di DANILO SANGUINETI
Potremmo provocare il presidente della Sammargheritese 1903, Lenzo, e chiedergli quanto sta risparmiando sugli stipendi della sua squadra che milita in Promozione (al momento dello stop a fine febbraio si trovava a centro classifica nel girone B) se la possibilità di non ricevere una adeguata quanto meritata rispostaccia fosse prossima a zero.
L’avvocato Andrea Lenzo solitamente è tipo da battute e sa scherzare, ma oggi la situazione per il calcio dilettantistico è troppo nera per riuscire anche a sorridere. È in attesa di conoscere le decisioni ufficiali che pioveranno al solito dall’alto, da molto in alto (forse un po’ troppo per capire le reali necessità della base), sapere come andrà a finire la stagione più difficile della sua ultradecennale militanza nel club arancione non è però in cima ai suoi pensieri: “La sentenza è ancora in fase di scrittura, penso però che i fatti siano evidenti. Siamo fermi da due mesi, i nostri giocatori che non sono atleti professionisti hanno smarrito tenuta e ritmo, per quanto possano essersi tenuti in forma (abbiamo anche noi lanciato una challenge per fargli fare qualcosa a casa) e ripartire sarebbe un salto nel buio. E quali garanzie potremmo mettere di isolamento e di rischio di contagio? No, credo proprio che sia la situazione stessa a dire che per questa stagione è finita, non torneremo più in campo. Ci sarebbero formazioni decimate, altre addirittura non si presenterebbero. Nella Samm ci sono dei ragazzi che lavorano e che sperano di tornare alle loro vere occupazioni a giugno e luglio, sperando che nel frattempo le loro attività non siano state costrette a chiudere”.
Lo sguardo del presidente va ben oltre i mesi a venire. “Dal punto di vista agonistico, ripartiremo tutti dallo stesso punto, un torneo neutralizzato lo si può anche accettare, ma come faremo con i bilanci e le precauzioni da prendere nel prossimo?”.
Lenzo ha messo il dito nella vera piaga, nella minaccia seria che pende sul capo del movimento dilettanti. “Ho parlato pochi giorni fa con il presidente del comitato regionale Figc, Giulio Ivaldi, uno che capisce i nostri problemi, mi ha fatto molto piacere che abbia voluto rincuorarci uno per uno. Gli ho detto che temo molto per la mia società e per quelle come essa che hanno una prima squadra e un settore giovanile. Sino a oggi, anzi diciamo sino a febbraio, stavamo in piedi con i proventi del settore giovanile, ossia le quote iscrizioni, i risparmi fatti costruendo una prima fatta quasi esclusivamente di elementi provenienti dal vivaio. In più qualche sponsor e gli incassi dei tornei primaverili e dei campus estivi. Da settembre o da quando sarà possibile tornare in campo in modalità sicura come ci manterremo? Niente tornei quest’anno e naturalmente ho quasi paura a pensare dove troveremo quei piccoli aiuti da parte di piccoli esercizi commerciali che ci consentivano di pareggiare il bilancio”.
Il pensiero corre a un paese come Santa Margherita che sul turismo prosperava. “Il timore è che tutti debbano fare sacrifici consistenti e che i posti a pagare per primi saranno i negozi, i ristoranti, i bar che formavano la platea dei nostri piccoli sponsor. La prossima stagione con quale coraggio andrò a chiedergli di darci una mano. Temo che mi chiedano semmai se possiamo dargliene una noi questa volta…”.
Il discorso del presidente si addentra nei meandri di una dura lotta per la sopravvivenza. “So che anche in alto hanno i loro problemi e avranno i loro guai, ma io penso a cosa troverò alla riapertura dell’attività e rabbrividisco. Il nostro momento è reso ancor più delicato dal fatto che la Samm 1903 gestisce lo stadio Broccardi: spariti gli introiti seppure minimi dei biglietti, quelli del bar e dell’affitto del campo a privati quando non è occupato dalle nostre squadre. Non erano proventi faraonici ma sono altre fonti di sostegno che si inaridiscono. Come ho detto al presidente, qui di acqua c’è n’è rimasta così poca che non solo la papera ma neppure un girino galleggia!”.
Le richieste delle società alla Lega Dilettanti stanno per essere formalizzate: “Minimo l’azzeramento dei costi di iscrizione per la prossima stagione e nessuna spesa per il tesseramento degli atleti. Altrimenti i club come il mio che hanno una prima squadra e un settore giovanile dovranno per forza di cose rinunciare a una delle due attività. Un campionato di Promozione fatto in piena economia viene comunque a costare tra iscrizioni, tasse e trasferte almeno 30mila euro. Debbo aggiungere altro?”.
La Sammargheritese intende confermare prima e ogni squadra giovanile. “Ci siamo affidati per il settore giovani ad Alessandro Giacobbe, un ragazzo bravo e preparato, con i titoli accademici giusti per farci crescere, e vogliamo riportare al campo il maggior numero di ragazzi che avevamo sotto tutela. Ho scritto una lettera a ogni famiglia di ogni nostro allievo: ho spiegato che capiamo benissimo che nel prossimo anno potrebbero trovarsi a fare delle scelte dolorose, che la pratica sportiva potrebbe essere uno dei tagli da dover fare al bilancio familiare, ma che prima di prendere la decisione così triste ci chiamino, vedremo di trovare caso per caso una soluzione”.
Inventiva, combattività, per affrontare tempi eccezionali servono mezzi e uomini fuori del comune, capaci di trovare soluzioni innovative. “Bisogna che tutti noi dirigenti di calcio si cambi modo di pensare, di comportarsi. Sarà un calcio nuovo quello che emergerà dalla crisi, che richiederà scelte coraggiose, gesti inusuali e capacità di rischiare. Per esempio perché in questo nostro Levante, in questi 30-40 km dove ci facciamo una guerra spietata a livello di settore giovanile, perché non ci riuniamo tutti, grandi e piccoli, attorno a un tavolo per vedere se possiamo fare un consorzio, una società che metta in comune l’esperienza di ciascuno. Io faccio un appello proprio all’Entella, che è la capofila del movimento. Potrebbe funzionare da catalizzatore. Quando sei in guerra con un nemico tremendo come il virus e sai che dovrai fronteggiare la crisi economica che lascerà dietro di sé, servono alleati, servono idee che uniscano invece di affondare in distinguo dettati nella maggior parte dei casi più da incomprensioni e antipatie che da reali impedimenti. La breccia si chiude spalla a spalla, non tenendo le braccia conserte”.