di ALESSANDRA FONTANA
L’epidemia di Covid ha modificato profondamente le abitudini e la vita delle persone, ma come tutte le difficoltà, ha portato con sé anche qualcosa di buono: la riscoperta e l’amore per il nostro entroterra. Sono state tantissime infatti le seconde case riaperte in Val d’Aveto, in Val Graveglia e in altri paesi quasi definitivamente disabitati.
Si è (ri)scoperto il turismo ambientale e i paesi lontani dalla costa hanno accolto famiglie e organizzato eventi. Una grande occasione, ossigeno per l’entroterra spesso dimenticato e svantaggiato, un’occasione che la Val Graveglia però non ha potuto sfruttare fino in fondo. La valle è famosa per moltissimi motivi, tra cui le origini dell’eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi e per la sua miniera di manganese, attiva dal 1876 sino al 2011 e diventata museo nel 2000.
La Miniera di Gambatesa è a quota 550 metri in uno splendido anfiteatro di montagne nell’area del Parco dell’Aveto. Il sito oggi conta un reticolo di gallerie di quasi 25 chilometri complessivi, suddivisi in sette livelli principali e numerosi sottolivelli, tra loro comunicanti per mezzo di rimonte e discenderie, pozzi e fornelli. La visita è un’esperienza che incanta grandi e piccini, peccato che il sito sia chiuso al pubblico dall’inizio del 2021.
“La riapertura al pubblico della Miniera di Gambatesa, oltre a valorizzare le risorse del nostro Comune sarebbe anche un valore aggiunto per tutto il comprensorio. Gambatesa è indubbiamente una importante realtà per la valorizzazione turistica della nostra valle”. Così il gruppo consiliare Unità Democratica per Ne composto da Marco Bertani, Alessio Cassinelli e Giuseppe Nobile commenta la chiusura del sito minerario più famoso del Levante che dal 2020 ha affrontato chiusure a intermittenza per colpa del Covid e poi quella temporanea per la ricerca di un nuovo gestore. Una situazione che con il passare dei mesi non si è mai evoluta nonostante gli interventi di consiglieri regionali, amministrazioni locali, consiglieri, tutti uniti nel ribadire l’importanza di una riapertura tempestiva.
Il museo, che è di proprietà del Parco dell’Aveto, era gestito dalla Ski Mine di Bergamo e prima dell’inizio della pandemia le visite e gli eventi hanno invaso Gambatesa. Centinaia di famiglie hanno fatto il giro sul trenino e osservato le viscere della terra con il tradizionale caschetto giallo in testa, almeno fino a quando, a seguito delle restrizioni, il sito ha dovuto fare i conti con lunghi periodi di chiusura che hanno costretto il gestore a gettare la spugna. Ma non tutti i mali vengono per nuocere e l’allora commissario straordinario del Parco, Michele Focacci, aveva annunciato la buona novella, la chiusura sarebbe stata sfruttata per avviare importanti interventi: “Abbiamo un piccolo ‘tesoretto’ da spendere per riqualificare il complesso e soprattutto per ampliare il percorso di visita sotterraneo, andando a riscoprire il cosiddetto ‘grande vuoto’, una ampia sala sotterranea davvero scenografica, risultante da lavori di estrazione del manganese di qualche decennio fa”.
E infatti i lavori di ampliamento si sono conclusi a febbraio di quest’anno ma la miniera non è mai stata riaperta. “È in corso la procedura di gara, curata dalla Stazione Appaltante Unica Regionale per conto dell’Ente Parco, per l’affidamento della gestione di Gambatesa – spiega la presidentessa del Parco Tatiana Ostiensi – hanno aperto la busta dell’unico partecipante ma non hanno concluso l’istruttoria. A breve dovremmo conoscere l’esito della gara e speriamo quanto prima nella riapertura”, conclude assicurando che il Parco sta continuando a chiedere notizie. La base d’asta era di 60mila euro per dieci anni, una cifra davvero irrisoria per il valore del complesso, e prevede interventi obbligatori ed altri facoltativi.
Il valore stimato della concessione ammonta a 2.395.000 euro per, come già ribadito, un decennio. Durante gli ultimi mesi la miniera ha riaperto solamente per eventi straordinari: si sono svolte le riprese per un film sulla Divina Commedia curato dall’APS Aperta Parentesi di Sestri Levante, nell’ambito di un progetto di inclusione sociale delle persone disabili. E ancora ha accolto un gruppo di laureandi di scienze geologiche e scienze naturali dell’Università di Genova, in escursione-studio insieme ai loro professori, ma niente da fare per il pubblico di tutti i giorni che non può vivere e ricordare la miniera che è soprattutto un simbolo.
Proprio nel 2020 è scomparso uno degli ultimi testimoni della vita in miniera Italo Rossi, 91 anni, che di professione faceva il perforatore. Lavorò per diversi anni anche nei vicini cantieri di monte Bossea, Molinello e Statale. Ma sono le gallerie della miniera di Gambatesa quelle che Italo ricordava con più interesse, perché lì per ben due volte rischiò la vita. La prima volta venne portato con urgenza in infermeria, dopo che una gran quantità di gas tossico aveva contaminato le gallerie sotterranee. La seconda volta invece, insieme ad un collega, rimase coinvolto in un’esplosione di mine, sempre all’interno della miniera, e da lì in poi rimase sordo per sempre.
Gambatesa non è soltanto un museo, è la testimonianza di un mondo che non esiste più, fatto di persone che hanno arricchito e amato la propria valle. Vedere i cartelli coperti e i cancelli chiusi fa male al cuore degli abitanti della Val Graveglia.