Prosegue il nostro rapporto di collaborazione con la piattaforma ‘Jefferson – Lettere sull’America’, fondata e guidata dal giornalista Matteo Muzio. Il portale di ‘Jefferson’, con tutti i suoi articoli e le varie sezioni, è visitabile all’indirizzo https://www.letteretj.it, da dove ci si può anche iscrivere alla newsletter.
di MATTEO MUZIO *
Donald Trump è solito licenziare i suoi collaboratori a grande velocità. Una delle frasi che lo hanno reso famoso infatti è proprio “You’re fired” che usava in ogni puntata del talent show da lui condotto, The Apprentice. Solo che in genere, finora, si era limitato a rimuovere delle figure solitamente scelte tra le fila dei politici. In un caso però è andato oltre. Si tratta della rimozione della direttrice del Bureau of Labor Statistics (BLS), Erika McEntarfer, che ha sollevato numerose preoccupazioni riguardo alla trasparenza e all’integrità dei dati economici negli Stati Uniti. Questo evento rappresenta un inquietante segnale di autoritarismo, poiché mette in discussione l’indipendenza delle istituzioni governative e la loro capacità di operare senza interferenze politiche.
Il Bureau of Labor Statistics è responsabile della produzione di dati economici cruciali, come il rapporto mensile sull’occupazione, che influisce notevolmente sui mercati finanziari e sulle decisioni politiche. McEntarfer, nominata dall’ex presidente Joe Biden, è stata rimossa dal suo incarico dopo che un rapporto sull’occupazione ha mostrato un rallentamento delle assunzioni a luglio e una revisione al ribasso dei dati di maggio e giugno. Trump ha accusato McEntarfer di aver manipolato i dati per motivi politici, senza però fornire prove a sostegno di queste affermazioni. La stessa funzionaria al Senato era stata confermata anche dal voto di due senatori che ora fanno parte della
Questo licenziamento solleva preoccupazioni significative per diversi motivi. In primo luogo, mette in discussione l’indipendenza del BLS, un’agenzia che dovrebbe operare al di sopra delle influenze politiche per garantire l’accuratezza e l’affidabilità dei dati economici. La rimozione di McEntarfer potrebbe essere vista come un tentativo di Trump di esercitare un controllo diretto sui dati economici, manipolandoli a proprio vantaggio politico.
In secondo luogo, questo evento potrebbe avere un effetto negativo sulla fiducia del pubblico nei confronti delle istituzioni governative. Se i cittadini percepiscono che i dati economici sono manipolati per scopi politici, la fiducia nelle istituzioni democratiche potrebbe essere gravemente compromessa. Questo potrebbe portare a una maggiore polarizzazione politica e a un indebolimento della coesione sociale.
Infine, il licenziamento di McEntarfer potrebbe avere ripercussioni a lungo termine sulla qualità dei dati economici prodotti dal BLS. Se i funzionari dell’agenzia temono ritorsioni politiche, potrebbero essere meno inclini a riportare dati accurati e imparziali, compromettendo ulteriormente l’integrità delle informazioni economiche.
Questo evento mette in discussione l’indipendenza delle istituzioni governative, mina la fiducia del pubblico e potrebbe avere ripercussioni negative sulla qualità dei dati economici. Non bisogna scordare che lo stesso Trump ha espresso più volte la volontà di licenziare anzitempo anche il capo della Federal Reserve Jay Powell, la banca centrale americana, da lui nominato nel 2017 e confermato da Biden nel 2022. Il suo mandato scade nel 2026, ma il presidente vorrebbe un taglio dei tassi che se da un lato rimetterebbe in moto l’economia, dall’altro lato rischierebbe di fare esplodere l’inflazione, tornata faticosamente sotto controllo dopo anni difficili che sono costati la Presidenza ai democratici.
Anche in quel caso, si sarebbero usate false accuse, tipo quella di aver gonfiato i prezzi della ristrutturazione della sede di Washington. Un’accusa che lo stesso Powell ha sbugiardato in diretta tv, durante una visita ai cantieri fatta insieme a Trump. Peraltro il licenziamento di Powell, secondo il Wall Street Journal, sarebbe stato sventato da una paziente opera di convincimento del segretario al Tesoro Scott Bessent, ex democratico. Come ha scritto il dissidente russo Garry Kasparov, queste dinamiche di potere ricordano più l’Unione Sovietica o l’Iraq di Saddam Hussein anziché gli Stati Uniti d’America. Al cui modello lo stesso Trump ha dimostrato, nei fatti, di non credere.
(* fondatore e direttore della piattaforma ‘Jefferson – Lettere sull’America’)