di ALBERTO BRUZZONE
“Non ci sono più dubbi: Marco Bucci è il nuovo presidente della Regione Liguria”. Così, sorridendo, sentenziava lunedì pomeriggio, a spoglio ancora in corso e in pieno testa a testa tra Bucci e Orlando, il sindaco di Imperia, Claudio Scajola, convintissimo di quel che stava dicendo, da esperto conoscitore di qualsiasi macchina elettorale. Così, con un clamoroso azzardo rivelatosi poi esatto, Scajola profetizzava l’elezione di Bucci alle 18,30, due ore prima che tutto fosse ufficiale.
L’ex ministro degli Interni, evidentemente, ben sentiva il vento proveniente da Imperia, ma non è solo la provincia dell’estremo Ponente genovese ad aver giocato un ruolo determinante nell’ascesa di Bucci alla poltrona che fu un tempo del suo amico Giovanni Toti.
Si è parlato di Imperia, si è parlato dell’entroterra di Savona, si è parlato del tonfo registrato dal centrodestra nel Comune di Genova, dove la coalizione è sotto di diciottomila voti rispetto al centrosinistra. Si è parlato meno, invece, di quanto nella Città Metropolitana di Genova la cattiva performance nel comune di cui Bucci è sindaco sia stata bilanciata (almeno in parte) dai comuni del Levante, sia il Golfo Paradiso che il Tigullio e i rispettivi entroterra.
Vero è che la rappresentanza del Levante nell’Assemblea Regionale della Liguria passa da cinque a due consiglieri (nella attuale composizione, che non è quella definitiva perché ancora non tiene conto dei resti e delle rinunce o eventuali promozioni in Giunta Regionale), ma è altrettanto vero che Bucci è stato trainato da campioni di preferenze, capaci di portare moltissima acqua al suo mulino o, per meglio dire, moltissima benzina al suo motore.
Se da Arenzano ad Albaro l’onda è pressoché tutta rossa, come si vede bene nella mappa che pubblichiamo qui sotto, il colore diventa uniformemente blu da Albaro e sino a Moneglia, comprese le vallate e salvo qualche piccolissima eccezione.

Bucci si riprende nella provincia ciò che non è riuscito a mantenere in città e l’operazione che ha saputo compiere in questo mese o poco più di campagna elettorale è stata eccezionale, perché come sindaco metropolitano non è mai stato troppo percepito e, anzi, ha creato pure qualche malcontento negli anni addietro, ad esempio sulle vicende del depuratore di Chiavari e della Diga Perfigli. Impegni precisi, idee chiare, volontà di andare avanti in maniera concreta: sono queste invece le dichiarazioni che sono state più apprezzate in campagna elettorale.
E poi un ruolo determinante lo ha giocato quel cosiddetto “partito dei sindaci” che, per gran parte, s’identifica con l’amministrazione di Bucci e che già in larga parte s’identificava con l’operato di Toti (rispetto agli anni passati si sono aggiunti anche il sindaco di Camogli e il sindaco di Sestri Levante).
Ma vediamo la situazione nei principali Comuni: Bucci vince a Recco di 19 punti percentuali, a Camogli di 7, a Rapallo di 28, a Santa Margherita di 22, a Portofino addirittura di 77 (145 voti per Bucci e 18 per Orlando). E ancora, Bucci è davanti a Chiavari del 17%, a Lavagna del 12%, a Sestri Levante del 5%, a Santo Stefano d’Aveto del 22%, a Moconesi del 22%, a Borzonasca del 24%, ad Avegno del 28%, a Uscio del 21%, a Leivi del 22%. Una vittoria netta e schiacciante: voti su voti a ribadire una supremazia comune per comune, mentre Orlando non ha convinto gli elettori.
Basterà a bilanciare il Comune di Genova? Per il momento, basta a dire che, insieme a Imperia, è il Tigullio che ha spinto la volata di Bucci a presidente della Regione Liguria. Quel Tigullio che, in campagna elettorale, è diventato la quinta provincia per il candidato del centrosinistra. La provincia non c’è ancora, né probabilmente ci sarà mai. Il suo peso elettorale, invece, si è fatto sentire tantissimo.