di DANILO SANGUINETI
Se c’è una lista di posti nei quali si può fare il tagliando all’anima – per gli irriducibili materialisti c’è sempre una coscienza sulla quale ripiegare – beh, Malga Zanoni vi entra a furor di intenditori. Per definire meglio un posto che garantisce un’esperienza extrasensoriale, senza il ricorso a sostanze artificiali o psicotrope che siano, si abbandonano luoghi e percorsi comuni. Niente a che fare con i pure accoglienti B&B dei quali è ormai costellato il nostro Appennino, luoghi accoglienti adatti a cittadini che hanno bisogno di relax, a famiglie che intendono far assaporare ai pargoli e agli antenati (spesso a tutte e due le categorie assieme) un po’ di giorni lontani dalla pazza folla.
Per conquistare Malga Zanoni ci si deve elevare in senso materiale prima, e spirituale, si spera, poi. Ti stacchi dalle vie di comunicazione, perdi i contatti persino con i sentieri più battuti. Le indicazioni che i gestori – quattro – vi forniscono con dettagliata quanto incoraggiante (quasi commovente) pazienza, spiegano subito molte cose. La frusta metafora dell’ascesa è insufficiente a raccontare l’unicità dell’esperienza che vi porta all’alpestre stallaggio sul crinale dell’Incisa.
Per raggiungere Malga Zanoni con i mezzi pubblici: “Dalla stazione di Chiavari prendere l’autobus numero 12 e scendere a Zanoni. Poi, proseguire per il B&B Shanti House. Salire lungo la strada sterrata, seguendo la croce e il triangolo rosso. Seguire i segni vi consentirà anche di camminare sul sentiero che taglia alcuni tratti di strada, abbreviando il percorso. Impiegherete circa un’ora”.
In auto: “Uscire dall’autostrada A12 a Lavagna e seguire le indicazioni per Carasco e la Val d’Aveto fino a Borzonasca. All’ingresso del paese di Borzonasca imboccare la strada a destra per Pratosopralacroce (circa 7 km). Passato il paese, imboccare la strada per la frazione di Bevena e il rifugio Prato Mollo (Monte Aiona). Passato l’abitato di Bevena proseguire lungo lo sterrato. Superato il bosco fate ancora alcuni tornanti finché sulla destra, nel prato, vedrete un recinto con al centro una piccola casa. Segue un tornante a gomito verso sinistra. A metà del tornante si stacca un evidente sentiero a destra, segnalato da un cartello, che in circa 20-30 minuti porta a Malga Zanoni”.
In alternativa: “Passata la frazione di Pratosopralacroce girare alla seconda a sinistra seguendo le indicazioni per la fonte ferruginosa e parcheggiare (bene, mi raccomando). Al termine della strada asfaltata proseguire sullo sterrato seguendo i segni croce e triangolo rosso”.
Oppure: “Superare il paese, proseguendo verso Passo del Bocco e Passo del Ghiffi. Superare le frazioni di Zanoni, Vallepiana e Belvedere (circa 3 km da Pratosopralacroce). Circa 2 km dopo Belvedere a sinistra, in corrispondenza di un recinto per il bestiame aprire il cancello (se è chiuso) e dopo averlo richiuso (se lo avete aperto) proseguite fino allo spiazzo della ex cava, lì potete parcheggiare. Da lì troverete segnato su palina e con segni per terra il sentiero A8 che in 40 minuti conduce al rifugio”.
Chi arriva a leggere a questo punto e non è ancora scappato a… occhi levati, è il tipo giusto per questo tipo di vacanza. E non si spaventerà di certo per le ulteriori raccomandazioni. “Attenzione! La strada sterrata dalla provinciale alla cava può essere percorsa solamente in auto. Al rifugio arriva una strada sterrata. Non è di proprietà di Malga Zanoni ed è vietato il transito a chiunque. Noi abbiamo solo il diritto di passo in quanto gestori del rifugio. Questa strada è molto erta e spesso in pessime condizioni. Il transito, oltre che vietato, è sconsigliato per evitare che macchine o moto si fermino in panne e abbiano bisogno di essere rimorchiate. Se avete difficoltà di deambulazione chiamateci, così possiamo trovare con voi una soluzione. Il rifugio è a più di mille metri, in ambiente montano. Per quanto i sentieri siano facili, sono comunque sentieri. Non si arriva in infradito e vanno affrontati con un minimo di attenzione”.
Cancellato il timore di essere al cospetto di fricchettoni – qui c’è da programmare prima e sudare poi – ogni ulteriore sospetto viene spazzato via dalla disamina lucida, quasi priva di emotività, simile a un rendiconto di un data analyst, del ‘capo cordata’ del Rifugio Malga Zanoni, Angelo Bodra. “Teniamo alla nostra unicità, in fin dei conti siamo i soli in Liguria a vantare il titolo nell’Appennino, a 1100 metri di altitudine in una posizione unica fra pascoli e faggete secolari. I suoi sentieri portano sulle vette dei monti Aiona e Penna, incrociano l’Alta Via dei Monti Liguri e proseguono verso le altre valli del Parco e l’Emilia Romagna”.
