di DANILO SANGUINETI
Galeotto fu il castagno. Le vie di Cupido sono infinite, una di esse è generata da un ramo e invia radici nel tempo, crea rizomi da storie passate, causando una crescita rigogliosa benché a ritroso. Incredibile come la nascita di un’azienda agricola in quel di Maissana si debba alla passione comune per i fusti; quelli solidi, duraturi, fatti di buon legno, non quelli traslati e muscolosi (effimeri come la vanagloria che li ha pompati). Gli alberi, considerati da una prospettiva capovolta, furono pronubi dell’intesa che lega due cuori verdi come quelli di Rossana e Alberto. Due menti particolari, privilegiate, che hanno creato qualcosa di assolutamente particolare e sensato.
Una storia bella perché improbabilissima: nessuno dei due è nativo della Val di Vara, nessuno dei due aveva il sentiero tracciato, nessuno dei due nelle loro vite precedenti pensava di poter diventare agricoltore, allevatore, artigiano e alla fine anche albergatore. Il destino ha gettato i dadi, è uscita una combinazione contraria alla logica matematica, propizia invece alla creazione dell’Agriturismo ‘Cà Marcantonio’ nella omonima località posta a 615 metri s.l.m. nell’alta valle, comune di Maissana, frazione Chiama.
All’ombra del Santuario di Velva, percorrendo una strada comunale, a mezzavia del crinale est, che parte dal Passo della Mola e si conclude a Torza, ci si imbatte in un cartello (in legno per non tradire la vocazione ecologista) che indica la diramazione per l’edificio principale, la ‘Cà’ che troneggia maestosa in mezzo alle sue ‘dipendenze’, stalle e magazzini. Un bellissimo casale situato nell’entroterra delle Cinque Terre, sufficientemente distante dalla costa come dai borghi più rinomati della Val di Vara, compreso la capitale Varese Ligure, debitamente vicino per puntate turistico-culturali verso ‘l’alto e il basso’, tra le spiagge rinomate e i borghi medievali dei quali la zona pullula.
Cà Marcantonio avvolta dai castagneti, protetta da campi e pascoli vivi e fruttiferi, ha trecento anni e li nasconde perfettamente grazie al sapiente make-up dei proprietari. Di motivi per venire a riposare-passeggiare-cenare-imparare ce ne sono già a iosa, in più c’è la storia di come si è formata la famiglia – padre, madre e i due rampolli, Francesco 19 anni e Andrea 17 anni – che lì vi abita e lavora, storia che da sola vale la pena di una gita in valle. Serve una voce recitante che non ‘la butti via’: per fortuna Rossana Sciascia, padrona di casa e ‘dea ex machina’ di Cà Marcantonio, tra le sue millanta abilità, ha anche quella di narratrice. Ha pubblicato ben tre romanzi; il primo, ‘Le Cascine di Adele’, è la trasposizione della sua storia, almeno di una parte di essa, e allo stesso tempo un ritratto appassionato del suo luogo dell’anima, trovato dopo tanto peregrinare all’ombra del Monte Saccarello, appena varcato il gioco de La Mola.
“Mi chiamo Rossana Sciascia e sono nata a Milano il 26 giugno 1974 da una famiglia di origine pugliese, immigrata sotto il Duomo nel dopoguerra. Per imboccare questa strada ho scelto un approccio così ondivago da rischiare il mal di mare. A sedici anni lavoravo in ufficio e alla sera studiavo. Impiegata in banca, poi in azienda, anche nella moda. A venti anni ho capito che volevo fare altro, ho iniziato a viaggiare, volevo restare in Italia ma non in città. L’anelito al verde, la ricerca di un’esistenza con altri ritmi e altre prospettive mi ha portato sin qua, a 23 anni, nel 1997. Si ferma il mio pellegrinaggio, inizia un altro capitolo, faticoso e appagante al tempo stesso. Con il mio primo marito, di Genova, che convinco a trasferirsi qui. Apro un’azienda agricola nel 1998, imparo a coltivare la terra, ad accudire gli animali, a intrecciare cesti, a filare la lana, a raffinare l’argilla della mia montagna e a modellarla”.
Sembrerebbe il ‘The End’ di una vicenda movimentata ma non unica, invece c’è una sterzata e il racconto si trasforma in qualcosa di eccezionale. Da Varese, quello lombardo, con lago e provincia annessi, piomba, nel 2001, per tenere un corso ai giovani imprenditori agricoli della Val di Vara, Alberto Anzi, vincitore di tre campionati italiani di Tree Climbing, arboricoltore in ambiente urbano. In soldoni è un maestro di arrampicata in sicurezza sugli alberi, il Tree Climbing appunto, che si può fare per diletto come per lavoro, ossia per potare piante di alto e altissimo fusto.
Ecco il ‘Twist of Fate’. Rossana e Alberto trovano una intesa ad un’altezza superiore alla vita di ogni giorno, e non solo perché si incontrano a dieci metri da terra. “La mia precedente unione era finita, la vita qui a Marcantonio può rivelarsi troppo dura per chi è rimasto legato in qualche modo alla città. Invece con Alberto è stata sin dall’inizio perfetta concordanza di vedute e sentimenti. Non ha dubitato un attimo, ha lasciato Varese per trasferirsi qui, creare una famiglia e darmi una mano nell’azienda, anche se nel frattempo continuava la sua attività di arboricoltore e docente”.
