(r.p.l.) La mafia, per chi vive nel Nord Italia, rimane di sovente un concetto astratto. La criminalità organizzata di stampo mafioso è avvertita come una prerogativa del Sud del Paese o comunque una realtà distante dai territori non tradizionalmente mafiosi. Il fenomeno invece, purtroppo non da oggi, è un problema nazionale e internazionale.
La presenza ’ndranghetista sul territorio ligure, che risale al dopoguerra, è emersa in tutta la sua portata e diffusione dalle inchieste che, a partire dagli anni ’80, si sono susseguite. Le indagini e i processi hanno portato alla luce un sistema mafioso ben radicato dall’estremo ponente all’estremo levante.
La grande disponibilità di denaro da parte delle mafie ha favorito la vocazione imprenditoriale della criminalità organizzata, portata avanti attraverso un tasso di violenza marginale, privilegiando invece forme di accordo e collaborazione con settori della politica, dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione.
Nei territori non tradizionalmente mafiosi, come la Liguria, per le organizzazioni criminali è molto più conveniente occuparsi di affari infiltrandosi nell’economia legale: nel campo immobiliare, nell’edilizia, nel commercio, nell’erogazione del credito, nella ristorazione, nei settori turistico-alberghiero, dei giochi e delle scommesse.
La strategia adottata dalle mafie, cioè quella di lavorare sottotraccia, la rende ancor più pericolosa. Opera arrivando anche ad alte sfere senza dare nell’occhio e senza che un cittadino comune percepisca la sua presenza così radicata nei territori.
Anche il Tigullio è stato toccato da inchieste che hanno gettato luce sulle infiltrazioni della ’ndrangheta sul territorio. Nel 2019, il Tribunale di Genova, condannando gran parte degli imputati del processo ‘I Conti di Lavagna’, ha riconosciuto la presenza di una locale di ’ndrangheta nella cittadina del Tigullio. Per la prima volta nella storia giudiziaria ligure, sono stati condannati non solo i mafiosi di origine calabrese ma anche i politici nostrani, ritenuti colpevoli di aver accettato pacchetti di voti in cambio di favori economici alle cosche, in occasione delle elezioni amministrative del 2014.
Oltre alle indagini, le normative, i processi, la consapevolezza dei cittadini può essere un potente mezzo di contrasto, perché la catena di sub appalti e sub contratti tende sempre più ad allungarsi e ad essere sempre meno facilmente controllabile. Ecco perché è fondamentale far conoscere ai giovani che cosa sia la mafia, tutte le stragi di cui si è macchiata, gli eroi che l’hanno combattuta e i valori che devono guidare l’agire civico e politico. Fatti come le stragi di Capaci e di via D’Amelio per gli studenti di oggi sono storia e rischiano di apparire fatti lontani, quando la mafia è ancora una realtà concreta e presente, anche se ha cambiato modus operandi.
La prevenzione diventa una delle azioni principali da mettere in campo e la si fa partendo dalla consapevolezza.
Proprio con questi obiettivi di sensibilizzazione e informazione l’associazione di cultura politica ‘Il Bandolo’ ha organizzato per sabato 14 gennaio alle ore 17, presso la Sala Ghio Schiffini della Società Economica, l’incontro ‘La linea della palma: il radicamento delle mafie in Liguria’. Il relatore sarà Marco Lorenzo Baruzzo, volontario del Presidio Dario Capolicchio di Libera Sarzana, membro della segreteria regionale dell’associazione e volontario dell’associazione L’égalité di Sarzana. Referente del progetto ‘Beni confiscati in rete’ che Libera promuove con il contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo.