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di GIACOMO STIFFAN *
Era atteso. Anzi, attesissimo. Che gli americani inseguano la Bce è un caso più unico che raro, ma finalmente è arrivato il taglio dei tassi da parte della Fed. Si è trattato di un intervento più intenso del previsto, mezzo punto percentuale, arrivando a parificare i due tagli da un quarto di punto della controparte europea. Dal punto di vista della campagna elettorale si tratta di ossigeno soprattutto per Kamala Harris, che tende a soffrire l’opinione degli americani per quanto riguarda la gestione dell’economia durante il mandato Biden: nonostante i numeri dicano che l’economia statunitense continui a mostrarsi muscolare, l’inflazione ha colpito duro e ha pesantemente inficiato la percezione degli americani in questo ambito.
Molti aspettavano questo taglio. I primi a tirare un sospiro di sollievo saranno i sottoscrittori di mutui a tasso variabile e, a traino, tutto il settore dell’housing: i primi per un immediato calo dell’importo delle rate, i secondi per la maggior domanda di mutui di chi stava aspettando ad acquistare in attesa di questo a lungo atteso taglio. Non solo: chi la casa ce l’ha già e stava aspettando tassi migliori per cambiarla ora può fare il passo, immettendo nel mercato ulteriori case in vendita facendo aumentare anche l’offerta.
Al di là dei mutui, anche il settore del credito al consumo ne trarrà beneficio. Maggior convenienza nel finanziare il segmento retail significa maggiore domanda interna e uno sfogo per molte merci che ora faticano a trovare mercato. Ne trarrà beneficio in primis il settore dell’automotive, che dipende in larga parte dalla capacità dei privati di contrarre debito, e che fatica a ingranare nel periodo post pandemico.
Per le aziende l’abbassamento dei tassi significa potersi finanziare a un costo inferiore. Questo si traduce nel mettere finalmente in atto gli investimenti prima accantonati, cosa che rimette in moto il volano dell’economia. Più investimenti da parte delle aziende significa più ordini (di macchinari, di capannoni), ma anche maggiore disponibilità economica per mettere a terra i piani di espansione, il che si traduce in un aumento dell’offerta nel mercato del lavoro. Il mandato Biden si è caratterizzato per una grande attenzione al dato sulla disoccupazione, e di certo il calo dei tassi aiuta la politica del governo in questo senso.
Per quanto riguarda gli investitori, il mercato obbligazionario si raffredderà. Tuttavia, saprà premiare chi si era preparato a far fronte a questo annunciatissimo taglio: chi nell’ultimo anno ha fatto il pieno nel mercato obbligazionario – ma con un occhio di riguardo a portare a casa prodotti d’investimento con una duration adeguata – avrà probabilmente soddisfazione, avendo in pancia titoli improvvisamente più remunerativi delle nuove emissioni, cosa che si tradurrà in un aumento del loro valore di mercato. Anche chi di debito vive può finalmente tirare un sospiro di sollievo, come il governo, che può ora confidare in un minor costo del debito da rifinanziare.
Di converso, tassi più bassi raffreddano le aspettative per gli istituti di credito, che dopo un periodo di margini da interesse alle stelle vedranno i loro conti economici ridimensionarsi di pari passo con i tassi che i loro clienti si troveranno a pagare. Una contrazione che, in realtà, può potenzialmente allargarsi ai mercati. Sebbene abbiano già abbondantemente stornato in anticipo questo taglio, durante il periodo di tassi elevati dal quale stiamo uscendo hanno beneficiato in maniera consistente dal traino del settore finanziario. Che, come specificato in precedenza, probabilmente ora vedrà i propri utili contrarsi. Ne trarranno beneficio i titoli più difensivi, tuttavia anche nel più dolce dei soft landing un minimo si balla. L’abbiamo visto in agosto, con una volatilità sui mercati che ha improvvisamente fatto temere il peggio, quantomeno ai meno avvezzi.
La cosa su cui Joe Biden e Kamala Harris devono stare molto attenti però è l’inflazione. È la principale argomentazione portata avanti da Trump per sottolineare, dal suo punto di vista, la gestione fallimentare di questo mandato presidenziale. La cosa fa molta presa sull’elettorato, che ha visto il proprio potere d’acquisto contrarsi di settimana in settimana nei periodi più difficili. L’americano medio (ma il discorso è traslabile pari pari anche qui da noi) non guarda tanto ai dati economici, quanto al proprio portafoglio.
Biden, con il suo Inflation Reduction Act è riuscito a contrastare efficacemente l’inflazione, ma il ricordo rimane negli elettori. Nonostante le contromisure messe in campo dalla Casa Bianca, la leva che più di tutto è in grado di tenerla a bada è quella dei tassi, in mano proprio alla Fed, organismo slegato dall’azione di governo. Rimane da vedere l’effetto di questo taglio dei tassi sull’inflazione. Da una parte, c’è il rischio che il taglio riaccenda la scintilla inflazionistica; dall’altra, che l’economia non trovi in questo uno stimolo sufficiente a far correre di nuovo i prezzi.
Ciò che rimane sul tavolo è che molti americani avranno di che gioire per questa manovra e, di solito, a trarne beneficio è chi siede al vertice in quel momento.
(* vicedirettore di Jefferson – Lettere sull’America)