di DANILO SANGUINETI
È un pegno che chiunque abbia ricevuto in dono dai genitori quel nome prima o poi paga. La signorina Signaigo lo ha fatto fruttare. Le Case di Alice a Pratosopralacroce, frazione di Borzonasca: due edifici, tre abitazioni.
Indovinate come si chiamano? Il Cappellaio Matto, il Bianconiglio e Regina di Cuori. E via con le citazioni a pioggia dal Paese delle Meraviglie, da Attraverso lo Specchio ad Alice non abita più qui, passando per la più azzeccata considerato posto e abitudini, Alice’s Restaurant.
Un gioco di specchi (per l’appunto), rifrazione della mente che rischia di distogliere dall’operato sorprendente per coraggio, inventiva e prospettive di crescita della assai giovane imprenditrice (neppure 30 anni) che è dietro tutto questo e molto altro ancora.
Alice Signaigo (nella foto a sinistra) della bambina vagheggiata da Charles Lutwidge Dodgson ha mutuato una sola cosa: l’immaginazione che con lei è andata realmente al potere. Case da sogno, un caso da manuale perché si sfiora la perfezione Chez Alice. Ci troviamo nella strada che porta al Passo del Ghiffi, uno dei punti di scollinamenti sul contrafforte che separa Liguria ed Emilia. Una frazione di Borzonasca, una delle zone dove più duro ha picchiato la desertificazione antropologica, strisciante da decenni nelle vallate liguri, rovinosamente accelerata tra gli ’80 e i ‘90.
Proprio in quegli anni è nata Alice, che lì è cresciuta e che lì è tornata dopo una brillante e rapida carriera scolastica tra Rapallo e Genova. Lì doveva scaturire l’idea di Alice. Una specie di utopia.
Non c’è una virgola sbagliata nell’accoglienza che la giovane Alice ha immaginato e realizzato sui terreni di sua nonna in una zona poco valorizzata ma comunque splendida dell’entroterra ligure, segnatamente della Valle Sturla e del Comune di Borzonasca.
Al di là delle suggestioni hogdosiane per i nomi delle singole case, che questo sia un paese delle meraviglie è difficile da confutare perché unisce le meraviglie naturali, il senso di eterno della natura, il sapore del passato dato dalla riscoperta delle tradizioni e lo slancio nel domani grazie a un’organizzazione che segue le più moderne modalità di ospitalità e sfrutta le tecniche comunicative più all’avanguardia come viene riconosciuto dalla Bibbia del turismo fai-da-te internazionale, il portale Booking.com che le assegna nelle più recenti valutazioni un prestigioso nove.
Quasi l’eccellenza, l’equivalente delle tre stelle della Guida Michelin per i ristoranti. Un Eden per i turisti, di ogni paese e di ogni genere, in senso lato: sono benvenuti anche quelli a quattro zampe che saranno accuditi come i loro compagni di strada a due gambe. Come sia stato possibile edificare in un deserto spirituale una cattedrale di buoni propositi è la storia di Alice. Una felice anomalia che la stessa protagonista in parte attribuisce alla casualità, sottacendo e sottraendo dalla concatenazione degli eventi un’intelligenza pratica non comune e una visionarietà lucida che ha pochi paragoni.
“Io non dovrei essere qui e soprattutto non dovrei fare questo”, è il suo spiazzante attacco. “Pratosopralacroce è il paese della mia famiglia, vi ho trascorso l’infanzia ma ho studiato altrove, il liceo a Rapallo e l’università a Genova”. Nel 2016 il fluire di alcune storie si intreccia, si crea una sliding door, Alice la apre quasi senza rendersene conto.
“Mi sono laureata in Giurisprudenza e intanto si era liberata una delle case possedute da mia nonna in paese. Ci sono andata per stare tranquilla, preparare gli ultimi esami e anche il successivo esame di stato”. L’edificio che si trova a Zanoni – una delle sei frazioni della frazione Pratosopralacroce, a testimoniare la parcellizzazione degli agglomerati abitativi nelle aree agricole dell’appennino ligure – era in condizioni pessime.
