Professione e passione fanno rima nella ‘Lucertola’ di Rapallo, la pelletteria che dal 1982 è un punto di riferimento dell’artigianato tigullino. Una bottega come quelle di un tempo, in via Mameli, con il laboratorio in bella vista dietro al bancone: Giuseppe De Lorenzis si muove come un pugile nell’arena, ma non ci sono colpi proibiti, le sue mani regalano solo emozioni. Quelle, per esempio, di vedere una borsa prendere forma da un semplice disegno nello spazio di qualche giorno.
Tutto è cominciato quasi per caso. “Gli studi in architettura non facevano per me”, racconta. E così quando riceve l’invito dell’amico Athos Matarazzi, “vieni a lavorare nel mio laboratorio di pelletteria”, non ci pensa due volte. “Era il 13 settembre 1978”. Memoria di ferro? No, una data che De Lorenzis non può dimenticare perché coincide con il suo 22esimo compleanno. Festeggiato in via Toti, il capitolo iniziale di un lungo libro con ancora tante pagine da scrivere: “Il primo compito che mi ha assegnato non lo ricordo sinceramente, mi avrà insegnato a tenere in mano un coltello poi, probabilmente, a tingere i bordi: una cosa che non mi piace fare neppure oggi”. I trucchi del mestiere assimilati velocemente, l’avvicinamento al centro in via San Benedetto prima di fare, quattro anni più tardi, il grande salto con un’attività tutta sua, condivisa per un certo periodo con il socio Maurizio, in via Mameli. Una vita tra borse, cinture e portafogli, “quelli che richiedono più tempo”, svela.
A proposito di tempo, una delle ultime creazioni ne ha portato via parecchio: borsa in vitello rosso con fodera in pelle di cinghiale e, soprattutto, oltre 360 borchie messe a mano. Roba da uscirci di testa, ma il risultato poi spazza via in un attimo le difficoltà: “Prendere un pezzo di pelle, trasformarlo in un oggetto che prima non esisteva, sapere che qualcuno lo userà e lo porterà con se per una parte della sua vita: tutto questo era ed è meraviglioso ed appagante”.
La pelle più pregiata è quella di coccodrillo, seguita dallo struzzo. E guai a nominargli l’ecopelle: “Una parola che confonde il consumatore perché nella maggior parte dei casi non si parla di cuoio, ma di poliuretano che vale meno della plastica!”. Il sorriso ritorna pensando a uno dei lavori più gratificanti, “una speciale armatura che il parroco di Rapallo ha indossato per sostenere l’immagine di Nostra Signora di Montallegro, portata in giro per la città, in occasione del 450esimo anniversario dell’apparizione”.
Soddisfazioni che si intrecciano in un presente così diverso dal mondo che De Lorenzis aveva conosciuto da giovane: “L’artigianato sta velocemente scomparendo, schiacciato dal consumismo e dalla mancanza di cultura, ma sono certo che un giorno ritroveremo il tempo e la curiosità per soffermarci a osservare quello che le nostre mani possono creare. L’aspetto più gratificante di un lavoro artigianale è scoprire ogni giorno che le tue mani sanno fare una cosa in più e che, mai e poi mai, potrai essere certo di saper far tutto. Un continuo divenire fatto di errori e conquiste. Come vorrei che si insegnasse questo ai nostri giovani”.
Già, i giovani: chi si avvicina a questo mestiere è scomparso. “Proprio così, purtroppo. Negli ultimi venti anni non è entrato nessuno a chiedermi di imparare. E la crisi del settore si vede: quando ho cominciato c’erano quattro grossisti a Genova, oggi ne ha resistito solo uno. La nostra industria manifatturiera sta lentamente scomparendo, prima per la delocalizzazione in paesi come la Cina e il Pakistan, poi con una delocalizzazione interna, ovvero quel Made in Italy che però segue logiche diverse da quelle dello Stato italiano, e penso per esempio a Prato”.
DANIELE RONCAGLIOLO