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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

Manuelina di Recco, quell’osteria diventata un mito per i buongustai

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di DANILO SANGUINETI

‘Stat Focacia pristina nomine’. Umberto Eco avrebbe potuto concludere uno dei romanzi più famosi degli ultimi 40 anni mettendo al posto di ‘rosa’ l’impasto culinario che è conosciuto ovunque e che rappresenta l’essenza di Recco, il suo concetto universale. L’accostamento avrebbe più di un senso perché il grande intellettuale piemontese era un aficionado del Golfo Paradiso: e se il suo buen retiro era nella rivale Camogli, a Recco lo perdonavano sapendo che era un cliente fisso e diceva meraviglie del suo ristorante preferito.

Quale? Naturalmente la ‘Manuelina’, il ‘professore’ era un divoratore di focaccia di Recco, specialità della casa, tanto da citare il locale nel suo secondo romanzo, ‘Il pendolo di Foucault’. Dici Manuelina e dici Recco, e subito si spande il fragrante odore dei due strati di pasta farciti con un misto di formaggio stracchino e cagliata ligure (prescinsêua), la focaccia al formaggio che non teme confronti e imitatori.

Oggi la trovi proposta in decine di ristoranti, negozi, punti vendita, se vuoi risalire alle origini, però, devi per forza affidarti al brand ‘Manuelina’, dove trovi intonsa la ricetta inventata in una modesta osteria di un secolo e mezzo fa. Una ricetta affatto segreta. Manuelina fa la focaccia al formaggio più focaccia al formaggio di Recco, che ne è la capitale mondiale a dispetto delle varie diatribe sui marchi di origine et similia.

La differenza sta probabilmente nei suoi componenti ‘non fisici’, o quanto meno immateriali, oltre all’aria e all’acqua del posto trovi lo spirito di accoglienza e l’intelligenza imprenditoriale. Le armi, anche queste non segrete, della famiglia Carbone-Capurro, che da quattro generazioni ha protetto e propagato una tradizione non scalfita dal tempo, anzi potenziata. Dall’osteria aperta nel 1885 siamo arrivati all’alba del 2020 a un ristorante, una focacceria, un albergo in città e un secondo punto vendita a Milano.

Il via a una storia imprenditoriale di crescente successo lo dà una donna, Emanuela Capurro, detta Manuelina, che era prima di tutto una cuoca ma che sapeva come gestire i suoi affari. Inizia con un locale piccolo, poco lontano da dove oggi sorge il ristorante, sulla sponda sinistra del torrente Recco, un posto dove si fermano i carrettieri per bersi un gotto e inghiottire una fetta di salame, prima di incamminarsi verso Genova, Spezia o scavalcare l’Appennino. Questo durante il giorno, ma alla sera c’è tempo e spazio per preparare qualcosa di elaborato e gustoso.

Ed è qui che scatta la scintilla. La rievocazione è dell’erede diretto della Manuelina, Cesare Carbone, che assieme alla sorella Cristina si è suddiviso il compito di gestire l’azienda di famiglia. “La mia bisnonna si accorse che il piatto tipico del paese che veniva cucinato solo il 2 novembre, giorno dei Morti, veniva divorato non solo dai locali ma dai suoi avventori ‘nobili’, i genovesi facoltosi che venivano in villeggiatura nel Golfo e che una volta assaggiata la focaccia non potevano più farne a meno. Il forno dell’osteria cominciò a ‘surriscaldarsi’, acceso giorno e notte, il successo fu veloce e travolgente”.

Dalla Manuelina si fermano a gustare la focaccia tipica i ricchi e i grandi, si ungono le dita Montale ed Einstein, addirittura il Vate, Gabriele D’Annunzio. La signora Emanuela lascia in consegna ai figli il locale che si è ingrandito, anche se sino all’ultimo giorno della sua vita non abbandona il suo posto davanti al forno, a sovraintendere le operazioni culinarie.

La seconda svolta, in una storia che sembra un romanzo, arriva nel 1960 quando Gianni Carbone, marito della nipote di Emanuela, decide che è il momento di fare un altro passo in avanti. Anzi è un salto: ‘Manuelina’ acquista la sede attuale, un ristorante ampio con annesso giardino e prati. Una scelta oculata perché dieci anni più tardi proprio davanti a quel posto viene costruito lo svincolo autostradale: a un tiro di schioppo dal centro cittadino, a pochi metri dall’uscita della A12. Gianni è un vulcano, un fiume in piena, uno che tiene sempre ben dritte le antenne, pronto a captare i cambiamenti nelle abitudini e nei gusti dei clienti. Capisce che la focaccia al formaggio, che resta il core business di Manuelina, non può bastare. “Papà ci ha insegnato – ammette Cesare – che passione e intelligenza possono e debbono procedere di pari passo. Nel 1983 nasce la Focacceria Manuelina, un fast food tipico a pochi metri dal Ristorante. Poi decidiamo di offrire ai nostri clienti un’esperienza totale e apriamo nel 1993 un albergo che si chiama Hotel la Villa ed è seguito da mia sorella Cristina. Era la villa del senatore Landini, è un quattro stelle che ospita turisti in tutti i periodi dell’anno, italiani e stranieri”.

Nel frattempo Gianni, moto perpetuo, trova pure il tempo per fare il sindaco e il presidente della Pro Recco pallanuoto. “Era recchelino al 101%, rendersi utile per la sua città lo considerava un dovere al quale non poteva sottrarsi. E poi gli piaceva affrontare sempre nuove sfide, il motto che meglio lo riassume credo sia ‘chi si ferma è perduto’. Due anni fa ci ha lasciati, ad 89 anni, sono contento che abbia potuto vedere come la Manuelina sia entrata con il piede giusto anche nel nuovo Millennio”.

Soprattutto aveva capito che le imprese di famiglia erano in buone mani, quelle di due dei suoi sei figli avuti dal matrimonio con Maria Rosa Cichero. Cristina si occupa oltre all’albergo dei ricevimenti: due location in esclusiva per il catering, Castello Canevaro a Zoagli e Villa Dufour affacciata sul Golfo Paradiso. Cesare del ristorante e della focacceria. Compiti distinti, progetto unico e soprattutto comune sentire. Per esempio sul secondo punto vendita, aperto nel 2014 a Milano nella ex Rinascente in zona Duomo.

Cesare preferisce sempre parlare al plurale. “Noi, i pronipoti di Manuelina, portiamo avanti la tradizione. Negli anni siamo riusciti a mantenere la sua passione, la sua dedizione e il suo rispetto per la qualità della cucina e delle materie prime fino a far diventare ‘Manuelina’ un vero e proprio brand. Seguendo la filosofia di papà che si era battuto strenuamente per creare il Consorzio Ristoratori di Recco e il Consorzio della Focaccia, ed è stato uno degli alfieri della battaglia per contrassegnare con il marchio IGP la focaccia di Recco”. Il nucleo soffice e caldo dell’impero Manuelina resta quello, attorno tanta polpa costituita da prodotti alimentari e servizi di pregio indiscutibile offerti ai clienti.

Gianni Carbone era pure poeta e raffinato enigmista. Con Umberto Eco, maestro di enigmi e signore degli indovinelli, aveva quindi qualcos’altro in comune oltre la insana passione per intere teglie di focaccia al formaggio. Peccato che ‘Nomine nuda tenemus’ non funzionasse quando ai due ‘seguaci della Sfinge’ veniva propinato un piatto appena sfornato dell’impasto prelibato.

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