“La casa come una delle altre che oggi gestisco appartiene a mia nonna, che oggi ha 99 anni e che da una decina, dalla morte del nonno, non poteva occuparsi direttamente degli immobili, li aveva affittati e stando nella casa di riposo di Campori neppure poteva controllarli. Inquilini che ruotavano vorticosamente, con diversi inconvenienti, avevano malridotto l’appartamento. Mi sono detta che per distrarmi nelle pause di studio dovevo fare qualcosa di… materiale. Essendo una cocca di famiglia (figlia unica, ndr) avevo zero abilità manuali e meno che zero conoscenze al riguardo. Però dopo un weekend passato con il mio fidanzato Fabrizio a pitturare pareti e infissi ho deciso di impegnarmi in un piano di ristrutturazione autogestito ma di ampio respiro”.
E la fatica è diventata una droga. “Vero, settimana dopo settimana io e Fabrizio scoprivamo nuove cose da riparare nuovi problemi da risolvere. E più mi impegnavo, più mi divertivo. Per dare un’idea, nella casa che prima era un mulino gli ultimi abitanti avevano bucato la divisione tra primo e secondo piano, avevano sradicato alberi nel giardino, e avevano rovinato o buttato via gran parte della mobilia antica. Dal bricolage siamo dovuti passare al restauro e all’antiquariato per ricomporre un arredamento in stile con la casa”.
Finiti i lavori, finiti gli esami. La dottoressa Signaigo è abilitata alla professione, potrebbe dedicarsi a lavorare nel campo dell’assistenza sociale come aveva programmato. Invece, stregata dal genius loci della Vallesturla, ha un’altra illuminazione. “Avevo sentito di Airbnb, il website dove si potevano mettere le case da affittare ai turisti. Ho acquisito le necessarie documentazioni e ho detto: ‘Proviamo’”.
La risposta fu incredibilmente sollecita. “All’epoca, sottolineo che stiamo parlando di sei anni fa, credo che in tutta la valle non ci fossero più di cinque case-vacanza (oggi sono più di 50). Pochi giorni e avevo on line una prenotazione. Una coppia di francesi, si fermarono due notti. Emozione prima, soddisfazione poi. Mi accorsi che non era solo l’aver realizzato un guadagno materiale, era la crescita spirituale che mi consentiva questa nuova professione. Due giorni di discorsi con ragazzi più o meno della mia età che arrivavano da lontano rispetto al piccolo borgo dove mi trovavo”.
Alice passa dalle pandette alle ricette. “Far conoscere il mio paese era di per sé remunerativo. E davo anche un aiuto alla nonna, diventata imprenditrice alla verde età di 93 anni. I meno convinti erano i miei genitori. Mio padre mi vedeva dietro una scrivania, mia madre era scettica sulle possibilità che ci fosse interesse per un borgo e una zona che da anni stavano scivolando nell’ombra dell’incuria e dello spopolamento”.
Non è che si potesse dar loro tutti i torti. “Direi una bugia se dicessi che ero tranquilla. Mi chiedevo: ma possibile che da Parigi o da Berlino (come accadde quella estate) si sciroppino migliaia di chilometri per venire all’ombra del Ghiffi? Ci avevo trascorso l’infanzia, forse davo per scontato che tutti avessero accesso a queste bellezze…”.
La prova del nove arriva da Seul: “Due ragazze coreane arrivarono, girarono i nostri boschi e se ne andarono entusiaste. Altra emozione fortissima, altro incontro umano importantissimo. Oramai ero ‘conquistata’. Partii alla carica con l’altra casa, questa volta con doppio appartamento, uno posseduto dai miei e uno dalla nonna. Restaurata, sistemata per le esigenze moderne (Internet e parabola), pronta e subito popolata. Da luglio ad ottobre stranieri e anche italiani”.