L’ambiente è unico: torbiere, prati d’erica, affioramenti di ferro e rocce emerse dal mantello terrestre circondano il sito. Una tavolozza incredibile, dai colori intensi. La foresta è attraversata da torrenti, laghetti e cascate ed è abitata da molte specie di animali: cervi, caprioli, lepri, lupi, volpi, tassi e i cavalli selvaggi dell’Aveto. Poco lontano nidifica una coppia di aquile reali.
L’elenco risveglia la parte poetica del signor Angelo. “La prima volta che venimmo qui, pensammo subito a un libro di Paolo Rumiz, il giornalista viaggiatore e cronista di esperienze itineranti: ‘I Monti Naviganti’, e scegliemmo una sua frase come motto del sito. ‘Ho attraversato a volte una soglia invisibile e scoperto luoghi dello spirito: eremi, fonti, santuari, boschi millenari, a volte semplici toponimi. Soprattutto piccole valli orientate come antenne paraboliche verso un silenzio planetario’. Eravamo sei amici, tre coppie e decidemmo di fondare anche l’Associazione Monti Naviganti – Via Gramsci 1/1a 16126 Genova – proprio con lo scopo di aiutare a scoprire e far tornare a vivere posti simili”.
Perché Monti Naviganti? “Di mattina si può uscire sulla nostra terrazza e ammirare uno spettacolo meraviglioso: le brume notturne spariscono, la foschia si dirada e come da un mare lattiginoso emergono le creste e le vette dei monti circostanti, sembrano navi che solcano il cielo”.
Angelo è genovese, gli altri dell’associazione anche, come sono finiti sulla strada che porta al Ghiffi? “Eravamo tre coppie di amici con il lavoro in città e il cuore in montagna. Io ho 55 anni e vado per valli e colli da circa 40 anni. Qui c’era un secolo fa una stalla per il bestiame che rientrava dai pascoli (da cui il nome Malga), poi con la crisi della pastorizia la stalla venne abbandonata, oltretutto sorgeva su un terreno frazionale, ossia di proprietà indivisa. Infine nel 2016 subentrò al Comune di Borzonasca il Parco dell’Aveto che bandì un concorso per la gestione del terreno e dell’edificio. Fummo in quattro, io e la mia compagna Milly, Stefano e Silvia, a farci avanti. Vincemmo la gara e decidemmo di provare a fare di questo posto qualcosa di bello. Frequentiamo la montagna da molti anni; in montagna abbiamo stretto relazioni che ci hanno cambiati e abbiamo sperimentato nel cammino uno spazio irrinunciabile, personale e di condivisione. Un anno di lavori e nella primavera del 2017 potemmo aprire”.
Dalle vite precedenti portavano la capacità di gestire risorse, programmare, farle fruttare. L’esperimento si rivelò molto meno azzardato del previsto. Due anni di rodaggio e poi nel 2019 Malga Zanoni era già un’eccellenza nel giro del turismo ecologico elitario, non per una questione di costi (anzi…) ma per l’impegno che richiede a chi vi partecipa e per l’unicità delle sensazioni che regala.
“Un posto a parte, non isolato e meno che mai fuori del mondo. Malga Zanoni può accogliere 24 persone in stanze da 2, 6, 7 e 9, ognuna con il suo bagno e l’acqua calda. Le stanze si chiamano come le vette che sovrastano il Parco naturale dell’Aveto. Le stanze Mt. Penna, Ramaceto e Zatta sono tre ampie camerate da rifugio che ospitano i gruppi di escursionisti più numerosi nei loro letti singoli e a castello. Ogni stanza ha il suo bagno. Ogni letto la sua luce per leggere. I letti sono singoli e a castello. La stanza Mt. Aiona ospita due persone, con letti singoli che si uniscono in un matrimoniale”.
Le cose da fare sono talmente tante che fermarsi solo per pochi giorni è un delitto. “Al rifugio è possibile fermarsi a dormire gustando anche la colazione, oppure trattenersi solo per un pranzo, una merenda o la cena. La nostra cucina coniuga la tradizione ligure e dell’Appennino con spunti creativi che valorizzano le erbe spontanee e i prodotti del territorio. Trekking, mountain bike, canyoning e percorsi naturalistici sono alcune delle attività che vi aspettano sulle nostre meravigliose montagne. Su richiesta, offriamo riposo anche ai cavalli e ricarichiamo le biciclette elettriche”.
