di DANILO SANGUINETI
Adelante, adelante, c’è un uomo al volante lungo la statale. Parte dalle nostre montagne, dalla intonsa criniera verde che dal Monte Penna si srotola fino al Maggiorasca, raccoglie tronchi, li trasforma in ceppi e va a venderli un po’ ovunque per svariati scopi, alcuni impensabili almeno da noi cittadini.
In continuo movimento come richiede un lavoro estenuante e remunerativo soprattutto dal punto di vista morale. Non muove solo il denaro, suscita e recepisce energie in una zona che ne ha un bisogno estremo.
Nell’Appennino ligure si milita in una nuova Resistenza che combatte a mani nude (o al massimo con martello e falce senza alcun retropensiero politico) l’avanzare di un nemico silenzioso e potente. L’incuria dovuta allo spopolamento che sta dilapidando, incendio dopo incendio, frana su frana, moria che segue moria causa parassiti vari, la linfa verde della Liguria.
Tenere in ordine i boschi è azione di primo livello, nella cultura ecologica, mansione che va incoraggiata e lodata senza esitazioni. Concorda Marco Cella, titolare e datore di sé stesso, l’eponimo di Legna da ardere Cella Marco snc, ditta di autotrasporto di legname di vario tipo, aperta 24 ore su 24. Sembra un’esagerazione da pubblicitario sbruffone, è un dato di fatto dello stakanovista del diesel.
Il signor Marco sul suo camion batte senza sosta, sette giorni su sette all day long, l’intera nostra regione e pure quelle circostanti: ha da consegnare ceppi, piastrelle e tronchi per forni, camini e caminetti. Il solo trasportarli sarebbe niente, c’è anche da caricare e scaricare, per fortuna che oggi ci sono i mezzi meccanici a dare una mano. Resta comunque un’operazione non semplice, sicuramente non riposante.
Ti sciroppi ore e ore di sollevamento pesi, flessioni e squat senza il conforto di un personal trainer, si deve avere una passione e una dedizione giapponese, tipo quelli che scioperano con la fascia in fronte mentre continuano indefessi a faticare come brave formichine.
Non si ferma mai Marco Cella. Quello che un tempo era un carbunin si è trasformato in un mountain man, un imprenditore dei boschi che protegge il suo habitat. I sobborghi di Rezzoaglio, comune amministrativamente esteso, nella realtà paesino sparso a macchia d’olio in vallata, sperso tra decine di rivoli, abitati composti da non più di dieci case alla volta che si susseguono ai bordi della provinciale 654 che porta dalla costa all’alta Val d’Aveto.
Il primo di essi è Villa Cerro, Cerro per i locali, e lì c’è la sede della Legna da Ardere che si risolve nel deposito del legname e il parcheggio dei due articolati, rimorchi che possono essere stipati all’inverosimile o sganciati per carichi più agili e consegne brevi affidate alle motrici o addirittura a leggeri camioncini da corsa. Il pilota è sempre lui, Marco Cella. Che si presenta e si racconta con l’essenzialità della sua gente. Gli avetani amano i fatti, meno i discorsi. “La mia è un’azienda a carattere familiare nata e cresciuta nell’entroterra ligure, qui in Val d’Aveto. Ci occupiamo per la maggior parte della lavorazione e del trasporto di legna da ardere secondo le specifiche del cliente, in varie regioni d’Italia. La nostra legna proviene esclusivamente da boschi del nostro territorio, infatti sosteniamo e siamo sostenuti da molti boscaioli locali. Effettuiamo inoltre anche trasporti di tronchi per svariate segherie. Infine offriamo anche un servizio di autotrasporto di merci”.
La sintesi è perfetta, niente fronzoli, la captatio benevolentiae non interessa. In realtà il signor Cella che nasconde a meraviglia i suoi 57 anni – viene il sospetto che per verificarli si debba contargli i cerchi all’interno del tronco come i suoi alberi – avrebbe molto da vantare. Perché da queste parti è l’unico nel suo ramo che abbia mantenuto un notevole giro di affari e ampiezza di prospettive. Perché è il fedele continuatore dell’opera paterna, la ditta creata dal genitore che è mancato qualche anno fa dopo una vita passata tra i trucioli.