Stagione dopo stagione, conoscenza dopo conoscenza. Di persone e di cose, riappropriandosi del passato suo e della sua gente. “Mi sono detta che non bastava offrire aria pura e natura a profusione, il menù da offrire a chi passava di qui doveva essere più ricco. Ho letto e ascoltato, girato e fotografato. Poi ho scritto un libro vademecum da offrire ai clienti”.
Per una perfezionista da assalto come miss Signaigo non era ancora abbastanza. “A questo punto c’erano tre appartamenti, un programma ricco da offrire ai clienti. Ma il mangiare, e le feste. Nel momento clou della stagione, da luglio a settembre si potevano portare i visitatori della zona a eventi, fiere, cerimonie. Insegnar loro e… riempirli. Di nostre pietanze, sfruttando la cultura gastronomica locale, essenziale ma fortissima. E qui sono stata aiutata da un gruppo di amici che avevano come obiettivo quello di riscoprire le tradizioni delle nostre valli, ritemprare una socialità sfibrata con progetti modernissimi e lungimiranti”.
E le Case di Alice vengono occupate senza soluzione di continuità da un capo all’altro della stagione vacanziera. Alice, diventata un’operatrice turistica a tutto tondo, potrebbe fermarsi qua. Oltretutto le sue residenze hanno superato la prova del fuoco. La tremenda sberla del Covid ha fatto un baffo… “Sarò onesta, ho sofferto solo nei due mesi di lockdown duro la scorsa primavera. Poi ho potuto lavorare a pieni giri, avendo tre abitazioni del tutto separate, dove chi entra ed esce non ha contatti con nessuno, siamo rimasti aperti. E le case sono sempre state occupate”.
La gente cerca di isolarsi e allo stesso tempo di comunicare in modo diverso con l’ambiente. Sopralacroce sembra un posto creato apposta per chi ha simili esigenze. Ed è in continuo aumento. “Altra lezione appresa grazie alla mia attività. Ho riportato il Carnevale qui in valle dopo 18 anni di pausa. Era una grande festa, così come il Cantamaggio. Le abbiamo fatte rivivere. Ed è stato un trionfo. Mi sono commossa due anni fa perché al Carnevale si sono presentati amici francesi che vengono ogni anno in estate. In un giorno dalla capitale francese a Zanoni e ritorno solo per farmi una sorpresa”.
È conclamato che a Pratosopralacroce si è creata una nicchia spazio-temporale più unica che rara. Venite per credere. Alla casa Il Cappellaio Matto, conosciuta come l’Antico Mulino, una villetta indipendente situata lungo la strada provinciale SP49, precisamente nel paesino di Vallepiana, una delle sei frazioni di Pratosopralacroce. Avrete a disposizione bosco-giardino dotato di gazebo, tavolo, sedie, sdraio e barbecue, adiacente a un grazioso ruscello con spiaggetta per rinfrescarsi durante le giornate estive.
Nel giardino si trovano anche due grandi vasche in cui nuotano pesciolini rossi e, per finire, un parcheggio privato davanti alla casa permetterà agli ospiti di avere sotto controllo la propria auto e scaricare i propri bagagli senza alcuna fretta. Tutto lo spazio circostante è riservato ed esclusivo agli ospiti che decideranno di soggiornare nella villetta.
Con i suoi 55 metri quadrati, il Cappellaio Matto dispone di uno spazioso soggiorno. Per ultimo, ma non per importanza, è l’antico mulino ad acqua situato al pian terreno, che veniva utilizzato dai contadini per macinare le castagne. Il mulino nel passato era tra i più importanti del paese poiché gran parte della farina di castagne veniva macinata dai fratelli ‘Stallun’ che, oltre che per se stessi, macinavano anche per i contadini del paese e come ‘compenso’ veniva lasciato un quantitativo di farina chiamato ‘moe-tua’.
