di DANILO SANGUINETI
In prima linea nella battaglia per portare allo sport una popolazione incredibilmente riluttante a svolgere attività fisica (qualcuno parla addirittura di renitenza) come quella italica ci sono i dottori. Nel dettaglio i più indicati tra i sanitari sono coloro che sono specializzati in medicina sportiva, sentinelle che hanno il polso della situazione in ogni disciplina, che possiedono i numeri precisi dei cambiamenti nelle scelte, nelle frequenze e nell’intensità con la quale giovani, vecchi e ‘quelli in mezzo’ praticano i vari sport.
Uno dei medici sportivi più stimati, perché preparato ed entusiasta come il primo giorno ed in più in possesso di conoscenze non comuni grazie alle svariate collaborazioni con federazioni, club ed associazioni, è Attilio Smeraldi, sestrino doc e medico sportivo per vocazione. Dal suo osservatorio lancia diversi moniti e un allarme. I due anni e mezzo di pandemia non sono passati senza lasciare traccia, anzi…
In un paese – che già aveva un serio problema con la quota di popolazione che pratica con soddisfacente regolarità un qualsivoglia sport e che fronteggia un vero e proprio dramma stante la porzione di ‘under’ e ‘over’ che non praticano la benché minima attività ginnico-atletica – come l’Italia l’aver affrontato in sequenza la pandemia, la crisi economica successiva a questa e accelerata dalla emergenza della guerra in Ucraina si è risolto in una preoccupante ulteriore scalata nelle classifiche europee e mondiali della sedentarietà.
Smeraldi lancia un vero e proprio grido di allarme. “Cominciamo dalle ‘generazioni perdute’: parlo dei nati nel 2004, 2005 e 2006 che sono diventati maggiorenni ad inizio o nel corso dei due anni terribili, il 2020 e 2021. In moltissimi, tutti quelli che non erano agonisti di primo livello, hanno rallentato e tanti del tutto interrotto la pratica della disciplina sportiva che avevano scelto. Un nato nel 2005 è incappato in due lockdown nel secondo quadrimestre della seconda superiore, un nato nel 2006 iniziava le superiori proprio quando si chiudeva tutto per la pandemia. Fermi, spiaggiati sul divano a fare la Dad, poi a fare i compiti senza poter compensare con un po’ di sana attività all’aria aperta o in palestra con compagni, inseriti in un team. Danni fisici e psichici assortiti”.
E che si riverberano sul presente. “Gli sport più colpiti sono quelli di squadra chiaramente. A meno che fossero discipline particolari come il canottaggio, uno degli sport che seguo con maggiore attenzione, che non richiedono il contatto e neppure lo stare vicini al chiuso, si è fermato quasi tutto. Hanno fatto chiudere i battenti a stadi, palazzetti, piscine. Le società li hanno riaperti lo scorso anno per scoprire – basta chiedere alle specialità di squadra più popolari, calcio, basket, volley, pallanuoto – che contavano molti meno praticanti, e che solo i più motivati tra coloro che volevano tornare in pista, campo, vasca avevano mantenuto una forma atletica accettabile”.
Il dottor Smeraldi è preoccupato, anche se per forma mentis riflette su come si possa rimediare, almeno in parte. “Prima di ogni altra considerazione è sbagliatissimo rifugiarsi nel ‘conto delle medaglie’. È vero che lo sport di vertice italiano è uscito dalla crisi più rapidamente di moltissimi paesi. Le vittorie a valanga del 2021 nei campionati mondiali ed europei e poi alle Olimpiadi sono lì a testimoniarlo. Sono però dei ‘falsi positivi’ perché parlano appunto delle nostre eccellenze, mentre non dicono che cosa è accaduto alla base della piramide. È logico che gli effetti li vedremo nelle prossime stagioni, quando le generazioni perdute arriveranno alla maturazione agonistica. Io credo che sia meglio avviare una seria riflessione, oggi, quando c’è ancora tempo e modo per invertire la tendenza”.
E qui il discorso si fa complesso. “Io non voglio più leggere che i casi di cifosi posturale sono in aumento non solo presso le fasce anziane della popolazione. È sempre più diffusa su chi sta troppe ore chine su un display e oltre a un corretto uso dei device elettronici c’è solo la pratica sportiva che deve essere incentivata in ogni modo concreto non solo a parole”. Sta arrivando una riforma dello sport che dall’alto definiscono rivoluzionaria. ‘Doc’ Smeraldi parla chiaro: “Mi auguro che si faccia e che si faccia presto. Nel frattempo assisto alla fuga dei praticanti e delle società dalle federazioni che operano sotto l’egida del Coni agli enti di propaganda sportiva che assicurano costi minori, regole meno cervellotiche e garantiscono comunque campionati di buon livello. Si rischia che dentro la Figc, Fipav, Fib, Fin restino solo i super atleti. E sarebbe un suicidio perché per avere 1 campione servono 99 atleti di livello normale. Non ci sarebbe selezione, ci sarebbe estinzione”.