di ALESSANDRA FONTANA
L’entroterra, e la Val d’Aveto in particolare, spopola su The Bad Guyde. La guida turistica più matta della Liguria si chiama Mike Lorefice e nei suoi video racconta gli angoli più nascosti di Genova e dintorni. Ma non solo, diversi video si concentrano sui mezzi pubblici più emblematici di Genova passando dalle funicolari arrivando agli ascensori.
Da diverse settimane “spopolano” i video dedicati anche all’entroterra di Levante. Mike Lorefice, “la cattiva” guida per tradurre il suo soprannome dall’inglese, è stato in diversi posti tra cui il Caseificio Val d’Aveto che si trova a Rezzoaglio: “Lo sapevate che in Liguria esiste un caseificio che produce dei prodotti buonissimi? Diverse tipologie di formaggio, per non parlare dello yogurt – spiega Lorefice – Uno yogurt talmente buono che ogni anno vince il prestigioso “Superior Taste Award”, premio che viene assegnato ai prodotti in commercio nel mondo, che hanno il miglior sapore”.
The Bad Guyde, che su su Instagram ha oltre 77mila followers e su Facebook 43mila, però ha fatto tappa anche nel Comune di Santo Stefano d’Aveto narrando, con pochissime battute, la storia del Santuario di Nostra Signora di Guadalupe, del Castello Malaspina. La storia del castello di Santo Stefano d’Aveto è avvolta in parte dal mistero. Purtroppo mancano documenti cartacei o indagini stratigrafiche che ne certifichino l’esistenza nella fase che va dal 1200 alla seconda metà del 1400. Grazie ad un documento cartaceo del 1251 si sa che a Santo Stefano d’Aveto esistevano alcuni mulini, appartenenti ai Malaspina dominus del luogo.
Ma questa è una storia troppo lunga per essere raccontata in una manicata di secondi. Lorefice è stato anche nella vicina Borzonasca, tra cascate e luoghi carichi di significato come San Martino di Licciorno. A Sopralacroce, lungo il sentiero che collega Vallepiana a Zolezzi, Borzone e Borzonasca (segnavia “2 linee verticali rosse”), in prossimità della confluenza tra i torrenti Penna e Borzone, si incontrano i ruderi della Chiesa di San Martino di Licciorno (XII Secolo), toponimo che sembra richiamare la presenza di boschi di lecci. L’elemento di maggior spicco è il campanile, che svetta tra la vegetazione a sormontare i resti dell’abside e delle mura perimetrali. Negli ultimi anni si sono svolte manifestazioni ed escursioni anche grazie al tam tam social. Il futuro turistico dell’entroterra passa inevitabilmente dal web e dai content creator.