Di fianco al Cappellaio Matto vi è un’altra casa in cui un tempo esistevano altri 4 mulini (3 in funzione e 1 di riserva) in cui i fratelli macinavano grano, granturco e orzo. Oggi le 4 ruote sono ancora visibili e sono diventate il muretto di cinta dell’abitazione ed è possibile visitare l’antico mulino in tutta la sua bellezza. Possibile utilizzare la location anche per eventi o per scattare servizi fotografici (su richiesta).
Se avete altre preferenze, c’è l’appartamento Bianconiglio situato nell’antico e caratteristico borgo di Zanoni, altra frazione di Pratosopralacroce. L’alloggio è totalmente indipendente e si trova al secondo piano (raggiungibile solo tramite scale esterne) di una casa privata costruita intorno al 1850 e poi ristrutturata negli anni, ma mantenendo inalterate le caratteristiche architettoniche del periodo e l’atmosfera unica e d’altri tempi. Ogni spazio è stato curato e studiato nei minimi dettagli in modo da creare un contrasto tra rustico e moderno. Con i suoi 75 metri quadrati, dispone di una vista mozzafiato a 360° sull’intera vallata.
Sotto c’è l’appartamento Regina di Cuori. Con i suoi 90 metri quadrati, dispone anche di una antica stufa a legna, ‘La Germania’. Due spaziose camere da letto matrimoniali collocate sulla pavimentazione originale. Tre luoghi ‘dentro lo specchio’ come scriveva il Rev. Hogdson? Mah, nel gioco dei rimandi sorge un dubbio. E se fossero i posti ad avere imposto il gemellaggio con i nomi del capolavoro del genere fantastico? Perché i prati e i boschi qui sono incantevoli, forse incantati al punto che potrebbero aver obbligato i soggetti a chiamarsi così e non altrimenti. E altre mattane sono in programma.
Alice ha attraversato oltre lo specchio pure la tana del coniglio. “Stiamo preparando con le ragazze della nostra futura organizzazione di volontariato ‘La compagnia di San Martino di Licciorno’ un progetto di Ecomuseo. Poi c’è il grande sogno: il restauro della chiesa medievale di San Martino di Licciorno. L’ho scoperta colpevolmente tardi e me ne sono follemente innamorata. Per me salvare San Martino è diventata una missione di vita: a volte dimentico che il lavoro che mi dà da mangiare è un altro e spesso lo trascuro per pensare a questo. Da cinque anni a questa parte tante volte ho perso le speranze di trovare chi potrebbe aiutarmi, ma poi basta una notte di riflessione e riparto carica come una molla”.
Perché c’è il tangibile successo delle Case a rassicurarla. “Tanti mi dicevano che non ce l’avrei mai fatta. Se è stato possibile per le Case di Alice, perché non può essere possibile anche con San Martino e per tutta la valle? Anche da questo progetto potrebbe uscire un business per tutto l’entroterra, se curato bene! Per Sopralacroce e per le mie Case mi auguro che il lavoro vada ad incrementarsi sempre di più (visto che ormai lavoro solo di passaparola e clientela fidelizzata) e che tante persone tornino a vivere qui, ripopolando la zona. Servirebbe solo aumentare i servizi e le infrastrutture”.
L’entusiasmo di Alice è un fiume travolgente. “Nel 2020 alcuni ospiti francesi hanno comprato casa qui. E ho diversi conoscenti che mi hanno chiesto di trovar loro casa. Si deve pensare in grande. Il primo passo è crederci, poi si vedrà”.
Adesso è tutto chiaro. Dimenticatevi l’umbratile Alice e le sue contorsioni psicologiche prelisergiche. Qui siamo in compagnia di Henry David Thoreau. Prato Sopra La Croce come Walden. “Erano bei giorni di primavera, nei quali l’inverno dell’umano scontento si sgelava come la terra, e la vita – che fino allora aveva sonnecchiato – incominciava a risvegliarsi”.