di DANILO SANGUINETI
Quando Luna Rossa balzerà (per queste super-tecnobarche navigare è verbo superato) sullo specchio acqueo di Auckland dove domenica 10 marzo si correrà la America s’Cup 2021 guardate per una volta in alto, lasciate perdere le due zampe, i foils, che permettono allo scafo di sollevarsi sul pelo dell’acqua, e osservate le vele.
Sarà un pezzo di Liguria, per la precisione un pezzo di Tigullio, per ancora maggior precisione una fetta di Carasco, a gareggiare nella competizione più famosa della vela mondiale. L’orgoglio di un intero comprensorio che spinge il sindacato e la barca italiani verso quella che ci si augura sia una vittoria (sarebbe la prima in quasi duecento anni della competizione), comunque porti a una grande prestazione e un onorevole risultato. Inutile dire quanto sia importante, anche dal punto di vista economico, che ci siano l’Italia e la Liguria nella fattispecie, nella vetrina universale, in un evento che trova risonanza molto al di fuori dell’ambito sportivo.
Tutte le vele issate sul Luna Rossa Prada Pirelli sono progettate, realizzate, montate da un team di artigiani e disegnatori dello stabilimento North Sails sito a Carasco. E se la scocca delle navi volanti è rivoluzionaria, le vele, ossia il motore – perché alla fine della storia ci vuole il soffio dal cielo perché gli scafi vadano a razzo in barba alle leggi della idrodinamica – sono una parte altrettanto essenziale. Anzi decisiva. Perché se sbagli le vele non c’è foils che tenga.
Queste meraviglie della tecnica e prodigi di una sapienza artigianale da mesi occupano le fatiche di italianissime manovalanze. Dopo settimane di lavoro a ritmo infernale per assicurare il giusto ‘propellente’ alla barca azzurra, in questi giorni stanno rilassandosi perché il prezioso imballaggio delle ‘stoffe’ è arrivato alla base in Nuova Zelanda e l’equipaggio di Spithill e soci le sta testando in vista del primo match race.
Alessio Razeto, loft and sales manager, responsabile commerciale e della sezione (il loft appunto) di Carasco della veleria americana che ne ha una centinaia sparse per il mondo e diverse in Italia, è talmente coinvolto da potersi definire super fan di Luna Rossa. “Il sindacato che da diversi decenni tenta la scalata all’America’s Cup ci ha affidato l’intera gestione del comparto velico delle barche allestite per la competizione. Il rapporto tra Luna Rossa e North Sails si è consolidato sfida dopo sfida”.
Nessun problema sul fatto che anche i detentori del trofeo, il sindacato Team New Zealand, usa le vele americane. “Perché sia kiwi che italiani sanno di poter contare sulla nostra assoluta professionalità. Noi forniamo gli strumenti e pure chi li ha disegnati e chi li adatta alla caratteristiche della barca e alle necessità del suo equipaggio. Oltre alle vele abbiamo ad Auckland il disegnatore Marco Capitani e il velaio Fabio Corsini. Sono parte integrante del team tricolore, lavorano da mesi a stretto contatto con i marinai, lo skipper, il tattico e il timoniere”.
Insomma, oltre al know how di Carasco è dentro fino al collo nella appassionante sfida anche il think tank del loft ligure. Per la precisione sono approdati agli antipodi neozelandesi al seguito della crew pradesca ben tre levantini: oltre al chiavarese Fabio Corsini, il rapallese Massimiliano Carbone e il recchelino Michele Cannoni.
Per Corsini sono già arrivati anche i complimenti del sindaco di Chiavari, Marco Di Capua: “Grande Fabio Corsini, un grosso in bocca al lupo, ti aspettiamo a Palazzo Bianco al tuo ritorno. Nel frattempo vi seguiremo in televisione, come abbiamo fatto fino ad oggi, nella baia più prestigiosa tempio della vela mondiale”.
Razeto è orgoglioso del suo velaio, come di tutti i ragazzi di Carasco che hanno fatto meraviglie per dare a Luna Rossa delle vele fuori del normale. “Si parte da una tecnologia rivoluzionaria brevettata North Sails e che negli ultimi 15 anni ha trasformato il mercato. Con il metodo 3Di (vele composite) si è rivoluzionato totalmente il concetto di vela: si combinano diversi materiali, tra essi il carbonio, ognuno scomposto in filamenti che vengono stesi piatti, impregnati con collante termoindurente e conformati in nastri ultraleggeri”.
Sfruttando la stampa in 3D da computer: “Abbiamo stampi tridimensionali dove le fibre reagiscono al calore e si trasformano in una membrana in composito”. Quindi niente cuciture. “Esatto, inutile aggiungere che occorre egualmente una precisione da chirurgo, unite a una pazienza da certosini e una dedizione da samurai. I ragazzi di Carasco ne sono forniti in quantità nemmeno a dirlo industriale”.
Razeto spiega con due aneddoti perché il team Prada ha scelto proprio Carasco. Lo spirito di gruppo e la forza di volontà fanno di questo loft un unicum. “Qui da noi sono prima di tutto tifosi di Luna Rossa, tanto è vero che hanno fatto le ore piccole notte dopo notte per vedere in diretta le regate della finale tra gli sfidanti, la Louis Vuitton Cup. Davanti alla Tv fino all’alba e dopo poche ore in fabbrica a curare le vele per la fase successiva. E posso scommettere che per le finali sarà uguale. Soffriremo a migliaia di chilometri di distanza”.
Poi un ricordo di un anno fa. “Nel primo lockdown dovemmo prima chiudere e poi lavorare a ranghi e con mezzi ridotti. Nessuno si perse d’animo, conseguimmo la certificazione per fabbricare mascherine sanitarie, anche di tipo FPP2. L’importante era mantenere in moto gli ingranaggi, quelli materiali e quelli mentali”. Gli equipaggi affiatati sono sempre vittoriosi, in terra come in mare.