“Da lui ho ricevuto tanti insegnamenti ed ereditato la consuetudine con i boscaioli che all’ombra del Penna e degli altri monti della conca, ogni anno affittano appezzamenti di terreno e dietro istruzione della Forestale tagliano i lotti prescelti. Un lavoro collegiale, si studiano i settori dove intervenire, si abbattono gli alberi necessari a mantenere, anzi a rafforzare gli altri del bosco”.
Si apprezza l’opera di questi infaticabili tagliatori usando la tecnologia moderna: “Se poteste vedere le riprese del drone che viene usato per individuare le macchie da ‘aerare’ nel folto della boscaglia sarebbe più facile da comprendere. Sono interventi indispensabili. Vorrei sottolineare che è soprattutto grazie a loro che i nostri boschi godono di ottima salute”.
È grazie al signor Cella che c’è un terminale al quale i boscaioli si affidano per vedere compensata la loro fatica. “Noi stiviamo il legname, lo facciamo stagionare, lo prepariamo per il trasporto e ci occupiamo della consegna”.
Un altro particolare che i profani ignorano o considerano poco: il legno non è materiale a la carte, che ordini su un menu e te lo trovi pronto nel camino come desideri. “Noi lavoriamo il faggio – da qualche anno anche l’abete – legni che richiedono almeno un anno di conservazione prima di poter essere usati come combustibile”.
Il faggio fornisce ottimi ceppi per il fuoco, ma l’abete? “È usato per gli imballaggi. Con il moltiplicarsi delle vendite su spedizione c’è una richiesta spropositata”. Si intuisce che il mercato va molto oltre i confini liguri. “Gran parte delle nostre consegne per ardere le facciamo oltre gli Appennini, nella Pianura Padana”.
Quindi non c’è solo il camino da riscaldamento. “No, anzi fino all’anno scorso i nostri principali clienti erano le pizzerie lombarde. Tra Milano e Santo Stefano, la Val d’Aveto in particolare, c’è sempre stato un rapporto speciale. Molti avetani sono andati sotto la Madonnina a fare fortuna. Potrei dire che gran parte dei forni alla brace ardevano perenni grazie alla nostra legna. Questo flusso dalla primavera 2020 ha subito brusche e frequenti interruzioni”.
La pandemia e le chiusure hanno fatto sentire il loro morso sin quassù. “In più ci si è messo il meteo. L’inverno è stato particolarmente gelido, chiaramente sotto la neve non si taglia e abbiamo perso circa tre mesi di raccolto”.
La chiude qua Marco ‘Lumberjack’ Cella. La parte del lamentoso non gli si addice. Quando devi essere pronto a saltare sul camion e partire per un qualsiasi centro italiano, farti centinaia di chilometri, arrotolarti le maniche della camicia (naturalmente a quadrettoni rossi…) e scaricare ceppi da decine di chili, commiserarti è un lusso. Al massimo fai un break per guardare le partite del Milan (“Unica debolezza che mi concedo”, ammette) oppure ti prendi una mattinata libera perché c’è la messa in suffragio del tuo papà, come ha fatto due domeniche fa prima dell’intervista.
Senza mimetizzarsi dietro fronzoli dialettici. “Il tempo passa, non voglio dimenticare le mie radici. Il futuro mi appare ostico e ricco di incognite, eppure sono orgoglioso e convinto di quello che faccio. Mi sento una sentinella dei boschi. Noi taglialegna siamo un po’ i protettori delle nostre terre e i difensori delle nostre tradizioni”. Macché canterini portatori d’ascia di ‘Sette Spose per Sette Fratelli’. Siamo piuttosto in zona Barbalbero. Marco eletto per decisione plebiscitaria presidente della confraternita Pastori di Alberi.