Essere all’avanguardia nell’offrire qualcosa di naturale, un’impresa perfettamente adeguata ai criteri di sostenibilità che sfrutta le risorse locali. “Il rifugio è energeticamente autonomo, è dotato di impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica, di pannelli solari per l’acqua calda e di termo-camino a legna per il riscaldamento e per l’acqua calda nelle stagioni fredde. Gli interni e il mobilio sono in legno della Val D’Aveto. Nel soggiorno scaldato dal termo-camino possiamo ospitare a pranzo o cena fino a 32 persone; sulla terrazza almeno altrettante”.
Persino le più controverse abitudini della città hanno un corrispettivo ecologico-nostalgico: “Ai nostri ospiti offriamo ‘l’Aperimalga’ su prenotazione con pizze e focacce nel forno a legna, da gustare al tramonto. Il venerdì sera durante la stagione estiva: giropizza, torta baciocca, focaccia al formaggio tipo Recco, farinata. A tavola si bevono acqua di fonte, vino e birra. Il caffè è del commercio equo e solidale. Alcuni amari sono prodotti da noi con le erbe che raccogliamo”.
Una cura certosina, e investimenti notevoli. La gestione di un rifugio ecocompatibile è anche economico-compatibile. Un’alzata di spalle è la risposta breve. Quella lunga: “Noi quattro abbiamo fatto una scelta di vita ben consci che un rifugio non è uno stabilimento balneare. Se pensi di camparci sopra, non dico di guadagnare, hai sbagliato strada. Io e i miei compagni abbiamo altre professioni dalle quali abbiamo tratto quanto basta per consentire di lanciarci in una vera e propria avventura”.
Pentiti? Nemmeno per sogno. “Gestire un rifugio non lascia molto tempo libero. A volte possiamo essere stanchi ma, quando ci fermiamo un attimo e posiamo i gomiti sulla staccionata della terrazza, il mare e i profili delle montagne che ci separano dalla costa ci riempiono di bellezza. Di notte si distinguono chiaramente le luci di Chiavari e dei paesi della valle: non siamo distanti dalla vita quotidiana di tanti e allo stesso tempo siamo immersi nei ritmi misteriosi della natura”.
Le traversie dell’ultimo anno e mezzo hanno lasciato un segno relativo a Malga Zanoni. “Non ci siamo mai fermati. Noi apriamo a Pasqua e poi per l’intera primavera teniamo aperto nei weekend, passiamo da fine giugno a metà settembre all’apertura ‘senza limiti’ e in autunno manteniamo i weekend. La scorsa estate eravamo preoccupati, invece fu un momento esaltante. Prenotazioni su prenotazioni. E quest’anno lo stesso. Potrei dire che abbiamo fatto centro, però sono per natura cauto e aspetto di vedere come andranno i prossimi mesi”.
I segnali sono solo positivi. C’è una quota sempre maggiore di persone che hanno compreso la proposta e aderiscono con insospettato entusiasmo. “Credo che avvertano la nostra buona fede. Non ci proponiamo, noi amiamo questo posto e facciamo di tutto per valorizzarlo”. E le novità e le sorprese si moltiplicano: “Da un paio di anni abbiamo imparato a posare una foto-trappola e poi corriamo al computer per vedere chi è. Abbiamo seguito così per qualche mese la crescita di una famiglia di caprioli, osservato volpi, tassi, lepri e martore che vivono accanto a noi, oltre ad aver fatto conoscenza con un piccolo branco di lupi. Condurre un’attività di accoglienza in un territorio vivo, dove i pastori allevano mucche, capre e pecore, richiede conoscenza e fiducia reciproca. È necessario del tempo per trovare il proprio spazio e individuare un equilibrio fra le esigenze di chi vive delle risorse del pascolo e quelle degli escursionisti. Siamo grati a tutti i nostri vicini – in montagna, a Prato, a Borzonasca e giù nei paesi della valle – per la disponibilità all’incontro e per il supporto affettuoso e concreto che abbiamo ricevuto in tante occasioni”.
Che si può aggiungere? “Siamo in quattro e abbiamo caratteri, passioni e competenze differenti. Se vi è possibile salire quando siamo meno occupati, avremo modo di condividere la nostra passione per la magia di Malga Zanoni. Abbiamo scelto di gestire uno spazio di accoglienza perché ogni incontro, anche nei momenti più faticosi, rigenera il piacere e apre lo sguardo. Vi aspettiamo”. Verdi intelligenti che predicano un’ecologia dai toni ragionevoli.
La brezza che muove i concreti idealisti di Malga Zanoni spira dalle doline carsiche di Trieste, città di Paolo Rumiz, soffia forte nei boschi della Nuova Inghilterra, ovunque si avvertano tracce di Walden e del Giovane Holden. Però c’è qualcosa di ancora più antico nel sole di questo inusuale altopiano che interrompe le asprezze delle fasce per allargarsi in una plaga senza sussulti. Il vero patriarca sta un po’ più lontano nel tempo e vicino nella stirpe. Il buon vecchio Virgilio Marone avrebbe vita facile con il suo Titiro sdraiato nella frescura di questa malga. I faggi abbondano, le sponde della patria restano solo un poco discoste.