di ROSA CAPPATO
Celebrazioni ufficiali, nella baia di San Fruttuoso, a memoria del sacrificio delle sorelle Avegno durante il naufragio del piroscafo Croesus. Giovedì scorso, 24 aprile, la comunità di Camogli ha ricordato le due eroine che, facendo la spola con il loro gozzo, salvarono 270 ufficiali e 37 militari dell’armata sarda. Erano imbarcati sul piroscafo inglese Croesus, inabissato nelle acque del borgo. Nell’impossibilità di raggiungere San Fruttuoso a causa delle condizioni meteo marine avverse, l’amministrazione comunale, con il sindaco Giovanni Anelli, il presidente del consiglio comunale con delega alla Cultura Paolo Terrile e l’assessore al Commercio, Ambiente e Verde Pubblico Cristina Gambazza hanno commemorato la ricorrenza, alla presenza del direttore dell’Abbazia di San Fruttuoso Alessandro Capretti, deponendo una corona d’alloro presso la ‘Rotonda Sorelle Avegno’, in Via Garibaldi, lungo la passeggiata a mare di Camogli.
A 170 anni dall’evento la storia delle sorelle Maria e Caterina Avegno è sempre viva nel cuore dei camogliesi. Il 24 aprile 1855 Maria Avegno, 8 figli (l’ultimo lo stava ancora allattando), aveva remato fino allo stremo per portare a riva i militari a bordo del Croesus dove era divampato un furioso incendio ma alcuni di loro, in preda al terrore, saltarono tutti insieme sul suo gozzo che si capovolse. Maria morirà dopo essere stata trascinata sul fondo dai movimenti frenetici dei militari che si aggrappavano a lei cercando di salvarsi; Caterina, sfinita, raggiungerà a fatica la spiaggia.
La storia delle sorelle Avegno viene raccontata dal property manager dell’abbazia del Fai, Alessandro Capretti, durante le visite guidate, nel sepolcreto della famiglia Doria, dove riposa Maria, un onore riservato unicamente a lei tra tutti gli abitanti del piccolo borgo. Accanto alla sua tomba c’è un frammento del relitto del Croesus. Daniela Bruno, Vice Direttrice Generale per gli Affari Culturali FAI (Fondo peer l’Ambiente Italiano Ets), parla della vicenda definendola ‘storia di italico eroismo’, con teatro la baia, Bene del FAI dal 1983. “Tempo fa ho messo insieme i pezzi di questa storia a partire da un pezzo, appunto, di metallo arrugginito – spiega in un’intervista – che si conserva nel sepolcreto della famiglia Doria nell’abbazia e che mi aveva decisamente incuriosito. Perché mai c’è un pezzo di metallo arrugginito tra le tombe dei nobili Doria? La storia si è rivelata decisamente appassionante”.
Nel 1855 Camillo Benso Conte di Cavour e il Ministro dell’Interno Urbano Rattazzi, salutano dal molo del porto di Genova la partenza del Croesus, un piroscafo inglese diretto in Crimea, nel Mar Nero, per portare soccorso all’esercito alleato franco-inglese in guerra con la Russia. La nave imbarca 37 ufficiali del genio piemontese, 239 tra soldati, medici e infermieri, un ospedale da campo per 100 persone, medicinali, muli, cavalli, fieno, acquavite, razioni di viveri, munizioni ed esplosivi. Soffia una brezza tesa di maestrale, il tempo è sereno, il Croesus supera tranquillo Punta Chiappa. “Alle 11 fuoco a bordo! – prosegue la narrazione Bruno -. Nella stiva piena di 400 tonnellate di carbone scoppia un incendio. Il comandante inglese ordina di gettare a mare munizioni ed esplosivi. Il motore si spegne, si alzano le vele, il vento alimenta le fiamme. Tra i soldati piemontesi e sardi è il panico. Pochi sanno nuotare e nessuno capisce gli ordini impartiti in inglese dagli ufficiali. Alle 12 il comandante decide di puntare verso la costa, per arenare il Croesus e provare a salvare l’equipaggio e il carico. Nella piccola baia di San Fruttuoso la popolazione del borgo vede la nave in fiamme avvicinarsi e si prepara a portare soccorso.
Dalla spiaggia partono due gozzi: Giovanni Oneto su uno, sua moglie Maria Avegno e la sorella sull’altro. Le barche fanno avanti e indietro senza sosta e salvano decine di persone. In uno dei viaggi, assaltato da troppe mani di disperati, il gozzo delle sorelle Avegno viene ribaltato. Maria e Caterina sono sbalzate in mare e i naufraghi si aggrappano alle loro vesti. Caterina riesce a raggiungere la riva, ma Maria annega. Alle 15 giungono i soccorsi da Camogli, la nave viene evacuata, tutti i naufraghi sono accolti a riva e si contano i morti. Cinque corpi sulla spiaggia, altri venti saranno restituiti dal mare tra cui quello di Maria Avegno. Le vittime del naufragio vengono sepolte alle spalle del borgo. Una mareggiata spegne l’incendio a bordo solo quattro giorni dopo e spezza in due la nave che definitivamente affonda. L’eroica morte di Maria Avegno merita, così, straordinari riconoscimenti.
I Principi Doria Paphili le concedono l’onore della sepoltura in un sarcofago di marmo nel sepolcreto di famigliaaccanto ai nobili antenati nella cappella accanto all’Abbazia. Il nome di Maria Avegno figura inoltre nel libro d’oro della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, insieme a coloro: ‘che sono morti per salvare la vita del prossimo’”. L’8 settembre 1898 il consiglio comunale di Camogli deliberò di apporre una lapide sulla sua casa a San Fruttuoso, a perenne memoria dell’eroico gesto. “Vent’anni dopo il naufragio – conclude la funzionaria del Fai – i palombari cominciano a recuperare parti del relitto da cui emerge anche un sestante. Gran parte del ferro si recupera negli anni della guerra, ma la lunga chiglia giace a 10 metri di profondità fino al 1970. Da quella chiglia proviene questo frammento di metallo arrugginito. Un piccolo oggetto che racconta una grande storia, una vicenda di italico eroismo da conoscere, che fa bene al cuore e un capitolo inedito e appassionante della storia dell’Abbazia di San Fruttuoso”.
Il governo del Regno di Sardegna, nel giugno 1855, deliberò di concedere all’eroina la medaglia d’oro al Valor civile e un vitalizio ai figli: Maria è stata la prima donna italiana a riceverla. La regina Vittoria le assegnò la ‘Victoria Cross’, il massimo riconoscimento militare britannico. Il console inglese Brown consegnò 10 sterline a Caterina e 50 alla famiglia di Maria. La prima targa commemorativa in onore di Maria e di Caterina fu distrutta dall’alluvione del 25 settembre 1915 insieme alla lapide, ma una nuova targa fu poi collocata sulla facciata della ‘Casa della Piazzetta’, prospiciente la chiesa, dove si trova tuttora. Il sestante del capitano Hall il comandante del Croesus oggi si trova a Camogli, al museo marinaro Gio Bono Ferrari, conservato ancora annerito dal fuoco, mentre, all’ingresso, su una lastra di marmo, è inciso un breve passo del libro ‘Il marinaio italiano’, di Daniele Morchio, che invita i naviganti di passaggio a rivolgere ‘un pensiero alla nascosta calanca di San Fruttuoso’ e a ‘mormorare in una preghiera il nome di Maria Avegno’.