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di ANTONIO LUCHINI e MATTEO MUZIO *
Non ci sono solo i guai giudiziari di Trump a tenere banco nella politica americana. Ci sono anche altri casi che riguardano il senatore Bob Menendez del New Jersey. C’è anche un caso riguardante un deputato del Texas, Henry Cuellar. Per meglio capire ogni implicazione facciamo un passo indietro. È il 27 settembre 2020 quando elementi corazzati dell’esercito dell’Azerbaigian penetrano oltre la linea di contatto che divide il paese caucasico dalla regione contesa del Nagorno-Karabakh, all’epoca occupata dall’auto dichiarata repubblica armena dell’Artsakh. L’azione si tramuta rapidamente in un conflitto, fortemente voluto dall’autocrate azero Ilham Aliyev. Dopo alcune difficoltà iniziali, i droni avanzati schierati dal petrostato azero di fattura turca e israeliana iniziano ad infliggere pesanti perdite alle forze corazzate degli armeni. Rapida è la condanna di diversi leader internazionali, dal presidente francese Macron fino all’allora candidato alla presidenza Joe Biden.
Tuttavia, nel cuore del congresso, un deputato dem texano di nome Henry Cuellar portava avanti una singolare battaglia a favore di Baku, iniziata nel ‘lontano’ 2014 con una serie di viaggi diplomatici nel paese del Caucaso. All’indomani del conflitto in Karabakh, Cuellar aveva proposto un disegno di legge volto a tagliare aiuti umanitari e militari verso l’Armenia, poiché ospitante basi russe sul suo suolo.
Di orientamento centrista ed a tratti conservatore su diversi argomenti quali l’aborto e la lotta al crimine, Cuellar viene da una famiglia di immigrati messicani, e siede in Congresso da venti anni. considerato uno dei capisaldi del partito in Texas, essendo uscito indenne da molteplici elezioni molto competitive, in uno stato che esprime prevalentemente deputati repubblicani. Una solidità che aveva portato la leadership dem a osteggiare i tentativi della sinistra del partito di sostituire Cuellar con un candidato più progressista.
Il progetto legislativo di Cuellar era stato accolto con favore dall’ambasciatore azero a Washington, che in tale occasione aveva assicurato a Cuellar una lauta ricompensa, patteggiata anzitempo. Più che da un sincero apprezzamento per le antiche radici iraniche del popolo azero, il deputato e sua moglie Imelda erano stati sedotti da una serie di ingenti bonifici, riscossi dalla coppia in un’anonima banca di Città del Messico. L’ultimo, circa 300mila dollari, aveva permesso ad Henry e Imelda di comprare macchine di lusso ed una collezione di vestiti sartoriali.
Cuellar non è l’unico dem ad essere finito nei guai per via di peculiari ‘amicizie’ straniere: recente è il caso del senatore del New Jersey Robert Menendez, beccato a ricevere centinaia di migliaia di euro in lingotti d’oro da Egitto e Qatar. Mentre Menendez ha tuttavia rapidamente perso il supporto del partito, il rapporto tra Cuellar ed i vertici democratici è rimasto molto più ambiguo: le prossime elezioni si prospettano difficili, ed ai dem serve ogni seggio possibile per riconquistare la Camera dei Rappresentanti questo novembre.
Difficilmente infatti un candidato nuovo, magari con idee più progressiste, riuscirebbe a tenere un distretto difficile come il ventottesimo del Texas. Quindi, dato che la battaglia si preannuncia difficile (secondo il sondaggista Larry Sabato, fondatore del sito Crystal Ball, la maggioranza si giocherà sul filo di quindici seggi).
Gli obiettivi di operazioni come la corruzione di Cuellar sono ovviamente legati all’influenzamento della politica estera americana, in particolare quella legata al commercio e all’approvvigionamento di armi, voci dove il Congresso ha voce preponderante. Gli azeri in particolare hanno anche cercato più volte di ottenere un riconoscimento ufficiale da parte del congresso della loro sovranità sul Nagorno Karabakh, annesso totalmente ad inizio 2024.
Nonostante queste imponenti operazioni, l’Azerbaigian non ha fatto i conti con la potente comunità armeno-americana, seconda solo a quella francese per numeri. Forti della loro presenza nelle istituzioni di Massachussetts e California, gli armeni hanno continuato con successi le loro attività di lobbying, nonostante le sconfitte militari del governo di Nikol Pashinian nella loro patria ancestrale.
(* rispettivamente collaboratore e fondatore del blog ‘Jefferson – Lettere sull’America’)