base alla classifica federale o all’età.
“La stessa Federazione Tennis tiene in grandissima considerazione la disciplina, la sua sezione è seconda solo allo sport ‘capostipite’. Il fatto è che la FIT ha compreso da subito il potenziale di questo sport e se lo tiene stretto…”.
Tanto da imporre per molti il doppio tesseramento. “È vero. Io poi ho 4 diversi attestati. Sono tesserato come tennista per il T.C. Chiavari, come agonista padel categoria ‘ahimè’ Over, ed ho due patentini differenti, per il tennis e per il padel”.
Avendo anche praticato e insegnato lo squash, Marco Bo ha ben presenti pregi e difetti del padel. “Gli svantaggi sono pochi e tutti compensati e sorpassati dai punti di forza. Facciamo il parallelo con il tennis: padel è rispetto a quello meno individualista, infatti si gioca quasi sempre 2 contro 2, la versione 1-1 su un terreno ancora più piccolo (6 metri x 20 metri contro i 10×20 della versione a quattro) c’è ma incontra il favore di una minoranza. E si parla di squadre, perché a differenza del doppio di tennis dove spesso e volentieri sono 4 singolisti che si confrontano, per primeggiare bisogna essere molto affiatati”.
Poi c’è la praticità: “Meno spazio occupato, superficie che richiede meno manutenzione, così come la struttura ospitante. Basta essere in 4 e si gioca, in pratica ha preso il posto non solo del tennis ma pure del calcetto perché ci vuole poco per organizzare un match”. Infine il lato psicologico-pedagogico. “È divertente e rapido, permette a tutti di cimentarsi, a tutte le età. Insegnarlo è più semplice: ecco un altro asso nella manica. Da insegnante di entrambe le discipline mi è ben chiara la differenza: il padel è più immediato, la mano è più vicina alla palla e questo negli sport ‘di racchetta’ è decisivo. Un esempio pratico: un allievo ha bisogno di diverse lezioni e parecchio esercizio, a volte noioso, per potersela ‘cavare’ a tennis, a padel dopo un’ora di teoria sei pronto per vedere come te la cavi in partita. Dove avrai comunque un compagno che ti spalleggia”.
Pare proprio che niente possa rallentare la irresistibile ascesa del padel. “Mi aspetto che da un momento all’altro il movimento o costituisca una federazione separata dalla Fit o acquisisca ancora maggior autonomia. Il prossimo step sarà diventare sport olimpico”. E se dovesse servire a strappare dalla abulia fisica una popolazione notoriamente refrattaria allo sport, ben venga anche il tennis in salsa messicana.