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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Il Tigullio, laboratorio demografico e sociale 

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[vc_row][vc_column][vc_column_text]Sono stati presentati in questi giorni due studi economici e sociali molto importanti. Il primo è della Banca d’Italia, ‘Genova tra crisi e (debole) ripresa: confronti 2008-2016’. Il  secondo, ‘Analisi socioeconomica del Tigullio – Golfo Paradiso. Secondo rapporto 2006-2016’, a cura della CGIL di zona. 

Il rapporto della Banca d’Italia riguarda l’intera area metropolitana genovese, quello della CGIL si concentra sulla Riviera di Levante. Entrambi analizzano le dinamiche economiche e sociali dell’ultimo decennio. Sono quindi molto interessanti i confronti e gli spunti di riflessione che emergono dai due rapporti anche se non è agevole giungere ad una semplice interpretazione di ciò che è avvenuto e sta avvenendo, così come non è immediatamente percepibile una chiara visione del futuro. Vorremmo concentrarci su un tema specifico di questi studi. 

Il dato saliente, forse l’unico che accomuna le due analisi, riguarda la demografia ed in particolare l’invecchiamento della popolazione, drammatico sia nell’area metropolitana sia soprattutto nella riviera di Levante, con un indice di vecchiaia (definito dal numero di anziani over 65 ogni 100 giovani under 15) che non ha uguali nel resto del Paese. 

Tale indice, già elevatissimo in provincia di Genova (250) raggiunge nel Tigullio un livello (284,1) che non ha eguali nel mondo. Si pensi che la media italiana, che già è una popolazione abbastanza anziana confrontata con altri paesi europei, è di 165,3. 

Ma quello dell’invecchiamento è l’unico elemento comune alle due realtà demografiche (Genova e Riviera di Levante). Se si guarda infatti al numero degli abitanti i dati divergono: Genova perde infatti, rispetto al ’91, più del 10% della sua popolazione, e rispetto al 2006 il 2,4%, mentre la popolazione del Tigullio e del Golfo Paradiso segna soltanto un -1,1% rispetto al ’91, e -0,4% rispetto al 2006. 

In altri termini la Riviera di Levante mostra una tenuta complessiva della popolazione. E ciò è stupefacente tenuto conto dell’altissimo indice di vecchiaia. Che è successo nel Tigullio? Si è scoperta una pozione magica che rende fertili e prolifici gli anziani? Purtroppo, o per  fortuna, niente di tutto questo. Piuttosto il fatto che il saldo naturale (differenza tra nati e morti) molto negativo è compensato dal saldo migratorio, cioè la differenza tra chi arriva e chi se ne va. Gli arrivi provengono dall’area genovese (sempre più genovesi vengono a vivere in Riviera in cerca di una qualità della vita migliore) e dall’estero. 

I flussi migratori di stranieri fortunatamente per ora non hanno creato problemi nel Tigullio, anzi hanno aiutato non soltanto la demografia ma anche l’economia e la società rivierasche fornendo un bell’esempio di integrazione. 

Sui 144.201 abitanti del Tigullio nel 2017,  11.654, poco più dell’8%, sono stranieri, e la metà di questi è concentrata in soli tre Comuni: Rapallo, Chiavari e Sestri Levante. 

Le principali comunità sono quelle degli albanesi, dei rumeni, degli ecuadoriani. Le prime due comunità (albanesi e rumeni) operano soprattutto nel mondo delle costruzioni e dell’edilizia. I muratori albanesi sono molto spesso  protagonisti nel recupero del patrimonio edilizio esistente e nella conservazione dei muri a secco delle nostre piane. Donne e uomini ecuadoriani aiutano, come badanti delle persone anziane, le famiglie del Tigullio sempre più alle prese con la non facile gestione di parenti anziani spesso non autosufficienti. 

Il Tigullio non è soltanto un luogo da venire a conoscere per le sue bellezze, ma anche per comprendere cosa succederà nelle società occidentali tra 10-20 anni in termini di invecchiamento della popolazione con tutto ciò che questo significa rispetto ai servizi, all’economia, alla cultura, al rapporto tra giovani ed anziani, agli orientamenti politici. 

Il Tigullio è anche luogo da studiare perché nel nostro territorio si è realizzata una delle migliori integrazioni di comunità straniere immigrate che si conoscano nel Paese. 

Tale integrazione è interessante non soltanto perché significativa dal punto di vista numerico (8% della popolazione) ma anche perché efficace dal punto di vista del ruolo e delle funzioni economiche e sociali degli immigrati che, avendo riempito buchi demografici e professionali significativi, sono stati accettati senza traumi particolari dalla popolazione residente. 

Un bel laboratorio dunque la nostra Riviera di Levante su cui riflettere e di cui essere orgogliosi. In epoca di slogan e di paure in parte giustificate e in parte pompate per motivi elettorali ragionare su una realtà come la nostra potrebbe aiutare assai. 

LE INTERVISTE DI MARISA SPINA A DOMENICO DEL FAVERO E A MARCO DE SILVA DELLA CGIL

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