L’arrampicatore abituato a guardare al verticale, apprezza anche il fascino delle linee orizzontali, da quella dove sorge e tramonta il sole, ai pianori attorno a Marcantonio, per concludere nella costruzione di solide fondamenta interpersonali. Intanto Rossana si trasforma in una Dea Kalì della collina spezzina. Dal 2001 al 2006 tira su i due figli, manda avanti la casa e la fattoria e accumula risorse per trasformare il nucleo centrale abitativo in un agriturismo. L’azienda si estende su 7 ettari; ci sono da coltivare campi e terrazzamenti destinati a ortaggi, cereali e frutti di bosco. Nei ‘ritagli’ di tempo alleva asini e galline; in inverno si occupa della cura del bosco e di alcuni mestieri tradizionali legati alla cultura contadina come la filatura della lana, la lavorazione dell’argilla, l’intreccio di ceste, l’impagliatura delle sedie.
Al sabato mattina porta i prodotti dell’azienda sulla piazza del mercato di Sestri Levante. Nel 2007 assieme ad Alberto decide di rischiare ulteriormente, accende un mutuo e apre l’agriturismo grazie alla ristrutturazione del casale. “Era un rischio, è stata anche una grande opportunità. Alcuni fra quelli che sono nati o cresciuti in questo casale ci hanno aiutato a ristrutturarlo rispettando la sua storia e le sue funzioni. La parte della struttura sicuramente più affascinante sono i fondi, risanati e messi in sicurezza. Attualmente non sono stati destinati a usi che ne compromettano la loro semplicità e autenticità. Sono pietre che raccontano una storia di almeno 300 anni: si intuisce la stalla del maiale, quella dei cavalli, quella delle mucche, la colombaia e il fienile”.
Oltre 560 mq di casa. “I quattro alloggi (Fiore, Sole, Ciliegio, Castagno) sono 4 appartamenti posti su due livelli: al pianoterra cucine e servizi e al primo piano le stanze da letto. Chi ha difficoltà motorie, può usufruire dei divano letto posti al piano terra, mentre per i bambini siamo attrezzati con lettini muniti di sponde e seggioloni. Le misure degli alloggi sono varie: da 55 metri quadrati a 70 metri quadrati e tutti gli appartamenti sono dotati di biancheria e accessori domestici”.
La padrona di casa pensa a tutto, cucina e pulizia. Come riesca a conciliare questo con l’altro, che comprende lo scrivere e tenere corsi e workshop su vari argomenti è un mistero che solo lei può spiegare. “Perché adoro questa vita. Mi alzo alle 7 e la mia giornata lavorativa è lunghissima, mai meno di dieci ore, sette giorni su sette. Organizziamo attività ispirate agli antichi mestieri della campagna, come l’impagliatura di sedie con piante comuni del nostro circondario, la lavorazione dell’argilla, utilizzata per la colorazione e la modellazione di oggetti, la creazione di cesti con rami di piante locali, la filatura della lana. In qualità di fattoria didattica, proponiamo questi temi anche a studenti e gruppi organizzati”.
Non deve passare l’idea che il marito rimanga sempre e solo ‘in elevazione’. “Anche perché non sono sempre rose e fiori. Pur se stando molto attento negli anni ha avuto diversi incidenti, rami spezzati, ecc. In uno si è rotto 8 costole, ha 2 dita ‘riattaccate’. Adesso oltre a continuare a insegnare Tree Climbing si occupa dei campi e dei pascoli. “Anche i figli, i miei ‘Vichinghi’, fanno la loro parte. Andrea, mio figlio, accompagna i nostri ospiti (guai a chiamarli clienti!) in facili passeggiate sui percorsi di trekking dell’ampio e suggestivo territorio della Val di Vara, in compagnia dei nostri asini, che possono portare i bambini. Oppure prende lezioni di monociclo insieme a Francesco, il figlio maggiore, campione europeo junior e campione italiano assoluto di trial della specialità”.
I due asini, Tobia e Tinello, padre e figlio, sono gli assi nella manica per incantare i turisti. “Compagni di avventura dalle orecchie lunghe, con una croce scura disegnata sulla schiena e occhi grandi, sereni, dolcissimi. A loro piace passeggiare con i bambini o gli zaini dei camminatori in gita sul dorso. Sono contenti se gli offrite una mela o una carota, se gli strigliate il pelo, se leggete un libro seduti accanto a loro nel prato del loro pascolo”. E siccome la signora Sciascia non fa mai niente in piccolo, ci sono anche tre cani e due gatti.
È sempre più evidente che venire a Cà Marcantonio è un’esperienza più che una vacanza. Incontri una famiglia perfetta in un posto incantato: non è un caso che le recensioni sui siti specializzati siano entusiaste, con una media voto da laurea con lode. “Abbiamo iniziato con un 95% di visitatori stranieri, oggi abbiamo un 80% di italiani che stanno scoprendo il nostro entroterra. Adesso torniamo anche ad affittare il casale per feste, a Capodanno apriamo la struttura a chi vuole celebrare il nuovo anno con noi”.
Impossibile celare un po’ di invidia per vite così alternative e allo stesso tempo così realizzate. “A volte non è semplicissimo convivere con gli altri, quelli che restano nel mainstream. Un episodio: quando i miei figli erano alle elementari nel classico tema ‘Cosa vuoi fare da grande’ risposero entrambi ‘l’ortolano’. Suscitando la perplessità dei maestri e ricevendo occhiate di scherno dai compagni. Per fortuna sono rimasti forti nelle loro convinzioni”. Rossana adora Pavese e Fenoglio, i suoi figli debbono avere assorbito tramite lei l’orgoglio dei due grandi scrittori ‘collinari’. Aristocratici della zolla, elitari perché consapevoli non perché presuntuosi.